Il pei di Enzo Bettiza

Il pci Il pci ma fase rivoluzionaria lui aveva ripudiati. Tasca, Silonc, Bucharin, Trockij, dovevano restare affogati in eterno nel ripudio e nell'ostracismo. L'idea della riabilitazione non rientrava nel suo schema mentale. La verità, per lui, al contrario che per Gramsci, non sempre era rivoluzionaria. Quello che ora, nel ritomo di fiamma e di rimorso per Bucharin da parte del pei, stupisce di più sono il vuoto di memoria c la presunzione d'innocenza sui quali si staglia l'orchestrata operazione di recupero delle dottrine «moderate» della grande vittima del processo staliniano del 1938. Nella Russia di Gorbaciov, la beatificazione postuma di Bu charin non è altro che la conseguenza logica della dannazione postuma di Stalin. Nel partito di Occhetto, invece, la riabilitazione di Bucharin non è la conseguenza della condanna di Togliatti: è una riabi litazione astratta, importata da lontano, una fotocopia conformistica della destalinizza zione russa, galleggiante sopra il buco mnemonico e la pre sunta innocenza del comunismo italiano. Frattanto Tasca e Silpne, che con qualche forzatura potremmo definire i Bucharin italiani, aspettano sempre, come ha osservato su questo giornale Spadolini, che giustizia sia fatta sino in tondo sul loro caso. Tale profonda discrepanza tra l'accettazione delle riabilitazioni sovietiche e la pervicace renitenza alle riabilitazioni in proprio, finisce col gettare, su tutte le mosse neoliberali del pei, la luce obliqua della manovra calcolata e strumentale. Alla rediviva Anna Larina, la vedova di Bucharin emersa come uno spettro dalla notte nella scia del film di Lizzani, e portata a giro nei Festival de l'Unità a ringraziare il pei per tutto ciò che il pei avrebbe fatto per salvare il ricordo e l'onore del marito assassinato, è stato mai spiegato che Togliatti aveva a suo tempo osannato a quell'assassinio? Le è stato mai detto che sono state le disprezzate socialdemocrazie e sinistre democratiche europee a impegnarsi più a fondo per la riabilitazione del 'beniamino di Leni/i»? Le è stato mai ricordato che il comunicato che il comitato centrale del pei emanò il 1° marzo 1938, quattro giorni prima de! processo contro Bucharin, bollava i buchariniani come 'agenti del fascismo» e finiva con un saluto encomiastico a Ezov, il capo della polizia stalinista del tempo, personag gio degno della malfamata Opricnina di Ivan il Terribile dal cui nome fu coniato il ter mine Ezovcina per definire l'epoca del grande orrore nella seconda metà degli Anni Trenta? Sostenere comunque oggi, in astratto, che Bucharin era il bolscevico buono e Stalin il bolscevico cattivo, non ha molto senso critico. Se il male stava nel manico, più che nel pugno degli uomini, può darsi che Stalin non fosse del tutto nero e Bucharin non del tutto immacolato. Ma una simile analisi di sterro sembra ancora prematura per un pei che, congelando in un limbo senza tempo e senza memoria il proprio piccolo Stalin, preferisce oggi restaurare la storia del bolscevismo mediante la sostituzione di un santino con l'altro. Non e soltanto Bucharin che ancora aspetta una vera disamina e una più completa e più obiettiva giustizia storica. L'aspetta quella semplice verità che Togliatti e la vecchia guardia togliattiana tanto disprezzavano come «fisima piccoloborghese». Enzo Bettiza

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