Negli ospedali, orrore e morte

Negli ospedali, orrore e morte Nella catastrofe di Ramstein hanno perso la vita numerosi bambini, famiglie distrutte Negli ospedali, orrore e morte Le vittime sono quasi tutti tedeschi o americani - Decine di ustionati in condizioni disperate -1 testimoni: come un bombardamento, come essere in guerra - Nella base il comandante generale della Nato DAL NOSTRO COHRISPONDENTE BONN—E' stato forse l'errore di un pilota, fa sapere un portavoce del ministero della Difesa, a provocare la fatale collisione di Ramstein. In simili casi è questa l'ipotesi più frequente, la più ovvia e in fondo anche la più comoda, poiché purtroppo l'interessato non è in grado di smentirla. All'indomani della tragedia, mentre il governo ne trae le conseguenze operative vietando per sempre gli spettacoli di acrobazia aerea nei cieli tedeschi, il pesantissimo bilancio non cessa di aggravarsi, n numero dei morti ha ormai superato la quarantina, mentre circa trecentoquaranta feriti sono disseminati fra molti ospedali. Per molte decine di feriti i portavoce ospedalieri parlano di condizioni gravissime. Si tratta di ustionati del terzo grado, che la chirurgia plastica cerca di salvare con delicatissimi interventi di trapianto epidermico. Fra i morti, e fra ì feriti, sono molti i bambini: poiché nella folla che domenica gremiva i prati di Ramstein c'erano numerose famiglie al completo. Le condizioni della maggior par¬ te delle vittime, bruciate dalla tremenda fiammata di kei rosene, rèndono difficili'Yé* identificazioni. Ma si presume che i morti, a parte i tre piloti italiani, siano quasi tutti tedeschi o americani. Ieri a Ramstein si sono trovati Rupert Scholz, ministro tedesco della Difesa, il comandante delle truppe atlantiche in Europa John Galvin, l'ambasciatore degli Stati Uniti Richard Buri e l'italiano Raniero Vanni d'Archirafi. Tecnici militari dei tre Paesi sono al lavoro per stabilire le circostanze del disastro. Secondo le prime valutazioni, la collisione è avvenuta perché il solista della pattuglia, il tenente colonnello Ivo Nutarelli, è arrivato con un attimo di anticipo all'appuntamento con i due gruppi nei quali si era divisa la formazione delle Frecce tricolori. Con il loro attesissimo spettacolo le Frecce tricolori dovevano concludere la grande manifestazione di Ramstein, destinata a celebrare la giornata del volo. Prima degli italiani si erano esibite le formazioni acrobatiche francese, britannica e portoghese. Nel momento della sciagura la folla presente nel recinto della base americana era valutata intorno alle trecentomila persone. Questa eccezionale affluenza di pubblico era stata prevista e incoraggiata, nel quadro di una grande offensiva d'immagine delle forze aeree americane, alle prese con la serpeggiante ostilità dell'opinione pubblica tedesca. Dalla prima giornata del volo, che fu celebrata a Ramstein nel '73, l'affluenza del pubblico è sempre andata aumentando di anno in anno. La base ospita ventimila militari che hanno anche un loro giornale, il Kaiserslautern American. Nell'ultimo numero, uscito appunto questa fatale domenica, si mettevano in guardia gli uomini contro l'atteso assalto di folla. Con una battuta cui il disastro conferisce una tragica ironia si diceva: lunedi potremo dire, sono sopravvìssuto alla giornata del volo 1988. Adesso i sopravvissuti hanno altro da raccontare che la paura della folla. 'Tutto è successo così velocemente — ha raccontato un testimone, il militare Usa Vie Thompson —, ho visto una paHttdj/uppo. ATpftAo,creduto suSiió à uno scontrò, pensavo a qualche effetto speciale". Il sergènte John Flanagan era a pochi metri dalla folla sulla quale si è abbattuto 1' aereo italiano. 'Era come se la gente fosse in stato di choc — ha detto Flanagan —, c'è stato un silenzio totale. Poi una seconda esplosione e ancora più fuoco, a quel punto la gente ha cominciato a correre urlando: "Ho visto un bambino in piedi — ha detto il militare — i capelli gli si sono accartocciati, la pelle del viso ha cominciato a staccarsi. E lui era lì in piedi e mi guardava-. La maggior parte della gente è rimasta attonita — ha raccontato il fiorentino Eugenio Innocenti, un italiano che si trovava tra gli spettatori —, "solo dopo l'esplosione hanno cominciato a muoversi, a scappare. Anche io ho fatto fatica a superare lo stupore e a muovermi», Un altro italiano, Franco — che lavora nella base di Ramstein da nove anni —, racconta che stava assistendo alla manifestazione proprio tra la folla delle jyjjttime. salvato perché il'b ambinoci tguattrq anni, figìio di amici, cne*av%va portato con sé, doveva fare la pipi. Dalle loro testimonianze emerge tutto l'orrore dell'improvvisa tragedia. Come essere in guerra, come un bombardamento, dicono in molti. Prima o poi qualcosa del genere doveva accadere, dicono invece gli abitanti di Ramstein, il villaggio di cinquemila abitanti che dà il nome alla grande base americana. Alcuni danno atto della celerità con cui, in quelle circostanze d'emergenza, sono stati organizzati i soccorsi, altri ne denunciano le inevitabili manchevolezze. Ancora ieri c'era gente alla ricerca di parenti dispersi: aggrappata alla speranza che si trovino in stato di choc ma incolumi. La difficoltà delle ricerche è ingigantita dal fatto che i feriti sono disseminati in molti ospedali, non soltanto tedeschi ma anche francesi, belgi e lussemburghesi. Il trasporto degli ustionati ai centri di terapia specialistica è avvenuto con squadriglie di elicotteri americani e tedeschi. a.V.

Persone citate: Flanagan, Ivo Nutarelli, John Flanagan, John Galvin, Raniero Vanni D'archirafi, Richard Buri, Rupert Scholz, Thompson

Luoghi citati: Europa, Stati Uniti, Usa