Con la borsa del nuovo mecenate

Con la borsa del nuovo mecenate LO SPONSOR E' STANCO, MA LA CULTURA TROVA UN ALTRO AMICO Con la borsa del nuovo mecenate I restauri d'arte sono sempre più lunghi e costosi; la burocrazia è spesso faticosa e nemica - Chi investe fa i conti: le aziende piccole e medie sono deluse da un mercato in cui è ormai diffìcile farsi notare - Ma gli 800 miliardi investiti nell'87 cresceranno nei prossimi anni - Nella promozione culturale è Torà dei manager e della superorganizzazione TORINO — Dicono che lo sponsor culturale sìa stanco, che il confronto con l'apparato burocratico dello Stato lo abbia sfiancato, che i lavori di restauro o risistemazione richiedano tempi sempre più lunghi, procedure defatiganti, a volte persino liti. Co sponsor fa i conti- gli piacerebbe poter calcolare, come avviene per la pubblicità, il Titorno» delle spese sostenute per legare il proprio nome a un monumento, a una mostra, a una chiesa che andava in rovina, ma non può. Sospira, e si chiede se non sia giunto il momento di ripensare le strategie. Questo scenario pessimista non rappresenta tutta la realtà mane evidenzia un aspetto che comincia a farsi luce, sebbene il panorama sembri ancora improntato a un forte ottimismo. Le cifre investite aumentano, e sembrano destinate a crescere ancora: uno studio dell'Upa prevede per il "90 una cifra che supera 11300 miliardi di spesa, anche se tiene conto di tutte le sponsorizzazioni, comprese quelle sportive, che rappresentano una grossa fetta delia torta. Ma basta guardarsi intorno, e il fervore di iniziative è evidente. Due passi per Torino, e accanto all'Accademia delle Scienze appena restaurata dall'Italgas si apre il cantiere per la risistemazione dell'ala Schiapparelli del Museo Egizio (San Paolo), la Fiat rimette mano alla Palazzina di caccia di Stupinigi con la Cassa di Risparmio, e al Parlamento Subalpino insieme con la Consulta permanente per i beni artistici e culturali messa insieme dalla Confindustria torinese (hanno già aderito Crt, Martini e Rossi, Recchi, Riv Skf, Sai, Sei, Toro Assicurazioni e Utet); trasforma il Lingotto, vara e consegna per la prima edizione a Isaiah'Berlin il premio Otovanni Agnelli destinalo a. figure che affermineii valori etici all'interno della società industriale, mentre VItalgas arriva alla seconda edizione del suo premio per la ricerca scientifica e l'innovazione. L'attività di promozione culturale, insomma, non sembra in crisi. E' magari il concetto stesso di -sponsor' quello che viene sottoposto a un vaglio critico. Se ne è parlato molto: in marzo a Cannes, dove si è svolto il primo salone internazionale dedicato alle sponsorizzazioni culturali, lo •Sponcom», poi a Roma in un convegno organizzato a maggio dalla Confindustria e in un altro tenuto presso Viri, sull'attività delle imprese pubbliche e a partecipazione statale. Sono emersi dati inte- ressanti. Da Cannes arriva una cifra attendibile sulle sponsorizzazioni culturali in Italia, che nell'87 avrebbero toccato il tetto di 800 miliardi. Sembrano molti, ma se restrìngiamo l'ambito ai restauri e alle manifestazioni culturali in senso stretto, scendiamo a 3-400, che invece possono parere pochini E' questo il segno della sfiducia?''Per Ernesto Alici, direttore delle relazioni esterne della Confindustria, le cose non sono cosi semplici. La cifra più bassa, spiega, è quella che risulta agli organizzatori del convegno di maggio su -Il 'matrimonio industria-cultura-. «Se ci 'aggiungiamo le banche, le compagnie d'assicurazione e le imprese pubbliche, che nel nostro congresso non abbiamo censito, probabilmente arriviamo a quegli 800 miliardi». Una cifra che può aumentare ancora molto. Alla Fiat hanno calcolato, che, fatto 100 il fabbisogno nazionale in campo culturale e 70 quello non soddisfatto, del restante 30 la grandissima parte (per la precisione, l'87per cento) è stata coperta dallo Stato, e solo il rimanente 13 per cento dai privati. Proprio al convegno della Confindustria la Cartier aveva portato uno studio da cui emergeva la 'precarietà' del mecenatismo europeo, proprio perché la nostra tradizio¬ ne è legata al finanziamento pubblico. In Italia il denaro speso per la cultura rappresenta addirittura il 5,2 per cento del prodotto interno lordo (fra l'altro, la quota più alta in Europa), ed esce quasi tutto dalle casse dello Stato: che sembra essere geloso nei confronti dei nuovi mecenati E' proprio su questa linea che passa la frontiera, e anche la crisi, dello sponsor. Come spiega ancora Auci, siamo di fronte a due poli- da una parte i neo-mecenati, che rifiutano di misurare l'operazione culturale come si farebbe per una. campagna pubblicitaria, dall'altra chi. vorrebbe sapere se alla fine ci guadagna oppure no. «Non è forse una questione di stanchezza dello sponsor, ma certo una necessità di razionalizzare 11 problema. Certo nelle aziende è avviata una riflessione». A questo proposito la Confindustria sta lavorando alla formazione di una consulta nazionale delle aziende che si occupano di sponsorizzazioni, coinvolgendo anche le banche, Viri, l'Eni, per creare un centro di discussione e studio e soprattutto un -archivio' che sarebbe molto utile alle imprese piccole e medie. Sono