La prima volta merita una festa

La prima volta merita una festa Rituali di travestimento in Nuova Guinea per celebrare le imprese dei giovinetti La prima volta merita una festa LE ■ cerimonie naven vengono compiute per celebrare le azioni e le imprese del lana, il figlio della sorella. Ogni volta che un laua—ragazzo, ragazza, uomo o donna — compie uno degli atti che la cultura riconosce come propri, e in particolare quando lo compie per la prima volta nella vita, il fatto può essere celebrato dal suo wau: le occasioni sono numerosissime e molto frequenti. Nella pratica le grandi cerimonie naven non si svolgono così spesso come l'elenco farebbe pensare, probabilmente a causa delle spese che comportano. Quasi sempre quando viene a conoscenza dell'impresa del laua il wau si limita ad esclamare «Lan men tot», a gettargli addosso un po' di calce e ad accoglierlo cerimonialmente con una serie di nomi di antenati del clan del wau. Oltre a questi esempi in cui il rito si riduce a semplici gesti ed esclamazioni, vi sono molti naven celebrati in forma ridotta. Non posso però giudicare quanto siano frequenti, dal momento che probabilmente non sempre ho saputo quando se ne svolgeva uno nel mio villaggio. Ho assistito soltanto a cinque naven in cui veniva eseguita una parte del rituale. Uno si svolgeva a Mindimbit per un gruppo di bambini che erano andati a lavorare il sago nelle paludi. I maschi avevano abbattuto la palma e pestato il midollo; le bambine avevano lavato la polpa estratta per ottenere il sago. Altri due naven si svolge- vano nel villaggio di Kankanamun, uno per un ragazzo che aveva costruito una canoa, l'altro per un giovane che aveva ucciso un maiale e dato una festa. Ad entrambe le cerimonie avevano partecipato soltanto le donne (madri, sorelle del padre e mogli dei fratelli più anziani) e apparentemente i wau non ne erano al corrente. Ad un altro naven per una grande canoa nuova, a cui parteciparono soltanto due wau mentre le donne lo ignorarono, ho assistito a Palimbai. Infine a Malinggai ho visto un wau slanciarsi nel mezzo di una danza tshugukepma e strofinare le natiche sulla gamba di un laua maschio che impersonava uno degli antenati del clan del wau. E tratto che caratterizza le cerimonie naven è che gli uomini si vestono da donne e le donne da uomini, n wau classificatorio indossa le vesti più sporche che una miserabile vedova può indossare. Durante il rito, ci si rivolge a lui col termine nyame («madre»).Nelnaven del giovane di Palimbai che aveva costruito la sua prima canoa due wau si erano messi gonnellini sporchissimi, vecchi e malconci, cioè del tipo che soltanto le vedove più brutte e decrepite possono indossare e come le vedove si erano imbrattati di ceneri. Era una tenuta assai ingegnosa, tutta intesa a creare un effetto di totale decrepitezza: portavano sulla testa vecchie cappe stracciate, praticamente disfatte e in pezzi per gli anni e l'usura; intomo alla vita avevano un laccio, come le donne incinte, e al posto dei piccoli triangoli di madreperla che le donne si fissano al naso nelle occasioni di festa ave- vano grandi pezzi triangolari di vecchie focacce di sago. Con questo raccappricciante costume e volti assolutamente gravi (gravità che fu notata con particolare consenso dai presenti) le due «madri» andavano claudicanti per il villaggio usando come bastone una pagaia col manico corto di quelle usate dalle donne. Ma per la grande decrepitezza nonostante il sostegno camminavano a fatica. I bambini del villaggio accoglievano i personaggi con scoppi di risa e si affollavano intorno alle due «madri», seguendole dappertutto e cacciando nuovi strilli ogni volta che, per la debolezza, quelle inciampavano e cadevano e nel cadere esibivano la loro «femminilità» assumendo per terra, a gambe spalancate, atteggiamenti grotteschi. Le «madri» andavano cosi girando per il villaggio alla ricerca del loro «bambino» (il laua) e ogni tanto, con voci acute e fesse, chiedevano ai presenti dove fosse andato: «Abbiamo da dargli un pollo». In realtà il laua nel frattempo aveva lasciato il villaggio o si era nascosto, perché, sapendo che i suoi wau si sarebbero coperti di vergogna, voleva evitare di assistere al degradante spettacolo. Se il wau fosse riuscito a trovare il ragazzo, si sarebbe ancor più umiliato strofinandogli la fessura delle natiche lungo tutta la gamba, in una sorta di saluto sessuale che spinge il laua a procurarsi in fretta gli oggetti di valore da presentargli per «metterselo a posto», n laua dovrebbe, almeno in teoria, trovare tanti oggetti preziosi quante sono le volte che il wau ripete il gesto, e cioè una conchiglia per ogni strofinamento. Ma nel naven che stavo descrivendo 1 due wau non riuscirono a trovare il laua e dovettero accontentarsi di vagare cercandolo per il villaggio. Infine arrivarono alla grande canoa che egli aveva costruito (ed era questa l'impresa che stavano celebrando) e vi crollarono dentro rimanendovi per qualche istante apparentemente privi di forze ed esausti con le gambe spalancate nell'atteggiamento che i bambini trovavano tanto buffo. Poi pian piano si ripresero, afferrarono le pagaie e stando