Il Maligno abita solo qui? di Ernesto Galli Della LoggiaSergio Quinzio
Il Maligno abita solo qui? Il Maligno abita solo qui? Non solo il Papa ritornato a Torino per il centesimo anniversario della morte di Don Bosco, ma la Chiesa intera, in ogni luogo (qualcosa di simile l'ha scritto domenica Ernesto Galli della Loggia), sembra costretta a oscillare fra il grido profetico che denuncia veemente il male del mondo e il compromesso che diplomaticamente sfuma la denuncia. L'altro ieri era stato distribuito ai giornalisti il breve discorso che il Papa aveva improvvisato al pranzo con i vescovi piemontesi e i dirigenti salesiani. In alcune dure espressioni Torino veniva considerata una città con un particolare rapporto con il diavolo, e invitata alla conversione in nome di Don Bosco e degli altri suoi santi. Concludeva così: 'La città di Torino era per me un enigma, ma dalla storia della salvezza sappiamo che dove ci sono i santi entra anche un altro che non si presenta con il suo nome, ma sotto altri nomi. Si chiama il Principe di questo mondo, il demonio». Mezz'ora dopo la distribuzione del testo pontificio cominciavano già le precisazioni. 11 vice responsabile della sala stampa vaticana consigliava di correggere alcune frasi e di non tener conto di quella che abbiamo appena riportata. Era evidente la preoccupazione di non offendere la città che ospitava il Papa accogliendolo con folle osannanti che, a piazza Maria Ausiliatricc, poco prima, si erano esaltate a un altro grido del Pontefice: «77 vogliamo bene Torino». Si tratta, forse, del particolare bene che è cristianamente dovuto ai peccatori più incalliti. Ma a piazza Castello, nell'ultimo incontro con la folla torinese, il Papa ha parlato con molta moderazione di 'questa città che ha espresso tanti maestri di spiritualità, santi sacerdoti e religiosi, questa città culla di congregazioni religiose», ma che malgrado questo «non è esente da una certa mentalità secolaristica e da atteggiamenti consti- mistici». Dunque, una città come tutte le altre, cosa che mi sembra di gran lunga la più verosimile. Che cosa dobbiamo fare? Depurare il testo pontificio degli eccessi profetici, come ha fatto la sala stampa vaticana, oppure depurarlo dai toni cauti e smorzati che riconducono tutto alla ovvia normalità di una società ovunque largamente scristianizzata? Per quel che conosco della città, se ci sono più che altrove certe particolarità inquietanti, c'è però una Chiesa che anche recentemente ha espresso e ancora esprime la sua vitalità: l'impegno cristiano per il prossimo non è affatto finito col Cottolcngo. Cafasso, Bosco, Murialdo. Ci sono al contrario, in Italia, città e zone dove la Chiesa è quasi completamente assente dalla vita delle popolazioni. A guardar bene, il diavolo torinese, nella psicologia del Papa, sembra strettamente apparentato con il ruolo industriale d'avanguardia della città. A piazza Castello Giovanni Paolo II ha ripetuto che «le ragioni dell'economia, le esigenze della produzione non debbono mai aver il sopravvento sulla dignità del lavoratore e sulle esigenze vitali della sua famiglia, né l'organizzazione delle industrie e dei ser\-izi può portare, come accade, ad una diminuzione della solidarietà. Il mondo del lavoro attende dalla Chiesa un messaggio di verità e di fiducia sul primato dell'uomo rispetto ai ritmi e alle logiche produttive». Non sono personalmente incline a santificare l'industria, capisco le ragioni del Papa. Ma bisognerebbe che qualcuno fosse in grado di dirci, in nome della fede cristiana e cattolica, come organizzare la produzione industriale in modo da conciliare condizioni di lavoro e di vita umanamente degne, occupazione per tutti, rispetto delle leggi economiche, natura non inquinata e non saccheggiata, pace sociale. E' troppo facile esigere tutto questa esimendosi dal compito di indicare una via per conseguirlo. Se il credente, come credo, non è in condizione di indicarla, lo riconosca e impari l'umiltà, prima di infliggere dall'alto condanne morali. Si accontenti di ripetere l'annuncio che il mondo, anche senz? culti satanici e senza cinismi economici, è in tutti e in ciascuno, credenti compresi, afflitto dal peso del male e ancora bisognoso, più che di ammonizioni, di redenzione. Sergio Quinzio
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