Coleman e Gillespie consolano i negozi di dischi

Coleman e Gillespie consolano i negozi di dischi Aria di crisi nonostante il successo dell'estate jazz Coleman e Gillespie consolano i negozi di dischi PRIMA di abbassare le saracinesche per le ferie, i negozianti di dischi più attenti alle vicende del jazz si lasciano andare a qualche confidenza Quasi tutti hanno la faccia scura. Non è stata una buona stagione, dicono. Le novità si sono contate sulle due mani, e dal totale vanno sottratti i musicisti in carta patinata (sul modello di Wynton Marsalis, per intenderci) che cominciano a declinare anche sul piano commerciale. Si mantiene abbastanza vivace il settore delle riedizioni, ma non si può continuare a battere questa strada, che oltretutto finirà con l'esaurirsi. Eppure, se sì guarda più a fondo, qualcosa vien fuori. A parere di molti, c'è già un album di grande valore che pone la propria candidatura come miglior disco del 1988, ed è Virgin beauty di Omette Cgleman, pubblicato (sembra con qualche riluttanza) dalla Cbs. L'ex alfiere del jazz informale, in tal caso, farebbe centro per il secondo anno consecutivo, questa volta con cinque brani del suo complesso *giovane», il Prime Time. Perfino gli avversari del famoso gruppo con le partì raddoppiate — e con evidenti influenze del rock, seppure filtrate attraverso la personalità di Coleman — sono disposti ad ammettere che il disco è pregevole. La scomparsa di Gii Evans ha accelerato la pubblicazione delle sue ultime registrazioni, che in genere hanno avuto una buona accoglienza. A Collaboration con Helen Merrill, curato dalla Emarcy, si sono aggiunti Paris blues della Orni in duo con Steve Lacy e Farewell della Electric Blrd che continua la serie delle incisioni realizzate dal vivo allo Sweet Basii Club dì New York. Adesso ci si può attendere una valanga di riedizioni e di inediti. Anita, la vedova di Gii, ha dichiarato che ne esistono molti e che sarà la stessa orchestra, trasformata allo scopo in una sorta di fondazione, a curarne la pubblicazione. Intanto sta ottenendo un grande successo la ristampa in un unico compact disc, con l'aggiunta di tre brani mai apparsi in precedenza, dei due vecchi long playing della Verve intitolati The individualism of Gii Evans, probabilmente i migliori della lunga carriera del compositore-direttore. I festival estivi del jazz sono riusciti ad esercitarè, all'ultimo momento, qualche influenza positi¬ va sul mercato. Il merito principale, chi l'avrebbe detto, è di Dizzy Gillespie e della sua big band che ha mietuto ovunque consensi e applausi clamorosi. Il vecchio maestro sembra aver capito che una robusta formazione di diciotto elementi, con solisti di rispetto quali Jon Faddisfra le trombe, Sam Rivers fra i sassofoni, James Williams al pianoforte, Ed Cherry alla chitarra, Ignacio Berroa alla batteria gli permette d'impegnarsi assai meno come solista. Riguardo ai programmi e agli arrangiamenti, Gillespie ha saggiamente puntato sui suoi cavalli di battaglia (ad esempio Emanon e Things to come; appena ritoccati qua e là. Proprio questo è il motivo della rinnovata richiesta del doppio long playing della Prestige, Dizzy Gillespie in the beginning, che contiene le versioni originali di quegli arrangiamenti, oltre a numerosi brani storici per piccolo complesso. I rivenditori più tempestivi, prima di chiudere, sono riusciti a provveder¬ si della colonna sonora del film Bird di Clint Eastwood, parzialmente stampata in un album omonimo della Cbs. La storia di Charlie Parker secondo Eastwood comparirà sugli schermì italiani tra settembre e ottobre, dopo essere stata presentata in anteprima alla stampa specializzata — con esito tutto sommato favorevole — durante la giornata di chiusura di Umbria Jazz. Ma la parte musicale è destinata a suscitare polemiche assai animate. Il curatore Lennie Niehaus, infatti, non si è fatto scrupolo di adottare procedimenti tecnici quasi miracolosi, che per molti, tuttavia, risulteranno dissacranti. Gli assoli di Parker, registrati con microfoni monoaurali e sovente con mezzi di fortuna, sono stati isolati dal contesto degli altri strumenti e liberati da ogni disturbo e impurità, per cui riescono più "Udibili» e brillanti rispetto ai dischi nei quali erano contenuti. Inoltre, l'accompagnamento e gli interventi solistici del pianoforte, del contrabbasso e della batteria (ma talvolta c'è pure una tromba, e in un paio di casi un'intera sezione d'archi) sono stati rifatti in studio da una formazione di base comprendente Monty Alexander, Jon Faddis, Ray Brown e John Guerìn. L'interrogativo che si pone è piuttosto allarmante. E' legittima una procedura simile? E quali conseguenze avrebbe, se venisse adottata su scala più vasta? Franco Fayenz l'estate jazz espie i

Luoghi citati: Collaboration, New York, Umbria Jazz