«Non colpiremo le navi»

L'altra faccia di Gorbaciov La perestrojka sta cambiando anche la politica estera sovietica L'altra faccia di Gorbaciov Il nuovo corso del Cremlino sembra avviare verso una possibile soluzione alcuni dei «conflitti regionali» che da anni insanguinano l'Africa e l'Asia - «La lotta fra i due sistemi non è più un fattore decisivo» ha detto Shevardnadze ai diplomatici sovietici richiamati a Mosca ROMA — La distensione tra l'Urss sotto la spinta gorbacioviana e gli Stati Uniti del crepuscolo reaganiano sta facendo maturare in tempi rapidi soluzioni per i conflitti regionali che negli ultimi anni hanno insanguinato mezzo mondo: dall'Africa all'Asia, al Centro America. E' 'la faccia estera della perestrojka», come l'ha definita l'altro giorno il Financial Times, alludendo al completo riesame della politica internazionale sovietica effettuato per tre giorni questa settimana da mille diplomatici e ambasciatori richiamati a Mosca su convocazione dello stesso Shevardnadze. Una semplice riverniciatura tattica, come sospettano i critici del Cremlino? Le parole con cui Shevardnadze ha accolto i suoi diplomatici a rapporto sono indicative del nuovo corso della diplomazia sovietica: 'La coesistenza basata sui principi di non aggressione, rispetto per la sovranità e l'indipendenza nazionale, la non interferenza negli affari interni non deve essere paragonata alla lotta di classe-. E ancora: 'La lotta fra i due sistemi non è più un fattore decisivo». Ma alle parole fanno riscontro altre indicazioni oggettive, come le dichiarazioni di Gorbaciov dei giorni scorsi, quando ricevendo il presidente dell'Etiopia marxista Menghistu il leader sovietico ha ricordato al suo ospite la neces¬ sità di trovare sollecitamente 'uno sbocco politico», anzi "una giusta soluzione» nel Corno d'Africa, al conflitto con i ribelli d'Eritrea. Insomma, la sensazione dominante nei circoli diplomatici occidentali è che qualcosa si stia muovendo davvero, concretamente, dopo il processo di ritiro delle truppe sovietiche dall'Afghanistan, che aveva segnato la svolta della posizione sovietica sui conflitti regionali, al quale ha fatto seguito l'avvio dei faticosi negoziati dì pace fra Iran e Iraq, facilitato certo se non addirittura innescato dai migliorati rapporti esistenti fra i due Super-Grandi. Non appare quindi azzardato delineare almeno schematicamente una mappa della nuova distensione per i conflitti regionali. In primo piano, dunque, il Corno d'Africa, con il lungo conflitto che oppone gli indipendentisti del Fronte popolare di liberazione dell'Eritrea alle forze di Menghistu. Una guerriglia sempre più sanguinosa e con connotazioni sempre più complesse anche sotto l'aspetto logistico, ma nella quale nessuno dei due contendenti è riuscito finora a prevalere nettamente, dove le forze governative etiopiche sono incessantemente impegnate a lanciare controffensive per riguadagnare le posizioni conquistate dalla lotta di liberazione. Il conflitto estenuante ha creato un profondo malessere all'interno delle stesse forze armate etiopiche, con conseguenti feroci "purghefra gli ufficiali riottosi. E ha appesantito il debito che Menghistu ha con Mosca. L'Etiopia è infatti il Paese del Terzo mondo che più riceve dal Cremlino: tre miliardi di dollari in forniture militari e due per il settore civile. Ora, l'appello di Gorbaciov a Menghistu può significare che Mosca è stanca di pagare i costi di questa guerra in un mutato clima internazionale, che intende esercitare pressioni sull'Etiopia affinché risolva il problema eritreo, come ha firmato dopo dieci anni di conflitto un accordo di pace con la vicina Somalia. Ancora nel continente africano c'è un secondo cerchio dove la guerra potrebbe tramutarsi in pace. E' l'Angola (con annesso il problema della Namibia), il Paese dilaniato per anni da una dura guerriglia contrastata da 50 mila cubani accorsi in aiuto del traballante regime di Dos Santos. Dallo scorso maggio, negoziati per la pace si sono svolti a Londra, poi Brazzaville, quindi al Cairo, a Capo Verde e a New York in un processo sempre più accelerato e promettente. Il prossimo round si terrà proprio domani a Ginevra e sembra aprirsi sotto fausti auspici dopo l'ultima dichiarazione di Fidel Castro secondo cui -un accordo è più vicino che mai». Il raggiungimento dell'intesa sarebbe codificata in base a questi principi. Primo: i soldati sudafricani si ritireranno dalla Namibia e dopo 10 anni la risoluzione dell'Onu di indipendenza di questo territorio sarebbe finalmente applicata. Secondo: ritorneranno a casa anche i 50 mila soldati cubani che combattono in Angola per stroncare la guerriglia dell'Unità di Jonas Savimbi, appoggiato dai sudafricani e anche dagli Usa. Terzo: i tre Paesi firmatari dell'accordo <Sud Africa, Angola e Namibia) si impegneranno in una politica di pace e di non ingerenza. In quanto tempo questo processo di pacificazione potrà realizzarsi? I cubani hanno offerto di ritirarsi in quattro anni, i sudafricani affermano che è troppo, condizionano il loro ritiro al rientro dei soldati di Castro, il governo angolano pretende la fine della guerriglia. Toccherà ai negoziatori e ai Imo ispiratori più lontani, a Washington come a Mosca, cercare di accelerare i tempi. Lo stesso problema lo si ritrova in un'altra parte del mondo, in Asia, dove si intravede una soluzione alla tragedia della Cambogia. A Bogor, in Indonesia, si sono riunite nei giorni scorsi per la prima volta dopo dieci anni di ostilità tutte le parti in causa. La riunione si è chiusa l'altro giorno senza risultati apprezzabili, ma lutti i partecipanti sanno bene che un accordo è inevitabile e che le cose dovranno muoversi egualmente, e in fretta. Perché i vietnamiti ritireranno entro il 1990 le loro truppe dalla Cambogia, la loro decisione è irreversibile, presa sotto le pressioni di Gorbaciov, che vuol migliorare le sue relazioni con la Cina, protettrice delle fazioni cambogiane. Il contagio della pace non ha ancora raggiunto l'America centrale e il Medio Oriente, ma per quanto fragile e precario il processo di distensione innescato da Usa e Urss procede. Paolo Pati-uno Edward Shevardnadze