queste, infatti, le più esposte ai contraccolpi di un -mercato' dove prima erano pochi e adesso sono in molti, e quindi è diventato assai più difficile farsi notare. E' un problema di tradizione: per ì nuovi arrivati la vita è difficile, per chi tiene il campo da tempo lo è molto meno. Paolo Viti, responsabile della Corporate Image per VOlivetti, e cioè attività culturale ma anche design, ricorda che già nel '68 la società di Ivrea esordì al Metropolitan Museum di New York con una mostra dedicata all'arte precolombiana: «Se un'azienda entra In operazioni culturali che di per sé stesse non gli appartengono, deve metterci qualcosa di più, ad esemplo la capacità manageriale, n problema non è di porsi In concorrenza con le Istituzioni, ma di fare cose "uniche", molto complicate e difficili, aggiungendo quel che l'istituzione pubblica non può fare». Un esempio? «Noi facciamo progettare le mostre dal nostri designer, prepariamo cataloghi con documentazioni fotografiche straordinarie a prezzi bassi, rincorriamo pezzi introvabili Questa attività ha avuto un grande impulso dopo il restauro dei cavalli di San Marco, nel '78, quando è arrivato l'ingegner De Benedetti E i risultati che raccogliamo sono da valutare in termini di prestigio culturale, n 6 ottobre alla National Gallery, a New York, inaugureremo la mostra di Michelangelo, organizzata dal museo e da noi. MI interessa sottolineare il fatto che siamo organizzatori, non sponsor. Credo che nessuna azienda abbia mai avuto un riconoscimento del genere». La ricetta del -fare in casa» è ovviamente anche quella della Fiat, che fa addirittura tutto, preferibilmente, da sola. Ci vengono citati gli esempi di Palazzo Orassi, acquisito, restaurato, diventato sede di mostre (come quella, ancora in corso, dei Fenici) in collaborazione con gli enti pubblici ma realizzate direttamente dall'azienda. I poli di Venezia, Torino e Firenze (dove c'è il progetto di recuperare e "restituire" alla città l'area industriale di Novoli) rispondono a questa logica. Così la mostra degli Etruschi, in collaborazione con Monte dei Paschi di Siena, o U premio -Les sphères du mecenat- a Parigi, in collaborazione con l'Académie Franqaise. Se Palazzo Orassi è stato recuperato in un anno, e questo ha stupito un po' tutti, fanno notare in corso Marconi, la ragione sarà da trovare proprio nella possibilità di agire con tempi, appunto, "industriali". E' un concetto ribadito di recente dallo stesso responsabile delle relazioni esterne, Cesare Annibaldi, in un'intervista a Le Monde' quel che manca al settore culturale in generale, spiegava, era non tanto la disponibilità di risorse finanziarie quanto una struttura di gestione e d'organizzazione. «Ecco perché, ag¬ giungeva citando Palazzo Orassi, Novoli, la mostra a Madrid sulle forme dell'organizzazione industriale, abbiamo deciso di gestire direttamente questo settore». Se lo sponsor tradizionale è stanco e preoccupato, il nuovo mecenate si sente in gran forma. Anche nel sistema delle partecipazioni statali. «Sono convinto che tutte le sponsorizzazioni "logiche", spiega Carlo Da Molo, presidente dell'ltalgas, abbiano un forte ritomo d'immagine sull'azienda, anche se è difficile da valutare perché non è un investimento pubblicitario». Cita i lavori sull'Ara pacis a Roma, nell'ali che aprirono la via a una lunga stagione di attività culminata sempre a Roma col restauro dell'Auriga e del Oalata nei Musei capitolini, a Torino con l'Accademia delle Scienze l'anno scorso, ad Asti con la casa natale dell'Alfieri. La diffusione capillare dell'ltalgas, con le sue reti di metano, un po' in tutta Italia, detta la filosofia delle operazioni culturali. -Le nostre motivazioni sono sempre le stesse: il rapporto col Comune per il quale facciamo un servizio (di qui la sponsorizzazione del patrimonio artistico e di vari premi) e quello col tipo di servizio da noi fornito. Ci dedichiamo al patrimonio artistico in considerazione del nostro prodotto, e cioè la distribuzione del gas metano, un combustibile ecologico e non Inquinante. Certo, esistono altrove sponsorizzazioni in cui non c'è collegamento fra il nome e la cosa. Noi invece diamo un segnale relativo al nostro ruolo». Insomma, neo-mecenate o sponsor? «Diciamo un imprenditore che capisce come non possa esistere crescita per l'impresa senza un rapporto con l'ambiente fisico e culturale. La mia idea del resto è quella sviluppata da quel grande - economista che fu Gunnar Myrdal: e credo sia tuttora un'idea valida-. Lo sponsor sarà stanco, ma il mecenate no. E i dati sembrano dargli ragione, n set iore della promozione culturale pare destinato a essere quello in cui c 'è più da spendere, nei prossimi anni. La pubblicità, ci spiega ancora Ernesto Auci, ha ormai ciò che viene definito un "livello di affollamento" molto alto. Le imprese cercano altre vie, e questa è ancora in buona parte libera, se la legislazione verrà adeguata. -I nostri esperti dicono che, così, non si può davvero decollare. Non chiediamo tanto vantaggi fiscali cultura, quanto soprattutto meno impacci burocratici-, Mario Baudino Torino. L'ingresso del Museo Egizio, uno dei restauri avvenuti grazie a un grande sponsor («Stampa Sera» - Sergio Solavaggione ) d