Quando anche il sole è un «rischio »

Quando anche il sole è un «rischio » Come le creme aiutano a difendersi dai pericolosi raggi ultravioletti Quando anche il sole è un «rischio » In un mondo già abbastanza messo a rìschio, in superficie, da inquinanti polluzioni chimiche e batteriche e, dall'alto — attraverso quel famigerato «buco allargato» nell'ozono —, da temute irruzioni di calore e di ultravioletti, come proeccuparci anche, adesso, di quei protettivi compagni della nostra pelle che sono le creme solari e gli abbronzanti? Caso mai — a dar retta alle fosche previsioni sul «buco di stratosfera» del National Center for Atmospheric Research — bisognerebbe inventarne di nuovi, sempre più protettivi e, se possibile, anche preventivi del «photoaging», la precoce senilità della pelle da eccessiva esposizione al sole. Ci perdoni Ceronettì — autorevole vate del ritorno alla fresca «ombra» — ma «solare è bello» per tutti, per chi appartiene al fototipo IV (non si scottano e abbronzano che è un piacere) o III (raramente si scottano e abbronzano normalmente): e anche — proprio grazie alle creme solari — per il tipo I (si scottano regolarmente, si abbronzano con gran pena) e II (si scottano quasi sempre, si abbronzano a stento). Per i primi—le pelli di bronzo — lo spalmarsi di abbronzante è forse un gioco, da svolgersi con compiaciuta ieraticità; per i secondi — le pelli che peccan di albino—è necessità ed è prevenzione. E' meccanismo antico come il mondo quello dell'adattamento del sistema della «melanina», il bruno pigmento che ci fa, a seconda dei casi, da efficace o insufficiente «filtro naturale» alle aggressive «bande» degli ultravioletti. Ed è un sistema che funziona dai tempi dell'obbligatoria pelle scura dei primordiali ominidi delle assolate savane, sino ad oggi, che è tempo di pallidi abitanti di uffici e fabbriche in grigie latitudini, con «licenza d'abbronzarsi» solo d'estate. Che cosa avviene quando, per esposizione al sole, la cute prima arrossa e poi si fa bruna o dorata (oppure stenta e a mala pena si adatta)? La risposta immediata, quasi di soccorso, è quella dell'Ipd (aumento del pigmento bruno preesistente); poi interviene, con differenti risposte individuali su base genetica (per cui tu ti abbronzi e io invece mi scotto), la «melanogenesi» (aumento del numero di melanociti funzionanti, risveglio degli «assopiti», aumento dell'attività enzimatica, aumento del «trasporto» della melanina alle cellule recettrici). E' dagli americani «bian¬ chi» che è partita la crociata antisolare e il loro generalizzato terrore degli ultravioletti. Col solito poco garbo dell'annuncio a sirene spiegate, l'allarme era stato lanciato da fior di specialisti e T. Fitzpatrick era arrivato allo slogan «tutta la vita dell'uomo è una battaglia contro il sole, con unica difesa l'involucro di una pelle bianca, traslucida e priva di peli». Così però si dimentica che tutta l'evoluzione della razza umana è avvenuta in pieno consenso e dipendenza dal sole. Luce e calore solare sono sinonimo di vita e salute e mille nostri ritmi biologici vi obbediscono. La formazione della vitamina D antirachitica richiede la mediazione degli ultravioletti. Per contro è vero — come insegna la sempre più larga esperienza su milioni e milioni di esasperati professio¬ nisti dell'ultraabbronzatura —che la luce solare può arrivare ad essere nociva sino, a livello-dei Dna cellulare (negli ultimi decenni si è triplicato il rischio di cancro cutaneo e, forse, di melanoma). E' questione di qualitàpelle e di dosi-sole, quindi col giusto intermediario — vista l'eliopassione di tutti, semialbini compresi — di quei fattori di protezione che stanno alla base degli abbronzanti e dei filtri solari. Certamente un sistema melaninico povero o pigro— solitamente di chi ha capelli biondi o rossi, occhi chiari e pelle ostinatamente bianca —non può cambiar modo di essere: ma con gli «antisolari» — ad azione «barriera» contro gli ultravioletti o ad azione protettiva similmelaninica—può essere aiutato, se vuole, a stare beatamente al sole. EzioMinetto

Persone citate: Fitzpatrick