Necropoli preistoriche sotto le ruspe: quale strategia

Necropoli preistoriche sotto le ruspe: quale strategia Una volta i tombaroli scavavano con rispetto, ora buttano all'aria tutti i siti archeologici alla ricerca delie monete antiche Necropoli preistoriche sotto le ruspe: quale strategia TUTTI sappiamo dei danni provocati dagli scavi clandestini e dal commercio illegale di opere d'arte antiche. La vicenda dell'Afrodite rubata a Morgantina, in Sicilia, e finita al Paul Getty Museum ci è servita da ripasso. Riassumiamo la situazione. Fino a qualche anno fa, 1 tombaroli scavavano: in tal modo molti pezzi archeologici erano «salvi»; anche se perdevano la maggior parte del loro interesse scientifico una volta tolti dal loro contesto, e anche se andavano dispersi in collezioni private all'estero. Ora invece i tombaroli usano le ruspe, buttando all'aria e le necropoli e le città alla ricerca delle sole monete antiche, che poi individuano con il metal detector. E ciò perché trasportare monete non è pericoloso e il loro mercato è praticamente libero. Così facendo, insieme con le tombe di epoca classica, distruggono spesso anche le sottostanti sepolture preistoriche (che, tra l'altro, non contengono monete). Ne abbiamo visto i risultati con i nostri occhi, e di frequente, in Sicilia: da Monte Catalfa- ro (Mineo) a Castel del Bolo (Bronte). Ma non minori sono i danni causati in varie zone dell'Italia centrale e meridionale — per l'arretratezza delle leggi e delle istituzioni — dagli scavi agricoli ed edilizi. Soprattutto nel settore, così Interessante, ricco e trascurato, della presistoria (abbiamo visto trasformati in agrumeto i più estesi, interessanti e bei villaggi neolitici). A mali estremi, estremi rimedi... Premettiamo però che, togliendo questo «lavoro» ai tombaroli, bisogna fornirgliene un altro se non si vuole che siano costretti a compiere altri tipi di reato. In Sicilia (la regione che più conosco da questo punto di vista) interi paesi vivono sfruttando le tombe classiche, con il tacito accordo di varie autorità locali; accordo «giustificabile», finché non nascono alternative di lavoro. Abbiamo sentito dire di capo-tombaroli che ogni mese prendevano l'aereo, carichi, per l'estero, magari per il British Museum di Londra. La cosa non deve stupire: a Copenaghen, per fare un esempio, la sezione più ricca del Museo è quella etnisca; se osserviamo le date, i vasi risultano tutti «acquisiti» negli Anni '60 e '70. Altri Paesi vivono con il falso: 1 musei stranieri sono pieni di falsi, n tam-tam dei tombaroli, che giunge presto alle orecchie di tutti — ma chi può esserne certo? — da anni va ripetendo, dalla Toscana alla Sicilia, che perfino il famoso vaso di Eufronio pagato circa un milione di dollari dal Metropolitan Museum di New York è soltanto la riproduzione di un vero vaso di Eufronio, effettivamente scoperto e subito finito in una cassetta di sicurezza. Sembra che due degli intermediari abbiano pagato l'imbroglio con la vita. Vediamo alcune possibili soluzioni. Per tagliare le gambe al mercato nero il primo intervento sarebbe autorizzre (come negli Usa) le sovrintendenze a vendere il materiale sovrabbondante che ingrombra i sotterranei dei nostri musei (spesso non catalogato, con il rischio che qualsiasi custode possa appropriarsene). Tutti i loschi agenti dei musei stranieri che girano l'Italia facendo incetta di materiale archeologico (che spediscono poi a casa vari trucchi, ad esempio mettendoli dentro uova di Pasqua) perderebbero almeno parte del loro mestiere. E le nostre sovrintendenze, con il ricavato, potrebbero finalmente erigere nuovi musei, pagare personale per tenerli aperti giorno e sera, tutelare i nuovi scavi. Oggi, tanto per citare un caso, la Sovrintendenza dì Agrigento deve controllare anche la provincia di Enna, che si estende fino a due passi da Catania, e oltre. Gli amanti dei sacri