Via l'esercito: Rangoon voterà

Via l'esercito: Rangoon voterà Maung Maung abolisce la legge marziale e promette un referendum Via l'esercito: Rangoon voterà All'annuncio, un milione di persone esultanti scendono in piazza - Il neopresidente si dimetterà se il partito unico rifiuta la consultazione sul multipartitismo BANGKOK — Con una decisione a sorpresa, il governo birmano ha abolito la legge marziale a Rangoon e ha ordinato alle truppe dell'esercito di sgomberare la città. La legge marziale era stata imposta nella capitale il 3 agosto, d all'allora presidente Sein Lwin, il quale tentò invano di soffocare le dimostrazioni, che dovevano travolgerlo e forzarlo a dimettersi nove giorni più tardi, dopo un bagno di sangue provocato dagli interventi dei militari. Anche il nuovo presidente birmano ha quindi dovuto piegarsi alla volontà popolare: a cinque giorni dalla sua elezione, Mauri s Maung ha promesso alla nazione che chiederà al partito socialista unico — che detiene il potere da 26 anni — di approvare la convocazione di un referendum con il quale il popolo scelga se continuare con l'at¬ tuale regime o aprire la strada a libere elezioni. Il partito è chiamato a pronunciarsi il 12 settembre, ma fin d'ora Maung Maung si impegna a dare le sue dimissioni insieme con tutto il vertice se verrà bocciata la proposta di referendum. Una volta che sia invece passata la proposta, il Parlamento emenderebbe la Costituzione in una seduta d'urgenza in modo da predisporre il terreno per chiamare l'elettorato alle urne. L'attuale Costituzione è un parto dello stesso Maung Maung, esperto giurista che ne preparò la bozza nel 1962. L'annuncio è stato dato mentre più di duecentomila persone si erano riversate nelle strade di Rangoon per una marcia pacifica nel terzo giorno dello sciopero generale indetto dagli studenti e dai monaci buddisti che chiedono la fine del partito unico socialista e l'introduzione di un sistema democratico. I dimostranti appartenevano a tutte le categorie: avvocati, medici, infermieri, artisti del cinema e del teatro, impiegati amministrativi, figli dei militari al potere da 26 anni. Bandiere, striscioni, vessilli e drappi campeggiavano nell'interminabile corteo. Nessuno aveva il volto coperto con fazzoletti come accadeva nei primi giorni delle proteste. I medici, gli avvocati, gli infermieri indossavano ciascuno i camici bianchi o le toghe. Esultanti, all'annuncio della svolta, altre centinaia di migliaia di persone si sono riversate nelle strade di Rangoon: in tutto circa un milione, secondo gli osservatori. Migliaia di manifesti tappezzano le mura degli edifici. Gli studenti e i monaci, che guidano la protesta, girano per Rangoon in auto munite di altoparlanti invitando la popolazione a partecipare alle manifestazioni e gridare slogan come «Abbasso la dittatura» e «Ci serve solo la democrazia». Anche ieri migliaia di persone si sono ammassate davanti all'ambasciata americana, chiedendo la solidarietà del governo di Washington. Le decisioni governative sono chiaramente intese a sventare il ripetersi degli scontri sanguinosi che in cinque giorni, dall'8 al 12 agosto, provocarono quasi un centinaio di morti, stando alla versione ufficiale, ma molti di più, secondo altre fonti (Amnesty International parla di mille-tremila morti sotto il fuoco dei militari a Rangoon e altre città). Le forze dell'ordine erano tornate a sparare lunedì a Malmein, città a 70 chilometri da Rangoon, provocando, secondo fonti diplomatiche, una trentina di morti. (Ap-Agi-Ansa)

Persone citate: Maung, Maung Maung, Mauri, Sein Lwin

Luoghi citati: Bangkok, Rangoon, Washington