Tutti in campo per l'acciaio di Stato

Tutti in campo per l'acciaio di Stato Il gruppo dei pretendenti continua a crescere nonostante le critiche al sistema d'asta Tutti in campo per l'acciaio di Stato Alcuni stabilimenti in vendita paiono essere interessanti per i privati - Il mercato siderurgico tira, ma la Finsider negli ultimi sei mesi ha perso 2,7 miliardi il giorno MILANO - Come Falck, anche Gianfranco Banzato, industriale dell'acciaio di Padova, scriverà alla Finsider per avere chiarimenti ulteriori sul sei stabilimenti messi all'asta, e ancora non sa se parteciperà, nonostante abbia qualche interesse per alcune lavorazioni di Porto Marghera. Certamente andrà a vedere le carte il gruppo Riva. E così molti altri, forse troppi perché, come osserva un operatore del settore, «mettere li un miliardo di fidejussione non costa niente, ma se non lo fai poi non puoi più entrare nel gioco». Ed è quindi presumibile che nemmeno Lucchini, seppure critico nei confronti delle modalità del bando, si terrà da parte. Lucchini, tra le altre cose, ha lamentato il fatto che si tratta di un'asta anomala, dal momento che non contempla né prezzo base né impegno da parte di Finsider a vendere. Altri invece considerano questo meccanismo più elastico poiché consente ai liquidatori di richiamare 1 singoli offerenti chiedendo se vogliano ritoccare la loro offerta, quando ne esista una di valore superiore. Approfittando dell'eccellente congiuntura che il mercato dell'acciaio sta attraversando, la Finsider cerca evidentemente di spuntare per queste vendite il più alto prezzo. E ne ha bisogno, se è vero che nei primi sei mesi dell'88 ha perso 2,7 miliardi il giorno, come ha dichiarato il responsabile acciaio della Uilm, Roberto Di Maulo. Quantificare che cosa possa ricavare dalle cessioni è però quasi impossibile: ogni Impianto, ai costi attuali, vale qualche decina di miliardi, ma non è nemmeno sicuro che il gruppo pubblico riesca fra tutti a portarne a casa cento. Si tratta infatti di unità in rosso e cariche di debiti, con organici eccessivi e una produttività che, in alcuni casi, è meno della metà di quella delle imprese bresciane. Partecipare alla gara è comunque un modo indiretto per acquisire elementi. Il gruppo Falck, ad esempio, più che interessato ai sei stabilimenti in vendita, guarda avanti alla Cogne, che in questa prima tornata di liquidazione non è compresa. Eppure metterà il miliardo e si inserirà nella gara, non fosse altro che per vedere un po' come si muove questa commissione di liquidatori guidata da Pellegrino Cepaldo. E come lei molti altri. L'industria dell'acciaio è una lobby tutto sommato assai ristretta, e una parte fondamentale delia sua attività consiste nel tener d'occhio i concorrenti. Un altro boccone che molti privati aspettano è Piombino, che però non verrà buono prima di un anno. Entro il 1988, infatti, la Finsider deve chiudere la produzione di Torino e quella di Sesto, l'impegno è già stato preso con la Cee. Per Cogne e Piombino se ne riparlerà, e la tesi oggi più accreditata è che in queste due aree produttive il gruppo pubblico intenda restare presente come azionista di minoranza. Se Piombino verrà messa sul mercato, la soluzione potrebbe passare attraverso un gruppo di privati (la cosiddetta élite) come Lucchini, Leali, Riva, Falck. Tornando ai sei stabilmenti sui quali nelle prossime settimane si accenderà la rissa, per uno, Trieste, il pretendente sicuro ha già un nome. Alla sua produzione di ghisa è da tempo interessato (e anzi aveva quasi concluso la trattativa) Andrea Pittini. Anche la Falck aveva tentato di inserirsi nell'acquisto di Trieste insieme ad un socio non siderurgico, ma quest'ultimo si era poi tirato indietro e l'ipotesi era caduta. I profilati di Valdamo dovrebbero essere terreno di conquista dei bresciani: lo stabilimento è nuovissimo, ma naturalmente perde ed è sovraffolato di manodopera. Sempre ai bresciani ed al torinese Gianluigi Regis dovrebbe interessare la Sisma, azienda di Villadossola che produce acciai lunghi e bulloneria e che, contrariamente alle altre cinque unità, viene ceduta come società, in quanto direttamente controllata dall'Ili. Valdarno e Sisma hanno quasi il 10% della produzione nazionale di laminati mercantili. Abbastanza piccola è Scafari, 61 dipendenti che fanno filo per saldatura, più impegnative Torre Annunziata (410 dipendenti) e Marghera (630 dipendenti). La prima rientra nell'ambito d'attività delle industrie dell'acciaio di Lecco (derivatisti), ma la seconda potrebbe far gola a più di un gruppo di produttori: non solo i bresciani per i profilati, ma i carpentieri veneti per le travi saldate e perfino industrie non dell'acciaio per via del suo porto (ad esempio a cementieri dell'entroterra). Questo complesso, per il quale potrebbe essere trovata una soluzione a più voci, sarà probabilmente quello con la più lunga fila di pretendenti. V. s. Luigi Lucchini con il vicepresidente del Consiglio dei ministri Gianni De Michelis