«Micelli ora rischia la vita se non si chiude il cantiere»

«Micelli ora rischia la vita se non si chiude il cantiere» «Micelli ora rischia la vita se non si chiude il cantiere» Salvatore Barone, dalla Calabria, lancia un ROCCA DI NETO (Catanzaro) — Per Salvatore Barone il lento ritorno alla normalità comincia con una puntata dal barbiere. Il primo giorno trascorso con la moglie Anna e la figlia Elisa di due anni a Rocca di Neto, un centro collinare a 30 chilometri da Crotone, non gli ha fatto cambiare idea. I ricordi sono ancora netti. Nove mesi di prigionia e quindi il 5 agosto un ufficiale dell'Eprp si avvicina ai due italiani, riaccendendo le loro speranze di una liberazione imminente. -Abbiamo cominciato a camminare il pomeriggio del 5 agosto — racconta Barone — sotto una pioggia che ci ha accompagnato per molte ore. Abbiamo marciato per tutta la giornata di sabato, domenica e lunedi, attraverso le paludi. Ci hanno costretto anche a guadare dei fiumi in piena, fino a quando non siamo riusciti a raggiungere i confini sudanesi-. Ma subito riprende la polemica. -Non mi sento — spiega — di fare un colpa di quanto è successo alla mia azienda, la Sorìge. Ma altrettanto non posso dire della Salini e del governo italiano che, ben sapendo a cosa andavamo incontro, ci hanno voluto là nel Tana Beles. Nonostante tutto questo, il governo ha fatto poco o nulla per aiutarci. Una sola cosa vorrei ricordare: i guerriglieri dell'Eprp non scherzano e chiedono con il governo italiano una trattativa diretta che porti alla sospen¬ sione del progetto Tana Beles. Se l'accordo sarà raggiunto e se un domani qualcuno tradirà i patti, i guerriglieri continueranno a rapire ma non faranno piùprigionieri'. E Barone non dimentica Giuseppe Miceli!, il dipendente della Salini che è ancora in mano a un gruppo di guerriglieri etiopi. «Forse — si augura — per lui potrebbe andare meglio, perché la nostra esperienza è riuscila a toccare la pubblica opinione, sia pure dopo molti mesi. Forse potrà cavarsela più in fretta quando il governo deciderà di troncare questa forma di appello al governo collaborazione e di aiuto con il governo etiope». Ma nonostante le battute polemiche, Barone non sembra condividere le iniziative che Paolo Bellini ha annunciato di volere adottare, per citare in giudizio la Sorige. •Paolo la pensa in un modo, io in un altro. Va da sé, comunque, che tutti e due abbiamo molto da recriminare e tante cose ancora da volere e potere dire». E nell'affermare questo, Barone fa anche riferimento a un «uomo politico» che gli avrebbe impedito a Khartum di rispondere alle domande postegli da una troupe televisiva, non escludendo censure successive. -E vuol sapere che cosa ho risposto? — dice Barone —. Ha detto: "Allora che cosa è venuta a fare la troupe della tv? Solo per riprendere le nostre facce ridotte male da nove mesi di prigionia? Solo per farle vedere alle nostre famiglie e accrescere il loro dolore?" Anche questo ci ha fatto capire come il nostro caso non sia stato affrontato come si doveva. Abbiamo pagato con molti mesi di prigionia un'attenzione che non è stala certamente proporzionale a quanto necessitava la nostra situazione». Il futuro, per il tecnico ritornato tra i suoi familiari, ora passa attraverso una clinica specializzata per una serie di accertamenti "necessari per capire cosa la prigionia, oltre alla malaria, abbia lasciato nel mio organismo». d. m.

Persone citate: Giuseppe Miceli, Micelli, Paolo Bellini, Salvatore Barone

Luoghi citati: Calabria, Catanzaro, Crotone, Rocca Di Neto