Che Nabucco, con Renato Bruson!

Che Nabucco, con Renato Bruson! In vacanza tra concerti e festival: dalla musica lirica in Emilia Romagna alla grande invenzione dei maestri viennesi a Dobbiaco Che Nabucco, con Renato Bruson! FERRARA — «Ravenna in Festival» coinvolge gente e spazi della città con canti, letture dantesche, concerti, bande, madrigali, balletti; ma è la tradizionale Rocca Brancaleone, con la sua suggestiva struttura quadrangolare e le opere liriche rappresentate, a identificarsi nella popolartità della manifestazione. La pucciniana «Turandot», alquanto statica, movimentata soltanto da una sfilata tipo «rificolona» per simboleggiare il sorgere della Luna, ha proposto, per la prima volta insieme, le vincitrici dei primi due concorsi «Callas»: Cecilia Gasdia (delicata e perfetta Liù) e Maria Dragoni (imponente Principessa) al suo debutto nell'ardua e tagliente parte, risolta con sicurezza ed efficacia (con il nome di Dragonowa o Dragoniska avrebbe ricevuto più consensi, talmente è abitudine assegnare il ruolo a voci straniere). Antonio Ordonez ha presentato un Calaf più intimistico che eroico, deludendo le attese per un «Nessun dorma» inceppato nel «Vincerò» finale, proponendosi come quarto enigma dell'opera. Con «Nabucco» di Verdi, finalmente dopo tanto peregrinare tra i Festival estivi, la Rocca ha offerto uno spettacolo come Dio comanda, compreso l'idolo Belo, data l'opera rappresentata. Pierluigi Samaritani, artefice di regia, scene e costumi, ha proposto una messa in scena a due piani semplice ed adeguata prolungando il mattonato della «Rocca» con, in basso, il tempio ebreo e un portale sul fondo e, in alto, il simulacro di Belo. I costumi hanno brillato per fantasia e ricchezza di colori. I gesti scenici, come i movimenti di massa, sono risultati appropriati e d'effetto: l'entrata di Nabucco, con i suoi guerrieri in oro, compreso il cavallo del re di Babilonia, ha regalato il momento più eclatante. Non sono mancate le situazioni di monumentalità e di sensazione anche se la caduta del fulmine sul capo di Nabucco è rimasta... nell'aria e l'idolo di Belo si è infranto senza crollare. Romano Gandolfi, ormai stabile al coro di Barcellona con licenza di dirigere l'orchestra, ha dovuto opporsi contro un noioso vento e un'acustica infossata che hanno penalizzato la resa timbrica e la sensibilità dinamica del suono musicale. Ha stabilito però una giusta fusione tra il palcoscenico con i cantanti messi a proprio agio e, soprattutto, portato il coro, istruito da Fulvio Angius, vero e grande protagonista dell'opera, a livelli di estrema compattezza con una positiva sonorità ora vigorosa, ora sensibile fino al sublime «Va, pensiero» interpretato con intimistica partecipazione. Renato Bruson ha caratterizzato un Nabucco intelligente e nobile, capace di coglierne ogni sfumatura e imponendosi per intensità drammatica soprattutto nei momenti dolenti. Linda Roark-Strummer ha impressionato in Abigaille, superba nelle impennate con acuti vertiginosi (meno striduli e fissi delle ultime interpretazioni) e delicata nelle sottigliezze espressive. Stefan Elenkov in Zaccaria non è parso in forma denunciando problemi tecnici nella tessitura acuta sempre tesa e strozzata ma risultando autorevole nelle note gravi. Ezio Di Cesare è stato un Ismaele dalla voce lirica e svettante. Nicoletta Curiel ha delineato una «Fenena» dolce e intensa. Hanno completato l'ottimo cast Franco Federici perentorio Gran Sacerdote, Bruno Bulgarelli prezioso Abdallo e Patrizia Dordi garbata Anna. n pubblico ha risposto con acclamazioni e ovazioni per tutti. Martedì sera lo stesso spettacolo, con alcune variazioni nei ruoli, verrà replicato in forma di concerto a S. Andrea Bagni frazione di Medesano, città natale parmense di Gandolfi, con il ricavato a beneficio della locale Casa di riposo per anziani. Il comico-sentimentale della Commedia dell'Arte è tratteggiata ne «Le Maschere» di Mascagni con freschezza e genuinità, rivelando anche banalità, punge r.ti e ironiche parodie. L'opera, proposta al Teatro Alighieri, dopo un quarto di secolo d'oblio, ha confermato una tavolozza musicale popolare, povera e sbiadita se si eccettuano la già affermata sinfonia, l'irresistibile concertato finale del primo atto, un appassionato e lirico duetto, un equilibrato quartetto, una serenata dal canto spiegato e il secondo concertato con una strizzatala d'occhio (o d'orecchio) alla chiusura falstaffiana, mista Rossini de «L'Italiana in Algeri». Si è percepita anche una melodia belliniana. Quella de «Le Maschere» si può definire musica d'accompagnamento o da film (Rota vi si è ispirato) e non ha portato alla noi'» l'interessato pubblico per un cast affiatato, giovane e dalle splendide voci: dal lucente e solare Florindo di Vincenzo La Scola alla delicata Rosaura di Maria José Gallego; dal preciso Capitan Spavento di Angelo Romero alla fresca e pepata Colombina di Amelia Felle; dal fantasioso Tartaglia di Enzo Darà al brillante Arlecchino di Giuseppe Sabbatini; e poi ancora Carlos Chausson, Nelson Portella e Oslavio Di Credico ottimi nelle rispettive caratterizzazioni. Gianluigi Gelmetti ha diretto con precisione e convinzione; ma è stata soprattutto la regìa brillante di Mario Zanotto, con le scene e i costumi bellissimi di Maurizio Baiò, a rendere attraente lo spettacolo. Walter Baldasso

Luoghi citati: Algeri, Babilonia, Barcellona, Dobbiaco, Emilia Romagna, Medesano, Ravenna