Un Eden raffinato in mezzo ai campi ricordo della ricchezza di Venezia di Carlo Grande

Un Eden raffinato in mezzo ai campi ricordo della ricchezza di Venezia Visita ad alcune preziose dimore in provincia di Treviso e Pordenone Un Eden raffinato in mezzo ai campi ricordo della ricchezza di Venezia HANNO 11 fascino triste e solenne delle regge abbandonate, e nel silenzio della campagna sembrano scheletri di giganteschi animali preistorici. Le ville venete, sparse tra i campi di granoturco e lungo le anse dei fiumi, si contano a centinaia. Sono il simbolo di una civiltà perduta, del fasto e della ricchezza di Venezia venuti a morire sulla terraferma. Quelle sul Brenta sono le più note, ma anche nelle province di Treviso e di Pordenone ce ne sono moltissime da scoprire. In una campagna verdissima ed esuberante di mais e di vigne, di borghi piatti sui quali svettano come squilli i campanili alti e sottili, non si esce dall'ombra lunga del Leone di San Marco. Agli inizi del '500, dopo la sconfìtta subita ad Agnadello contro la lega di Cambrai, i patrizi della Serenissima smisero di tenere la testa tra le vele e scesero a terra, come i marinai di una grande nave ormai ancorata in porto. Disseminarono nella pianura, dalle colline veronesi e dalle rive del Garda alla pianura friulana, le immense ricchezze accumulate nei traffici con l'Oriente, gli stessi marmi e stoffe preziose che si specchiavano nel Canal Grande. Per tre secoli, spinti dall'emulazione e attratti dall'investimento fondiario, continuarono a costruire le loro ricche dimore e per decorarle chiamarono gli artisti più prestigiosi. La villa, infatti, era anche uno «status symbol», un'investimento sul piano dell'immagine. Ad Altivole, nei pressi di Asolo, sorge tra i campi ciò che rimane del favoloso Bar- co della Regina Cornaro. Dello splendido «parco-paradiso» restano una chiesetta, una costruzione lunga un centinaio di metri (con loggiate e, in parte ancora visibili, gli splendidi affreschi di un tempo), ed una storia. E' quella di Caterina Cornaro, patrizia veneziana che nel 1454, a soli 14 anni, sposò Giacomo II di Lusignano, e divenne regina di Cipro, di Armenia e Gerusalemme. I veneziani, in seguito, la constrinsero ad abdicare e a ritirarsi nell'esilio dorato di Asolo, dove condusse vita di corte con personaggi come il Bembo, suo parente, Ruzante e Giorgione. Anche il Barco, la sua dimora estiva, divenne uno dei centri più significativi del primo Rinascimento. Era formato da tre cortine di mura, che racchiudevano un enorme parco di caccia, giardini e corsi d'acqua. Quando, nel 1509, gli imperiali della lega di Cambrai «arsono el barco», Caterina Cornaro era già fuggita a Venezia. Ma dalla rocca di Asolo, il «vago e piacevole castello» dove Pietro Bembo ambientò Gli Asolarli, avrebbe potuto vedere la pianura sottostante percorsa dalla soldataglia. All'orizzonte del Barco, infatti, sfilano ritmicamente i poggi di Asolo. Se il cielo è terso la vista arriva fino al Monte Grappa. Ai suoi piedi, paesi come Romano d'Ezzelino e San Zenone degli Ezzehni riportano fino al 1200 il ricordo delle tragiche lotte con la stirpe germanica, quando Ezzelino III da Romano, protetto dall'imperatore Federico n, tentò di costruire un grande regno nell'Italia settentrionale. La leggenda lo chiama «Tizzon d'inferno», «n Crudele», «Diavol Nero». Ad Asolo, cittadina garbata ed elegante che da un ver¬ dissimo colle domina la pianura, sopravvive il ricordo di un'altra donna famosa: Eleonora Duse. La «divina» amò a tal punto le vie strette, i giardini e l'atmosfera serena di Asolo, da voler essere sepolta nel cimitero cittadino di Sant'Anna. Dopo una visita in via Canova, dove soggiornò, al museo Civico (ricordi di Caterina Comaro, Duse e D'Annunzio), alla Loggia del Capitano ed al Castello della Regina, si può