Il tecnico rapito è colpa di Andreotti di Pierangelo Sapegno

Il tecnico rapito: è colpa di Andreotti Paolo Bellini, tornato in Romagna, accusa il ministro degli Esteri per gli aiuti a Menghistu Il tecnico rapito: è colpa di Andreotti «Roma ha fatto di tutto per ignorare, sminuire, nascondere i pericoli di quella zona» - «Me la prendo più con lo Stato italiano che con i guerriglieri» - «Denuncerò chi mi ha offerto il lavoro, dandomi garanzie di sicurezza» DAL NOSTRO INVIATO VOLTRE (Forlì) - -La colpa è di Andreotti». Paolo Bellini accende il registratore: «Cosi non cambiate le mie parole». Nove mesi prigionieri del ribelli, in Etiopia, mangiando fagioli piccoli come chicchi di riso e dormendo nei tucul Hanno sofferto malaria, paura e solitudine: «Ci hanno abbandonati, ci hanno tradito», ripete. Salvatore Barone a Rocca di Neto, Catanzaro. E Bellini a Voltre, in una cascina affogata nel sole, fra i saliscendi attorno a Forlì. Nella sala grande, attorno al tavolo, ci sono tutti: la mamma Luigia, il fratello Francesco e Loretta, la sorella, che ogni tanto si alza e gli appoggia una mano sulla spalla. C'è il sindaco, Oleto Flamigni, repubblicano, seduto proprio di fronte a lui. Paolo ha gli occhi ancora stanchi, sembra piccolo e esile in una camicia più grande di lui: ha dormito 4 ore, questa notte, la prima notte a casa. Ma non ha più pianto: «Lo facevo sempre, laggiù, 15 minuti tutte le volte, nel sonno. Io non me ne accorgevo, me lo dicevano i miei compagni che singhiozzavo mentre dormivo». Quei nove mesi terribili sono finiti, però sono ancora vicini. -Parlo con il mio avvocato, poi parto con le denunce», accusa. E chi denunciate? «Lo studio Pietrangelo senz'altro. E' quello che ha appaltato i lavori alla mia ditta, la Sorige. Ha sempre detto che non c'era nulla da temere. Anche tre giorni prima di partire, in un incontro all'ambasciata di Addis Abeba, ha ripetuto che la situazione non era pericolosa. Quelli della mia ditta gli chiedevano: è sicuro? Tutto tranquillo, potevamo lavorare. il fratello, Francesco, dalla poltrona: «Ve lo ricordate? C'era scritto che le misure vanno oltre ogni ragionevole richiesta del personale ad¬ detto ai sondaggi». Paolo Bellini: "Eh già. In questi nove mesi lui è sparito, tutti gli altri hanno fatto qualcosa. Lui niente». Farete altre denunce? "Vedremo. E' chiaro che io non posso querelare lo studio Pietrangeli e non fare niente con gli altri, Sorige compresa». n fratello: «Vacci piano. I giornalisti poi chissà cosa scrivono». Lui: "Vedremo, vedremo. Io devo tutelare i miei interessi. Non mi accontento delle buone parole. Qui c'è chi ha tirato fuori la fatalità. Invece, ci sono delle colpe». E perché anche Andreotti avrebbe delle colpe? -Perché Andreotti ha fatto tutto il possibile per ignorare, sminuire, nascondere, i perìcoli che c'erano in quella zona, e ci sono sempre stati». E' stata una trattativa difficile... "Il governo s'è mosso a livello diplomatico. E la diplomazia non vuole scontentare nessuno. Noi eravamo l'anello più debole, e per non scontentare Menghistu, il Sudan e l'Eprp, il partito rivoluzionario del popolo etiopico, hanno scontentato noi. I guerriglieri volevano qualcosa, e qualcosa alla fine hanno ottenuto». Giuseppe Miceli! è l'altro italiano ancora prigioniero in Etiopia. L'avete mal visto? "Mai. Non credo che lo uccidano. Però, è certo, senza una contropartita sicura non lo mollano. Appena siamo stati liberati, il governo ci ha fatto sapere che era meglio se non parlavamo. A Khartoum siamo stati trattenuti, pedinati da qualcuno del ministero degli Esteri: meglio se stavamo zitti, ci dicevano. Per salvare la vita a Micelli, ci dicevano». Magari era vero, avevano pureraglone... "E invece io credo sia meglio parlare. Il nostro rapimento è stato una coda del sequestro di Marchiò e Marteddu, presi nel dicembre dell'86 e rilasciati dopo 42 giorni, evidentemente sulla base di promesse non mantenute dal governo italiano. Se questi due, anziché star zitti e ripetere soltanto che l'Eprp li aveva trattati benissimo, avessero tirato fuori la verità, noi non ci saremmo trovati in queste condizioni: Ma voi cosa rimproverate allo Stato? Cosa dovevano fare in Italia? "Sospendere i lavori subito. Invece, hanno giocherellato. La verità è che non erano disposti a dare quello che chiedevano i soldati dell'Eprp». In questi mesi come eravate trattati? 'Vivevamo in un pagliaio. Eravamo in cinque, tre etiopici e Baroni e io. Ogni tanto ci spostavano». E la malaria? "Io l'ho presa tre volte. Il 24 marzo, il 6 maggio e il 3 luglio». Consulta il taccuino, lo sfoglia: «7/ 20 giugno l'ha presa Scilishi, un etiope che era prigioniero con noi. Il 2 luglio è toccato a Kinde, il 13 io e Menghiste. Il 31 di nuovo Kinde, il 7e V8 agosto ancora Kinde» Il primo maggio s'era sparsa la voce che voi eravate stati liberati. Cos'era successo in verità? "Un'invenzione. Noi lo sentimmo alla radio, quando la ascoltavamo durante la notte. Un'invenzione che qualcuno aveva interesse a diffondere». La sorella, seduta sul bracciolo della poltrona: «A noi al ministero degli Esteri ci avevano sempre detto che era vero. E che poi qualcosa era andata storta». Che cosa ne pensa dell'Eprp? «/ militari sono gente comune. Alla buona. I capi non sono sprovveduti, sanno quello che vogliono. E non sono neppure pochi. Controllano una regione grande come l'Emilia Romagna». Ma lei ce l'ha di più con l'Eprp che l'ha rapito o con lo Stato italiano? •Con lo Stato italiano. Quelli dell'Eprp ci dicevano: voi siete venuti in casa nostra. Forse avevano torto?». Pierangelo Sapegno dtt i di