Infermieri forse contagiati da donna sieropositiva di Giuseppe Zaccaria

«La mia vita con Annibale» Un medico di Castelluccio (Foggia) ha costruito in 20 anni la storia «alternativa» del cartaginese in Italia «La mia vita con Annibale» Ha salvato reperti e scoperto tombe - E' andato a cavallo fino a Roma e ha «rivisitato» i testi di Polibio e Tito Livio - Tutto per dimostrare che la battaglia di Canne non avvenne sul Tavoliere Barlettano, ma cento chilometri più a Nord DAL NOSTRO INVIATO CASTELLUCCIO (Foggia) — 'LuU, racconta l'ufficiale sanitario, era troppo scaltro per farsi incastrare in campo aperto: e sulla carta topografica il dito accarezza le ultime rughe dell'Appennino, ai bordi di quell'immenso biliardo che battezzarono Tavoliere. «Lui» fu il primo, grande guerrigliero della storia, aveva bisogno di selve e rilievi come il 'Che- delle foreste boliviano. E il dito si alza a percorrere l'anfiteatro di colline che adesso, sotto nuvole nere forate da lame di luce, amplifica a perdita d'occhio le tinte di un Rosai. Guardi l'ufficiale sanitario di Castelluccio Valmaggiore, tremila anime strette in un borgo di pietra chiara, e pensi che -Lui- dev'essergli entrato in testa come un'ossessione. Quest'uomo ha passato vent'anni a rincorrere un mito, a massacrare povere «Volkswagen» per le campagne dell'Appennino dauno, a salvare reperti, a inseguire sepolcri violati dagli aratri. Lui si chiama Mario Izzo, ha 61 anni: «Lui» si chiamava Annibale, adesso ne avrebbe quasi milleottocento. A legarli c'è uno di quei dettagli che per la storia valgono nulla, cento chilometri in più o in meno, il luogo in cui davvero si svolse la battaglia di Canne. Izzo è sicuro che il più grande massacro della storia antica avvenne qui, in queste valli, nei luoghi in cui da sempre i contadini maledicono una terra che a seminarla restituisce ossa. 'Canne della Battaglia», quella ufficiale, invece è cento chilometri a Sud. dalle parti di Barletta. «Lo Schliemann di Foggia...», dicono velenosi quelli di Barletta. Izzo risponde attingendo a piene mani dal rude dialetto della Daunia. Ma il racconto di questo interminabile "match- a sfondo archeologico varrebbe poco, quel che conta è la straordinaria avventura umana di un medico, un professionista {'Un padre di famiglia...', dicevano scuotendo la testa a Castelluccio, prima di cominciare a fare il tifo) che sulle orme di Annibale ha percorso a cavallo antiche strade romane, ha marciato alla velocità delle fanterie di allora, si è tuffato nei classici per rileggerli alla luce di distanze, riferimenti geografici, tattiche militari, possibilità di approvvigionamento, a metà fra von Clausewitz e la concretezza del contadino pugliese. Nell'era degli spot a qualcuno può ancora accadere di perdersi in Polibio e Tito Livio e di riemergere dal sogno come uno scopritore. Izzo ha individuato tre fortificazioni romane, una distesa di sepolcreti, una serie di luoghi che ancora oggi si chiamano "Campo d'Annibale', -Fontana di Paolo-, "Fontana di Vairone'. Ha trovato la mitica «città granaria» da cui il cartaginese mosse per la battaglia decisiva. Ha formulato una tesi che sarà anche rivoluzionaria, ma che almeno agli occhi del cronista più che per i risultati vale per il modo in cui è stata costruita. E' una storia rara, vale la pena di ripercorrerla. Le tombe. Comincia vent'anni fa, quest'avventura, con un giovane medico condotto appena arrivato a Castelluccio e la caccia come unico svago. Ogni tanto i contadini raccontano di una mitica battaglia avvenuta proprio lì, non si sa quando, non si sa come, ogni tanto se la prendono con le ossa. C'è un luogo, intorno al paese, che sulle