sostare, per un aperitivo «Eleonora», al Caffè Centrale, in via Roma, vicino alla bella piazza Maggiore. A Cà Foresto, in via Pagnano, si pranza a lume di candela, mentre l'antica osteria Agnoletto, in via Browning, è un frammento intatto del borgo di fine Settecento. Seguendo i colli asolani si percorre la strada in direzione di Maser. Dopo la seicentesca villa Rinaldi, a Casella (è privata, ma dall'esterno si possono ammirare il parco e la bella chiesetta, sulla strada), si raggiunge, a Maser, uno dei capolavori del Palladio. E' villa Barbaro, costruita verso la metà del '500 per Daniele Barbaro, patriarca di Aquileia, e per il fratello Marc'Antonio. Le logge, il giardino, le fontane, il vicino tempio (anche del Palladio), il magnifico viale di tigli oltre la strada, che un tempo era la scenografica via d'accesso alla villa, sono un inno all'armonia. Nell'insieme sopravvive lo spirito più schietto del Rinascimento, Io stesso che ispirò, proprio in una villa della Marca Trevigiana, il «Galateo» a Monsignor Della Casa. All'interno della villa (aperta, in estate, il martedì, sabato e domenica e nei giorni festivi, dalle 15 alle 18), si possono ammirare gli splendidi affreschi di Paolo Veronese, del quale ricorre quest'anno il quarto centenario della morte. A Treviso, la «bella contrada» del Petrarca, ci si immerge nei vicoli e nelle viuzze, tra le case bagnate da mille canali, per riscoprire i piaceri della «Marca Gioiosa». E' una città d'acque e di fontane (Dante la ricorda come il sito in cui si incontrano due fiumi: «Là dove Sile e Cagnan s'accompagna»), ma anche di vini famosi. Uscendo dalla città, in direzione di Venezia, si percorra il Terraglio, il superbo viale alberato di antichi platani che un tempo i nubili veneziani, abbandonate le gondole a Mestre, percorrevano per raggiugere i luoghi di villeggiatura del Trevigiano. Da Treviso, lungo la statale cne va a Pordenone, si arriva a Portobuffolè. Era l'ultimo baluardo, lungo l'antica Postumia, prima del Friuli, la «marca orientale» un tempo selvaggia e silenziosa. E' un Comune piccolo e incantevole, l'antico e ancora intatto porto medioevale sul Livenza, dove le bufale arrancavano risalendo il corso del fiume, trainando chiatte e barconi carichi di merci. Qui visse e mori (se ne può visitare la casa) Gaia da Camino, una dama citata da Dante nel canto XVI del Purgatorio. Nei pressi c'è villa Giustiniani, del '600 (privata), una grande dimora di campagna che disponeva, al fondo del giardino, di un attracco per le imbarcazioni che arrivavano dalle lagune venete. Siamo ora in provincia di Pordenone. A Pasiano il municipio è ospitato nella seicentesca villa Saccomani, a Visinale si incontra villa Gozzi, dove soggiornò lo scrittore veneziano Gaspare Gozzi. A Brugnera, in una tenuta di 18 ettari, sorge villa Varda, dimora di origine quattrocentesca, n grande parco è interamente abbracciato da un'ansa del Livenza. Qualche chilometro più a Nord, a Sacile, le acque dominano ancora il paesaggio. Il centro storico del paese sorge su due isole naturali formate dal Livenza, e offre squarci di grande bellezza. E' animato da sei ponti deliziosi, che scavalcano i meandri del fiume, e l'aria salottiera che si respira è degna di quello che un tempo era soprannominato «il giardino della Serenissima». Ci si può godere la bella estate nelle locande e nelle osterie, o in piazza del Municipio, ai tavoli della Gelateria-Caffè Commercio. Ancora a Nord, per pochi chilometri, sedotti dal fascino dei luoghi d'acqua. Nei pressi di Poleenigo, ad un paio di chilometri l'uno dall'altro, emergono il Livenza e il Gorgazzo. Le acque, dopo chissà quanti chilometri sottoterra, riappaiono luccicanti in piena campagna, formando polle freddissime, verdi e trasparenti. E' il fenomeno, stupefacente, delle sorgenti carsiche. Carlo Grande