Duello fino all'ultimo turista di Tito Sansa

Duello fino all'ultimo turista La Turchia rifiuta l'offerta della Grecia per il «polo egeico» e rilancia la guerra delle vacanze Duello fino all'ultimo turista «Sono bugiardi, non ci lasciano nemmeno entrare nel loro Paese senza visto e fanno di tutto per tener lontano da noi gli stranieri» - Ankara rilancia la sfida, ma non ha una politica turìstica (e i prezzi ad Atene sono molto più bassi) - La smania di «europeizzazione» per acquisire nuove fette di mercato DAL NOSTRO INVIATO ISTANBUL — «Greci bugiardi» sbotta un giornalista turco (che vuole mantenere l'incognito) quando gli dico che il segretario generale della Organizzazione turistica greca Còstas Skouras ha parlato di un progetto di cooperazione tra i governi di Ankara e Atene per creare un'area comune turistica greco-turca nel Mare Egeo. «Ma se quelli dello Yunanistan non ci lasciano neanche andare nel loro Paese sema visto! (Yunanistan è il nome di sapore asiatico che quaggiù ha la Grecia, n.d.r.). E un povero diavolo turco che vuole per esempio visitare i parenti ad Alessandropoli, a un'ora dal confine, deve fare mezza giornata di coda innanzi al Consolato greco con il rischio che il visto gli venga negato, come accade a tutti i turchi nati a Rodi, a Cipro o nelle isole vicine alla nostra costa, Afititene, Chio, Samo». 'Farebbero meglio a tacere quelli dello Yunanistan — si adira il collega innominato — che fanno di tutto per tener lontano da noi i turisti stranieri. Ma per fortuna ci sono le agenzie di viaggio internazionali che pensano a riempire i nostri alberghi e le nostre spiagge». Certo è che l'anno scorso, nonostante diversi appelli di politici e di giornali di Atene a disertare la Turchia, più di 250 mila cittadini greci sono venuti qui (quest'anno se ne prevedono quasi 300 mila), mentre meno di 40 mila turchi sono andati in Grecia. Proprio soltanto a causa del visto sul passaporto? No, c'è dell'altro, che i turchi nascondono e di cui, quando vengon messi alle strette parlano malvolentieri. Il governo di Ankara, per frenare l'esportazione di valuta da parte di turisti, ha imposto ai propri cittadini il pagamento di 100 dollari per ogni viaggio all'estero. Sono cento dollari a fondo perduto (pari al 25 per cento di uno stipendio medio di 600 mila lire turche) che vengono destinati all'edilizia popolare. Il risultato è che un benestante, che per esempio intende andare negli Stati Uniti o ha in programma un viaggio in Europa, non ha difficoltà ad aggiungere 150 mila lire turche al paio di milioni messi in bilancio. Ma la grande maggioranza della popolazione non può permettersi questo lusso ed è prigioniera in patria. Ai turchi questa interpretazione della «prigionia» non va giù, e tutti i funzionari interrogati mi hanno risposto polemicamente: 'Che bisogno c'è di andare all'estero? la Turchia è bella abbastanza-. E giù critiche alla Grecia per l'imposizione del visto. Si direbbe che l'atmosfera delì'embrassons nous, tra Ankara e Atene, non sia poi cosi idilliaca come fanno intendere gli incontri ad alto livello tra i primi ministri Ozal e Papandreu, in gennaio a Davos in Svizzera e in giugno ad Atene. Questa impressione sembra confermata dal fatto che qui in Turchia riesce impossibile trovare qualcuno disposto a parlare non appena si accenna alla cooperazione turistica fra i due Paesi confinanti. 'Non ha trovato tempo» né mercoledì a Smirne né giovedì a Istanbul il ministro della Cultura e del Turismo Tinaz Titiz, «non ha trovato tempo» venerdì a Istanbul il segretario generale Tankut Unal in visita al Corno d'Oro, si è arresto, difendendosi però con un «si, c'è qualcosa di vero ma nulla di particolare», il direttore della sede di Istanbul, Rahmi Cubukcu. Stranamente l'argomento «cooperazione con lo Yunanistan» sembra tabù, negli uffici stampa il giornalista curioso che vuole conoscere programmi di espansione turistica viene consolato con pubblicazioni diversive. Sembra di capire che la Turchia non ha una chiara politica turistica, un po' come l'Italia degli Anni Cinquanta. Come il nostro Paese trent'anni fa, confida sulle sue poco note bellezze naturali e sull'interesse delle masse per le antiche civiltà e culture (greca, romana; bizantina, ottomana), sul