Arrivano i soldi, parte l'Armata Onu

Arrivano i soldi, parte l'Armata Onu Gli Usa annunciano all'Assemblea che pagheranno la loro quota per la missione nel Golfo Arrivano i soldi, parte l'Armata Onu Pronti gli ufficiali dei Caschi blu di 20 Paesi che dovranno garantire il cessate-il-fuoco tra Iran e Iraq - Già a Teheran gli osservatori italiani • Washington non vuole ancora saldare il vecchio debito con le Nazioni Unite NEW YORK — L'assemblea generale delle Nazioni Unite si è riunita ieri in seduta straordinaria per discutere il finanziamento delle operazioni di pace nel Golfo Persico e gli Stati Uniti hanno colto l'occasione per annunciare che accetterranno, come richiesto, di coprire circa un terzo delle spese per gli «osservatori» del cessate-ilfuoco tra Iran e Iraq, stimate in 75 milioni di dollari per i primi sei mesi. «£' essenziale che per quel momento gli osservatori militari dell'Onu siano sul posto... per verificare, confermare e supervisionare il cessate il fuoco e il ritiro. La maggior parte di essi dovrebbero raggiungere le zone della missione ent*o poche ore, ha dichiarato il segretario generale Javier Perez de Cuellar. In un'intervista al New York Times, l'assistente segretario di Stato americano per gli organismi internazionali Richard Williamson ha rinnovato al Paesi arabi del Golfo—che sono, a suo parere, tra i maggiori beneficiari della tregua — l'invito a versare un contributo speciale per i 350 «caschi blu» stanziati lungo il confine tra Iran e Iraq e ha detto che Washington, dal canto suo, «è pronta a dare la sua piena collaborazione» alla copertura dei costi dell'operazione. Gli Stati Uniti — ha precisato Williamson — verseranno in questa circostanza la loro consueta quota del 31 per cento del costo totale deU'Uniimog e sono pronti ad assumersi anche la loro parte di spese per il previsto intervento di osservatori delle Nazioni Unite in Namibia. L'assistente segretario americano ha però detto che il suo governo continua per il momento a non voler pagare i 467 milioni di dollari di arretrati che deve per il normale funzionamento dell'Onu e non si rimetterà in pari fino a quando al «Palazzo di Vetro» di New York non saranno state portate a termine le riforme amministrative e di bilancio che l'amministrazione Reagan chiede da tempo. Secondo un rapporto diffu¬ so lunedì dalla segreteria generale dell'Onu, la missione saia formata da 350 osservatori militari disarmati, 615 militari e 350 civili e durerà sei mesi, n quartier generale sarà a Teheran e Baghdad, il generale jugoslavo Slavko Jovic, capo dei Caschi blu, farà la spola tra le due capitali. Le 24 nazioni che invieranno i loro ufficiali pagheranno i loro stipendi, mentre gli altri costi della missione saranno coperti dallo stanziamento dell'Onu. Le Nazioni Unite stanno affrontando in questo momento la peggiore crisi finanziaria dalla fondazione: molti degli Stati membri sono in arretrato con i versamenti. Solo gli Usa devono 467 milioni di dollari di contributi I 15 ufficiali italiani del «gruppo osservatori militari» dell'Onu per l'Iran e l'Iraq (Uniimog, composto complessivamente da 350 ufficiali di venti Paesi) sono arrivati frattanto a Teheran. Partiti ieri mattina dall'aeroporto Leonardo da Vinci di Roma, all'arrivo in Iran sono stati presi in consegna dagli ufficiali delle Nazioni Unite che coordinano il dislocamento degli osservatori. h'Uniimog comincerà la sua missione di pace — che consiste nel vigilare sul rispetto della tregua tra Iran e Iraq — alle cinque del mattino del 20 agosto, quando entrerà in vigore il cessate il fuoco che mette fine, almeno provvisoriamente, alla guerra cominciata nel settembre 1980. Osservatori italiani sono già presenti, con l'Onu, in Palestina (Untso), al confine tra India e Pakistan (Unmogip) e nel Libano Gli osservatori italiani non hanno alcuna apprensione particolare al momento e partono, come ha detto il capogruppo tenente colonnello Ciardi — -con grande entusiasmo: Ciardi, friulano di Tarcento, 50 anni, sposato, è stato quattro anni osservatore al confine fra Pakistan e India. Spiega: -I rischi ci sono sempre, dappertutto. Le mine, per esempio: al fronte ce ne sono sempre moltissime. Ma a questo siamo preparati. E poi, l'Onu non ci chiede di correre rischi personali. Intanto, Taha Yassin Ramadan, primo vice premier iracheno, ha affermato ieri che il suo Paese non consentirà all'Iran la navigazione nelle acque del Golfo finché sarà bloccato l'ingresso dell' Iraq attraverso la via d'acqua dello Shatt el-Arab. In un'intervista pubblicata ieri dal quotidiano del Kuwait AlAnbaa, Ramadan ha dichiarato: »Lo Shatt el-Arab è pieno di petroliere affondate e di mine. L'Iran potrà cosi trarre beneficio fin dal primo giorno del cessate il fuoco delle acque del Golfo e dello stretto di Hormuz mentre l'Iraq non potrà e questo noi non lo consentiremo». n ministro degli Esteri iraniano Ali Akbar Velayati ha affermato ieri che l'Iraq ha intenzione di attaccare l'Iran prima dell'entrata in vigore della tregua. In una lettera al segretario generale dell'Onu de Cuéllar, Velayati mette in guardia circa "il comportamento di Baghdad». (Ansa-Reuter)

Persone citate: Ali Akbar Velayati, Ciardi, Javier Perez De Cuellar, Leonardo Da Vinci, Richard Williamson, Slavko Jovic, Taha Yassin Ramadan, Velayati, Williamson