principi — ma molto meno amanti della realtà effettuale—si ribelleranno all'idea che qualche oggetto venga alienato (mentre contemporaneamente migliaia di testimonianze vengono triturate dalle ruspe o, per un valore di miliardi al giorno, escono dall'Italia). E' vero che ogni frammento può essere importante, ma anzitutto esso cambiando padrone — soprattutto se finisce in un museo straniero — non va perduto, ma forse valorizzato. Chi avesse ancora dei dubbi, vada a vedere la sommità di una collina ai bordi della piana di Catania: Piano Casazze. C'era una città greca, con necropoli, per una estensione totale da capogiro, quasi un chilometro quadrato. Ora si vede una zona di pochi ettari tutta a buchi: pare di essere in Vietnam. E' conseguenza del periodo In cui i tombaroli scavavano le necropoli, n resto è stato tutto spianato con le ruspe (necropoli, città, muri, colonne) a perdita d'occhio. Di questa enorme città greca la scienza ufficiale probabilmente non ha saputo né saprà mai più nulla. Ci si può gingillare con le belle parole mentre continuamente succedono queste cose, e i villaggi preistorici si trasformano in polvere arata e terrazzata? Quando si sente parlare di sarcofaghi greci tagliati a fette per poter essere trasportati clandestinamente ai mercati di Basilea e Zurigo, chi ha veramente a cuore l'opera d'arte preferirebbe che si intensificasse, sì, 11 controllo contro gli scavi illegali, ma che il mercato fosse, per assurdo, libero: almeno il sarcofago ora sarebbe intero, sia pure in una collezione privata o perfino all'estero. Bisognerebbe poi applicare le leggi esistenti. Se lo Stato pagasse davvero ai rinvenitori un quarto del valore degli oggetti ritrovati, molti «pezzi» non finirebbero più all'estero. Quando corrono voci sul ritrovamento di un «tesoretto» di monete antiche, invariabilmente riportano che esso è finito nelle mani di un ricettatore (cioè di un inviato di qualche banca svizzera, o giù di lì) ; e i ricettatori non pagano certo più di un quarto del vero valore. Non avrebbe allora potuto prendersele lo Stato, quelle monete? L'ultima soluzione, non meno importante, e pure a costo zero, consisterebbe nel rendere finalmente libera la ricerca scientifica preistorica e archeologica. Gli Istituti universitari competenti (e assimilati) dovrebbero poter intervenire ovunque liberamente, senza pastoie burocratiche e senza dover attendere assurdi permessi dalle Sovrintendenze e dal Ministero. Visto che le Soprintendenze non possono che svolgere una limitata attività scientifica, bisogna facilitare l'intervento di tutti i veri competenti in uno spirito nuovo: lo spirito, per intenderci, che animò la Fondazione Lerici, sempre in corsa con i tombaroli per arrivare prima. Per finire, bisognerebbe chiedere anche la collaborazione attenta di tutti i semplici cittadini. La legislazione vigente risale invece (se non erro) al 1928, e permette al cittadino che incontri un coccio di calpestarlo e frantumarlo, ma non di raccoglierlo e portarlo alla Sovrintendenza. La legge fu concepita, tra l'altro, avendo in mente i rari ritrovamenti singoli e grandiosi; ed è del tutto inadeguata ora che, in vaste parti della Penisola, si cammina letteralmente su selci scheggiate, cocci preistorici, frammenti di vasi E cosa fare perché gli oggetti posseduti dai singoli privati divengano noti alla scienza? Quando si verifica, sempre per restare in Sicilia, che praticamente non c'è famiglia che non abbia in casa un oggetto greco o un manufatto preistorico, viene l'idea di un condono, come per le tasse. Una montagna di reperti verrebbe così a trovarsi a disposizione degli studiosi. Successivamente, si dovrebbero però inasprire controlli e pene per il possesso abusivo di oggetti preistorici o archeologici. Erasmo Recami L'Afrodite rubata in Sicilia e finita al Paul Getty Museum

Persone citate: Erasmo Recami, Paul Getty