Omaggio a Mahler con le note di Strauss

Omaggio a Mahler con le note di Strauss Omaggio a Mahler con le note di Strauss DOBBIACO — Con le note del Keiservalzer di Johann Strauss si è concluso sabato sera il festival "Mahler». Un congedo nel segno di quella nostalgia per la vecchia "Austria felix» che da qualche anno è diventata tanto di moda? Solo in parte e con alcune sottili distinzioni. Il Keiservalzer ascoltato nell'esecuzione del viennese Ensemble Kontrapunkte, non ha nulla di quella levigata voluttà viennese da Concerto di Capodanno. Non è una sontuosa orchestra sinfonica ad eseguirlo ma un complessino in cui i pochi strumenti sono stati messi insieme da una trascrizione di Schònberg. Pare di trovarsi di fronte ad uno di quei ritratti di Francesco Giuseppe che stavano appesi alle pareti di ogni osteria dell'impero. Questo Keiservalzer trascritto da Schònberg ci conduce quindi alla periferia dell'Impero, ma di un impero del quale, dando per scontata la superficie sontuosa, si intendono esplorare i territori della malinconia e dell'inquietudine. Al centro di queste regioni spiritualmente così poco confortevoli abita Gustav Mahler con la sua musica e gli ultimi, supremi capolavori. Dedicare un festival a questo "Genius Loci» passato alla storia per aver composto nove gigantesche sinfonie ed alcuni Lieder, in un paesino delizioso e minuscolo come Dobbiaco dove i luoghi capaci di accogliere la musica sono la chiesa parrocchiale e l'aula magna della scuola elementare, è un'impresa piuttosto ardua. La soluzione è stata trovata nel proporre uno sguardo retrospettivo su quei territori di inquietudine e malinconia della civiltà, austriaca in mezzo ai quali la musica di Mahler si erge sovrana. Mahler e dintorni dunque e così la formula del festival, stuzzicante ed intelligente, è stata trovata una volta per tutte. Questa è stata però un'annata particolarmente felice perché per la prima volta si è riusciti ad allestire un'esecuzione del Canto della terra che, con l'orchestra "Haydn» di Bolzano sotto la direzione di Cari Melles, è risultata nobile ed ispirata. Da questo nucleo fondamentale si sono irradiate tutte le suggestioni che hanno cercato di disegnare il profilo teso ed inquieto dell'epoca di Mahler. Una sera nel minuscolo teatrino della scuola sono arrivati l'attore Michael Heltau, un pianista e una violoncellista: Lieder di Strauss e di Mahler col violoncello che li cantava sommessamente invece della voce umana e tra l'uno e l'altro Heltau che recitava con stupenda eleganza viennese pagine di Schnitzler e di Aitenberg. Un'altra sera sul medesimo palcoscenico ha preso posto il pianista Massimiliano Damerini: Valzer di Schubert, la Sonata di Alban Berg, modernissimi valze di Hubert Stupner e ancora una Sonata di Shubert, quella immensa e struggente in sibemolle maggiore dell'opera postuma in un'esecuzione veramente mirabile. Pochissimi si ricordano ancora di Erich Komgold, un enfant prodige al quale Mahler predisse una luminosa carriera. Le cose andarono diversamente e Komgold fini a Hollywood come compositore di musiche per film. Uno sguardo su quegli inizi prodigiosi abbiamo però potuto gettarlo grazie all'esecuzione, da parte del «7Yto Róhn» di Monaco di Baviera, di quel Trio op. 1 che Komgold scrisse a soli 12 anni. Musica incantevole e profumata, ignara ovviamente di turbamenti abissali ma tutta piena delle deliziose fragranze di un genio in erba perii quale l'ispirazione sembra non avere segreti. Nella Vienna di Mahler, dove secondo la caustica definizione di Karl Kraus si produceva estetica come materia prima, potevano sbocciare da un giorno all'altro le vaporose infiorescenze della musica di Komgold e, solo a pochi metri di distanza, quelle scintillanti, quasi minacciose, di Schònberg. Come non notare una così inquietante contiguità ascoltando un paio di giorni dopo i quindici Lieder composti da Schònberg sulle liriche del Libro dei giardini pensili di Stefan George? Non c'è che dire, questo festival mahleriano induce ai confronti e alle riflessioni: dalle delizie della musica da camera di ieri, di Mozart, di Weber, di Schubert, di Dvorak, di Strauss, di Komgold, di Puccini e di Debussy, si precipita improvvisamente nella contemporaneità con Dieter Schnebel, Sylvano Bussotti. Luciano Berio e se uno si sente troppo intrigato da quelle contiguità, dalle complesse ramificazioni di quegli alberi genealogici, può andare ogni pomeriggio ad ascoltare i dibattiti e le conferenze tenute dai migliori musicologi d'Europa. Enzo Restagno

Luoghi citati: Austria, Bolzano, Dobbiaco, Europa, Hollywood, Monaco Di Baviera, Vienna