«Khartum sommersa»

«Khartum sommersa» La piena del Nilo sale ancora, e arriva il colera «Khartum sommersa» Lo annuncia l'agenzia ufficiale, ma il premier minimizza - Centoventimila case sono distrutte, gli aiuti restano bloccati all'aeroporto IL CAIRO — Nuove inondazioni stanno colpendo duramente tutto il Sudan. Secondo quanto riporta la stampa egiziana, che cita l'agenzia sudanese Sima, enormi distese di terreno, al Nord e al centro del Paese, sono invase dall'acqua. Khartum è ormai 'sommersa', la piena ha trasformato la capitale in «un immenso lago», solo una piccola zona, più elevata e lontana dal fiume, è stata per ora risparmiata e «fta l'aspetto di un'isola». Il fiume, secondo informazioni ufficiali, ha raggiunto ieri i 16 metri e sessanta centimetri di profondità, il livello più alto dalle inondazioni record che nel 1946 devastarono il Paese. Secondo l'agenzìa sudanese, si stanno facendo sforzi sovrumani per ricostruire lungo il Nilo gli argini che erano stati distrutti durante le Inondazioni di due settimane fa, ma senza grande successo. La Suna afferma che le autorità sono infatti nell'Impossibilità di prendere le misure necessarie a fronteggiare il disastro sia per l'entità dei danni che per la scarsezza dei mezzi disponibili. Mancano i generi di prima necessità, e molti degli aiuti arrivati da tutto il mondo sono ancora bloccati all'aeroporto di Khartum per difficoltà nella distribuzione: strade, ponti e ferrovie sono, infatti, inagibili in gran parte del Paese. La situazione sanitaria è critica: il ministro della Sanità ha dichiarato che dome¬ nica sette persone sono morte di colera e che c'è anche il rischio d'epidemie di tifo, malaria, dissenteria e morbillo. Migliaia di bambini — secondo il ministro — sarebbero in grave pericolo. In un dispaccio della Suna da Dongola — la capitale del Distretto del Nord — si afferma che i centri più colpiti sono Eddabba, Merowe e Karlma. Il ministro delle Finanze, Omar Nureddayem, ha spiegato che nella zona sono allagati migliaia di ettari di terreno che non venivano irrigati da oltre cinquantanni. I nuovi straripamenti hanno lasciato migliaia di famiglie senza tetto che si vanno ad aggiungere al milione e mezzo già esistenti. Malgrado il quadro sia palesemente grave, come confermano diplomatici e operatori delle missioni intemazionali di soccorso, il premier sudanese Sadiq el Mandi ha minimizzato i danni provocati dall'alluvione e duramente polemizzato con la stampa straniera, accusandola di aver gonfiato i fatti. Secondo il primo ministro, i disastri delle ultime settimane hanno provocato la morte di 73 persone e il ferimento di 215. Le case distrutte dalle piogge sono state 120.705. La piena — ha detto — sta arrivando ai livelli del 1946, ma i danni non saranno catastrofici come in quella circostanza perché in questi anni sono stati fatti molti lavori per il controllo del fiume. (Ansa) NOSTRO SERVIZIO • KHARTUM — n camion rallenta, esita, poi si ferma. La pista di terra è scomparsa, ingoiata dalle acque. Tutt'intorno a noi non v'è più altro se non una gigantesca cloaca, un immenso silenzio appena turbato dal rumore delle mosche che danzano nel sole. E davanti, a seicento metri appena, ima sorta di montagnola che emerge dalle acque nerastre: l'accampamento di Kusha. E' così che chiamano questa discarica di rifiuti, situata una quindicina di chilometri a Nord di Khartum. Raramente il termine di bidonville è stato più appropriato. Ci vivono circa tremila famiglie, forse: solo all'indomani delle prime inondazioni, il quattro agosto, hanno comincialo a censirle. «Le strade intorno alla capitale sono praticabili solo con estrema difficoltà» spiega un responsabile del Consiglio delle Chiese del Sudan, una delle quattro associazioni umanitarie sudanesi che s'incaricano di portare aiuto alle vittime. «Per diversi giorni ci è stato impossibile arrivare a Kusha». Il camion, ora, è circondato da una marea umana. Centinaia di mani si tendono verso di noi. Come là maggior parte dei due milioni di sfollati rifugiati a Khartum, gli abitanti dì Kusha hanno lasciato il Sud del Paese per sfuggire alla guerra civile. In maggioranza questi «esiliati nel loro stesso Paese» sono d'origine dinka, una tribù che fornisce il grosso dei ribelli antigovernativi, guidati da John Garang. Alcuni sono shilluks. Ma tutti hanno la pelle nera: a Khartum, città araba, questo dettaglio basta a fare dei sudanesi del Sud un esercito di paria. Solo dopo le inondazioni, l'accampamento di Kusha ha beneficiato di aiuti governativi. I teli di plastica distribuiti il 17 agosto dai camion del Consiglio delle Chiese costituivano la prima forma di aiuti. 'Su due milioni di sfollati, i bambini con meno di cinque anni sono quattrocentomila: si tratta delle prime vittime in caso d'epidemia», afferma il dottor Nicholas Ward, coordinatore medico dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità. Nella sola regione di Khartum, i casi di gastroenterite infantile sono già raddoppiati. E nel timore che i singoli casi di colera sfocino in un'epidemia, il governo ha rivolto un appello agli specialisti americani del Centro di controllo di Atlanta. Quattro di loro sono attesi a Khartum. 'Siamo un po ' nervosi — ammette il dottor Ward — ma sono~persuaso che potremo farvifronte». Le medicine, comunque, non mancano. Dall'8 agosto, più di 140 aerei che trasportavano aiuti urgenti si sono posati a Khartum. Catherine Simon Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Catherine Simon, John Garang, Nicholas Ward, Omar Nureddayem, Sadiq, Sima

Luoghi citati: Atlanta, Il Cairo, Italia, Sudan