Paura del vuoto di Mario Ciriello

Paura del vuoto Paura del vuoto Forse nessuno ha assassinato il presidente Zia, forse è stata soltanto una sciagura: ma la sua morte ha scosso il mondo. Non potrebbe essere altrimenti. Un fosco vuoto politico minaccia d'improvviso il Pakistan, la grande nazione asiatica è acefala. E l'incertezza che grava sul suo futuro è destinata a turbare certi equilibri internazionali, ad attizzare tensioni, sospetti, timori. Scompare soprattutto un giocatore d'importanza vitale nella partita afghana, l'uomo di fiducia di Washington. Tale c lo choc che anche gli oppositori di Zia, in Pakistan, scrutano la scena, ansiosi e attoniti. Il Presidente non ha lasciato un successore: e quegli antagonismi che il suo pugno di ferro riusciva a soffocare, o perlomeno a frenare, possono ora esplodere nella caccia al potere. Bcnazir Bhutto, leader del Pakistan People's Party, ha detto soltanto: «E' un momento gravissimo. Dobbiamo seguire la via costituzionale». Quindi, elezioni a novembre? Quelle elezioni promesse da Zia in giugno, dopo aver licenziato il suo primo ministro Mohammad Khan Junejo e sciolto l'Assemblea Nazionale? Ma attenderà l'esercito quella consultazione, ne rispetterà il verdetto? Non si odono che interrogativi. Zia, musulmano devotissimo, aveva avviato una islamizzazione radicale del Pakistan, aveva imposto un suo fondamentalismo. Ma robuste sono tuttora le forze secolari, che potrebbero scorgere in questo terremoto un'insperata chance di riesumarc lo Stato laico. Queste due correnti dividono vari raggruppamenti, anche il partito di Bcnazir Bhutto. Le prime notizie da Islamabad riferiscono che la «piazza» rimpiange il suo leader. E' possibile. Grazie ai maestosi aiuti dell'America, offerti per smorzare l'impatto della presenza sul suolo pachistano di tre milioni di profughi afghani, aveva stabilizzato e irrobustito l'economia. Zia iil l laq era un dittatore. Giornalisti che lo conoscevano bene dicono che era charmuig, che aveva «stile»: le stesse doti del padre della bella Bcnazir, Zulfìkar Ali Bhutto, che Zia fece impiccare, dopo il suo colpo di Stato del '77. Ma era un dittatore astuto, sagace. Giocando con abilità sulla scacchiera in tcrnazionale, sfruttando con destrezza la lunga diffidenza americana verso l'India, valendosi di ogni crisi regionale, ad ditando, ma senza sfoggiarla, la propria capacità nucleare. Zia aveva fatto del Pakistan una roccia dell'Occidente in un mare tempestoso. La rivoluzione in Iran e l'invasione sovietica dell'Afghanistan avevano sublimato questo suo ruolo. Nei primi convulsi e confusi giudizi della grande diplomazia ricorre una riflessione: «Meno male che c'è Gorbaciow. La presenza di un leader ragionevole a Mosca dovrebbe attutire le potenziali, drammatiche ripercussioni in Afghanistan della morte di Zia. Riceveranno i mujaheddìn dal futuro governo pachistano lo stesso ferreo aiuto elargito, senza esitazioni, da Zia? Una' politica più cauta, più esitante potrebbe accendere la loro collera, potrebbe indurli a vedere nei nuovi capi di Islamabad degli ingrati traditori. Per fortuna c'era un dialogo tra Washington e Mosca, una semi-enterite cordiale che l'Unione Sovietica non sembra disposta a sacrificare per salvare il regime di Kabul. La fine di un dittatore scatena spesso bufere, che purtroppo investono le democrazie e che le democrazie devono placare. Oggi a Islamabad c'è una voragine. Prima o poi, questa voragine dovrà essere riempita, ma oggi come oggi nessuno può sapere come, quando e con quali effetti. Mario Ciriello

Persone citate: Bhutto, Mohammad Khan