carte topografiche viene indicato come -Lago di sangue», proprio accanto alla •Fossa dei morti-. Che strani nomi. E ancora più strano è che ogni anno gli aratri continuino a triturare scheletri, a far affiorare lame, scudi, curiosi pugnali. "Io sono stato anche medico militare — racconta Izzo —. Mi colpì il fatto che quegli scheletri fossero appartenuti tutti a uomini validi, diciamo fra i venti e i quarant'anni d'età... E tutti mostravano squarci, fratture. I segni di una morte violenta». Una morte in battaglia: ma quale? Altra stranezza, la disposizione dei sepolcri. Alcuni, ri¬ volti verso Oriente, contenevano soldati interrati con le loro armi, come si conviene ai vincitori. Resti di uomini minuti, ma anche scheletri di persone che erano state alte quasi due metri. Altre parevano fosse comuni: gente ammassata senz'armi né onori, frettolosamente. Veniva in mente la pietosa missione delle matrone romane, che dopo la sconfitta di Canne (era il 216 avanti Cristo) calarono pietosamente in Puglia per seppellire i loro morti. Lo scontro si era svolto il 2 agosto, quei corpi dovevano essere irriconoscibili. Ma Canne, non era cento chilometri più a Sud? Tito Livio. Forse. In realtà nessuno aveva spiegato bene dove il grande scontro fosse avvenuto. D'altronde era comprensibile: il Tavoliere, all'epoca, era una grande di¬ stesa brulla, torrida d'estate, completamente priva d'acqua. Tito Livio e Polibio, che scrissero della battaglia diversi decenni dopo, si limitarono a dire che si era svolta "apud Cannem», nei pressi di Canne, villaggio senza storia dell'Apulia di un tempo. Secondo, ed ultimo riferimento, la vicinanza del fiume Ofanto: Annibale e l'esercito comandato da Emilio Paolo e Terenzio Vairone si erano massacrati lungo la sponda destra del fiume. L'Ofanto è nei pressi di Barletta. Ma anche sotto Castelluccio scorre un torrente, il Celone, che un tempo si chiamava "Aufitas-. Un po' più a Nord, un altro corso d'acqua viene chiamato ancora oggi Unta. E quanto a quell'«apud Cannem», le carte topografiche indicano anche in questa zona dell'Ap¬ pennino una 'Valle di Canne- e un 'Canale di Canne». Non è poi strano: di canneti, la Puglia non è mai stata povera. Il guerrigliero. Facciamo un salto in avanti, e giungiamo alla teoria che Izzo avrebbe formulato solo dopo diversi anni di esperimenti. "Annibale aveva un esercito molto inferiore a quello dei romani. Che fosse passato di qui è indubbio: la via Troiana era il solo collegamento possibile fra Sannio e Apulia. Io però sostengo che ci restò, che non si addentrò nel deserto del Tavoliere, nella piana assolata in cui non avrebbe trovato acqua e si sarebbe opposto alle falangi romane in campo aperto-. La tesi è questa: ma dicevamo che questa volta più del risultato conta il modo in cui ci si è giunti. Seguiteci ancora Le fonti, si è etto, sono Tito Livio e Polibio. Entrambi scrivono per sentito dire, ma qualche riferimento lo danno. Ricordate, per esempio, l'esortazione di Maharbalc? Dopo la vittoria, il capo della cavalleria numida si rivolge ad Annibale per dirgli: -Capo, adesso diamoci da fare, puntiamo su Roma e cogliamoli di sorpresa». Tradotta da Polibio la frase suonava -Die quinto Victor in Capilolio epulaberis», fra cinque giorni banchetterai in Campidoglio da vincitore. Sentite Izzo: -Questo significa che dal luogo della battaglia, e con le strade dell'epoca, la parte più veloce dell'esercito di Annibale, cioè la cavalleria, avrebbe raggiunto Roma in cinque giorni». E quest'incredibile medico condotto compra un cavallo, convince il fratello a seguirlo in jeep e imbocca l'antica via Traiana, oggi ridotta a un trattura. Al quinto giorno, raggiante e disfatto, raggiunge Centocelle. -Se la battaglia si fosse svolta cento chilometri più a Sud. di giorni Maharbale ne avrebbe previsti almeno sette...