fascino di Istanbul che fu capitale di tre imperi. La Turchia è di moda, sempre più di moda, e in questi giorni d'agosto è impossibile, per chi non abbia un santo protettore ad Ankara, trovare un posto su un aereo per Istanbul. La camera in un grande albergo a Istanbul costa tra le 200 e le 300 mila lire, il quadruplo di quanto pagano le agenzie turistiche per cui il futuro ormai è dei viaggi organizzati. Non è perciò vera neppure un'altra cosa che affermano in Grecia, cioè che la Turchia -svende pur di far arrivare gente-. Ad Atene, invece, un albergo di lusso di una grande catena internazionale americana, è arrivato al punto di vendere alle compagnie giapponesi la camera a due letti per 4000 dracme (circa 40 mila lire) per notte. Due le cause di questa svendita: il terrorismo e la paura della concorrenza turca della quale si favoleggia internazionalmente avere prezzi bassissimi. «7/ terrorismo — mi aveva confidato ad Atene il presidente dell'Associazione degli albergatori greci Apostolos Doxiadis — è il nostro nemico numero uno, è slato la nostra rovina dopo le vicende dell'Achille Lauro, gli attentati all'aeroporto di Atene e ora quello di luglio sulla nave Isola di Poros. Le statistiche ufficiali dicono che gli americani sono calati da 466 mila nell'85 a 206 mila nell'86 per risalire a 260 mila l'armo scorso e le autorità si compiacciono. In verità gli americani ci sono mancati completamente e soltanto per paura. Quelli che sono venuti qui sono quasi tutti greci d'America che volevano visitare le loro famiglie». In Turchia il fenomeno del terrorismo intemazionale è praticamente inesistente. Per due Paesi come la Grecia e la Turchia che sono sempre vissuti in base alla teoria che «quello che è male per uno è un bene per l'altro e viceversa» il dialogo tra i due governi è un fatto sensazionale. Ma i pregiudizi rimangono e i turchi ascoltano le notizie di attentati ad Atene con un certo compiacimento e registrano l'arrivo di sempre nuovi turisti a casa loro. Sono previsti entro quest'anno 3 milioni di turisti, «forse il doppio- (nessuno dispone di dati precisi) entro la metà degli Anni Novanta. Gente dura e laboriosa, forse un po' brusca nei modi, senza però le smancerie levantine di certe località turistiche dell'Italia meridionale e della Grecia. 1 turchi hanno le carte in regola. Oggi si riempiono ancora la bocca in ogni occasione vantando i loro alberghi con le parole «ma questo ha cinque stelle», ma in fatto di servizio hanno ancora molto da imparare. A noi italiani tuttavia possono insegnare qualcosa: per esempio a fare disciplinatamente la coda dinanzi agli sportelli o alle fermate dell'autobus (sono file agili, non rigide di gente impalata come nell'Europa settentrionale) e a vietare alla sera il traffico alle automobili nelle vie dove si trovano i ristoranti all'aperto affinché i clienti possano mangiare tranquillamente C'è anche un lato negativo. La Turchia, purtroppo, si sta trasformando rapidamente, la smania di europeizzazione cominciata con Atatùrk ha preso di recente una nuova impennata. E il turista occidentale che viene quaggiù per respirare ancora un resto di Oriente, si ritrova come se fosse a casa propria. Rarissime le donne velate, sempre numerose invece quelle con posti di responsabilità negli uffici, soltanto qualche vecchio che fuma il narghilè al caffè con gli amici ricorda che siamo in Oriente. Ma. «malati di Europa», la parola Oriente ai turchi non piace. E secca loro molto che nella tabella delle temperature sull'Herald Tribune. Istanbul sia elencata non tra le città dell'Europa ma tra quelle del Medio Oriente insieme con II Cairo e con Damasco. Si è arrivati al punto che in diversi locali è impossibile avere un caffè turco: soltanto espresso o cappuccino. Ripudio della propria identità causata dalla smania di Europa? Oppure adeguamento alla prorompente ondata del turismo? Forse tutt'e due. nessuno ha saputo darmi una risposta. Tito Sansa Istanbul. La Moschea di Solimano il Magnifico, una meta «obbligata» per i turisti nella metropoli turca, sempre affollatissima e dai prezzi non così irrisori come si dice (G. Neri)

Persone citate: Achille Lauro, Apostolos Doxiadis, Chio, Greci, Magnifico, Ozal, Papandreu, Solimano, Tankut Unal