seduti sulla prua e sulla poppa della canoa (le donne pagaiano sedute, gli uomini in piedi), lentamente fecero un breve giro sul lago e infine sbarcarono zoppicando. La rappresentazione era finita; se ne andarono, si lavarono e ripresero l'abbigliamento usuale, n pollo venne consegnato al laua, il quale fu obbligato a restituire al suo wau qualche tempo dopo un dono in conchiglie. Le conchiglie vengono offerte al wau legate ad una lancia. Contraccambi di questo tipo vengono in genere dati cerimonialmente in occasione di altre danze. Al naven di Mindimbit celebrato per i bambini che avevano lavorato per la prima volta il sago partecipavano soltanto parenti di sesso femminile, che erano qui sorelle, sorelle del padre, mogli del fratello maggiore, madri e mogli del fratello della madre. Esse indossavano un costume vistosamente diverso da quello dei wau prima descritti. Mentre il wau indossa i vestiti femminili più sporchi, la maggior parte delle donne, quando indossano vestiti maschili, scelgono i più sgargianti. Le sorelle, le sorelle del padre e le mogli del fratello maggiore si vestirono dunque da uomini, prendendo ai mariti, ai fratelli o ai padri, i copricapi di piume più preziose e gli ornamenti che spettano a chi ha ucciso. Avevano il viso tinto di bianco con lo zolfo, privilegio degli omicidi, e portavano in mano le scatole da calce decorate, usate dagli uomini, e le palette seghettate con le nappine pendenti il cui numero indica ì nemici uccisi dal proprietario. Il costume donava molto alle donne e destava l'ammirazione degli uomini, cosicché esse erano fiere di in¬ dossarlo e andavano in giro ostentando le piume e sfregando le palette da calce nelle scatole così da produrre l'energico suono di cui gli uomini si servono per esprimere ira, fierezza, affermazione di sé. Il piacere che dava loro riprodurre questo particolare elemento del comportamento maschile era tale che il giorno dopo la cerimonia il marito di una delle donne incontrandomi si lamentò con me che sua moglie aveva talmente consumato tutti i denti della sua paletta da calce che non se ne sarebbe più potuto tirare fuori nessun suono. Le madri e le mogli del fratello della madre indossavano un costume diverso. La madre si era tolta la gonna ma non si era messa ornamenti maschili, mentre le mogli del fratelli della madre avevano indossato sudici abiti da vedova come quelli del wau che abbiamo visto. La canoa dei bambini tornò dalle paludi del sago nella tarda mattinata e non appena fu scorta dalle rive del fiume la notizia si sparse nel villaggio che sta dietro al fiume, su un piccolo lago. Le donne si riunirono sulle sponde del lago e quando la canoa entrò si buttarono a nuoto nell'acqua per salutare e schizzare i bambini, come si fa quando una canoa. torna da una fortunata bat- ' tuta di caccia alle teste. Una volta che i bambini furono scesi a terra il villaggio sembrò per un momento impazzito: le sorelle dei padri e le mogli dei fratelli maggiori si urtavano alla ricerca rispettivamente dei figli dei fratelli e dei fratelli minori del marito per picchiarli. I giovani che aspettavano di essere picchiati facevano di tutto per evitare la cerimonia nascondendosi nelle case cerimoniali, ma in questa occasione le donne, forse perché sono vestite da uomini, godono di una particolare concessione e quindi si precipitavano col bastone in mano nello spazio normalmente proibito e li colpivano energicamente varie volte. Se quelli riuscivano a scappare, 11 rincorrevano e li picchiavano correndo. A Kankanamun, in una occasione simile, le donne che celebravano il naven per un giovane che aveva ucciso; un maiale e stava dando una festa, esitarono a entrare nella casa cerimoniale in cui si stava svolgendo una discussione; allora gli uomini fecero una pausa e tutto il gruppo delle donne entrò danzando in fila nella casa cerimoniale. Una volta dentro, la fila si ruppe e ogni donna si mise a picchiare i suoi rispettivi parenti. Gregory Bateson Gregory Bateson è figura difficile da inquadrare, cruciale com'è stato per lo sviluppo dell'antropologia, psichiatria, etologia, intelligenza artificiale, teoria delle comunicazioni «Naven, un rituale di travestimento in Nuova Guinea» era la sua tesi di dottorato. Pubblicata in Inghilterra nel '36, venne accolta nella stretta cer¬ chia degli antropologi con un silenzio imbarazzato o con recensioni negative. Questa opposizione segnò la condanna non solo del libro, ma di tutto il pensiero antropologico di Bateson. Il libro arriva solo ora in Italia, dopo più di cinquant'anni di ostracismo, nella collana Microstorie di Einaudi (pagg. 320, L. 38.000). Dalla costruzione di una canoa all'uccisione di un maiale, cento occasioni di riti «naven» Un ragazzo ha fatto una nuova canoa e le sue «madri», le sorelle del padre e le mogli dei fratelli maggiori celebrano l'impresa con un «naven». Questa volta la cerimonia è piccola e il travestitismo di fortuna: alcune donne pagaiano in piedi al modo maschile, altre si sono limitate a levarsi la gonna

Persone citate: Bateson, Einaudi, Gregory Bateson

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Kankanamun, Nuova Guinea