-. La città fantasma. Gran condottiero, quell'Annibale. I classici riferiscono un altro dettaglio: prima dello scontro di Canne, i cartaginesi conquistarono e persero più volte una cittadella fortificata di nome 'Geronium». Ad Annibale serviva perché era un grande deposito di grano, i romani non volevano lasciargli il vantaggio di una piazzaforte. E, alla fine, proprio da "Geronium- i cartaginesi mossero verso Canne, due giorni prima dello scontro decisivo. Ci fu davvero una "Geronium-'? Nessuno se n'era mai occupato, anche se Polibio ne forniva le coordinate: 65 stadi da Aece (Troia) e duecento da Luceria (la Lucerà di oggi). Uno stadio corrisponde a circa 135 metri. Mario Izzo quel calcolo l'ha fatto. Se adesso volete vedere quel che resta di -Geronium-, fatevi accompagnare da lui, verso il tramonto, sul crinale di un colle. La luce radente rivela dettagli insospettabili: nel grano appena tagliato adesso i contorni s'intravedono appena ma in primavera, quando le spighe si piegano al vento, il tracciato di un «castrum- fortificato si disegna perfettamente nel verde dei campi. Se sotto c'è la pietra, il grano cresce un po' più basso. Epilogo. Si potrebbe continuare per pagine intere: ogni dettaglio, qualsiasi argomento analizzati, verificati, vissuti. Da Barletta rispondono picche? Ed ecco il medico calcolare l'ingombro orizzontale di ogni guerriero. Nella «Canne- ufficiale, dice lui, fra la riva destra dell'Ofanto e il mare (già, perché nessuna fonte accenna al mare?) due eserciti come quello romano e cartaginese non ci sarebbero stati. E poi, la tattica, quella che forse ricorderete illustrata a colori sui libri di scuola media. D centro dello schieramento cartaginese arretra, i romani vengono risucchiati, la cavalleria numida li circonda. "Una simile manovra, vi pare possibile in campo aperto?- insiste l'ufficiale sanitario di Castelluccio. In una piana assolata come quella di Barletta i romani si sarebbero accorti del tranello. No, la cavalleria di Annibale riuscì a compiere l'accerchiamento solo perché si mosse al riparo delle colline. Quelle che circondano la piana del Celone. A Barletta, poco alla volta, sul conto di quel visionario le opinioni cominciarono a cambiare. -Bravo, bravissimo: un grande dilettante. Izzo lavora in buona fede, vuol davvero salvare un inestimabile giacimento archeologico. Ma la battaglia che si svolse dalle sue parti non è quella di Canne, ma quella di Ascoli». Ascoli Satriano, sempre in provincia di Foggia: il famoso scontro fra i romani e Pirro. Obiezione sottile. Fra i due scontri passarono meno di sessant'anni, ed è difficile che l'analisi di un reperto conduca a una datazione tanto precisa. Tutta qui, la storia? Nei risultati, probabilmente si. Nel personale bilancio di quest'affascinante, vecchio pazzo c'è però qualcos'altro. Era successo che, cinque o sei anni fa, un gruppo di svizzeri si fosse appassionato all'impresa, e avesse offerto a Mario Izzo di collaborare. Adesso, fra le carte che l'ufficiale sanitario tiene nel suo studio c'è una lettera dell'Università di Berna. Un laboratorio di ricerche ha il piacere di comunicare che il bombardamento al carbonio 14 compiuto su reperti recuperati a Castelluccio (ossa umane, un frammento di pugnale, delle ceramiche) fa risalire quei resti -a un periodo oscillante fra il 220 ed il 210 avanti Cristo». La storia non cambierà. ma il sogno di Izzo forse adesso sembrerà un po' meno folle. Canne — ricordate? — è del 216... Giuseppe Zaccaria