Una lunga fuga per due fratelli di Stefano Reggiani
Una lunga fuga per due fratelli Locamo, secondo film italiano Una lunga fuga per due fratelli «Stesso sangue» di Eronico e Cecca DAL NOSTRO INVIATO LOCARNO — Stesso sangue, diversa natura. Volendo vederlo come un film metafisico-femminista, «Stesso sangue» dei romani quasi esordienti Egidio Eronico e Sandro Cecca, seconda pellicola italiana in concorso a Locamo, è la storia della conquista dell'indipendenza da parte di una ragazza, ai confini dell'adolescenza, contro l'immaginazione delirante e la debolezza dell'uomo. Ma, nella sua apparenza più semplice, «Stesso sangue» è la lunga fuga dalla città di due fratelli, una ragazza di 14 anni e un giovanotto di 24, fino alla morte di lui per malattia, in faccia al mare sporco di una raffineria sul basso Adriatico. D'accordo, sono gli stessi autori a suggerire per questo film-sulla-strada una «conclusione che si perde nel trascendentale» per quella morte nell'indifferenza del giovane, che è un lettore di fantascienza, un «essere di un altro pianeta», ma bisogna andar cauti nel sovraccaricare il testo, quando è evidente la preminenza dell'immagine e della forma (dell'architettura) del paesaggio. Finanziato da una produttrice privata, dall'art. 28 e da Raidue (che in questo festival ha dominato) il film di Eronico e Cecca ha impiegato la troupe di Storaro, reduce dal «Tucker» di Coppola, e ha immerso la vicenda nel basso Molise, tra villaggi, campagne, fabbriche abbandonate. Naturalmente, suono in rigorosa presa diretta. In film come questo (di cinefili colti, Rossellini e «Biade Runner» i loro riferimenti) è facile che le riserve più immediate tocchino gli sviluppi narrdtivi, gli aneddoti di strada. Certi personaggi (il ladro venuto dall'Inghilterra, il predicatore pazzo, la madre avida) rischiano pericolosamente il riempitivo. Perché qui i personaggi sono in qualche modo pleonastici e intercambiabili e la recitazione è necessariamente «selvaggia». Così le due parti del film, figurativa e concettuale, non sempre convivono agevol¬ mente. Ma l'uso del paesaggio è particolarmente lodevole e la scena sul mare è assai bella. I due fuggitivi (scappano per non essere separati, lungo la strada compiono alcune rapine, come sventati Borente e Clyde) sono Daniele Nascitelli e Alessandra Monti. Appassionati tutti e due, ma a lei tocca là parte migliore. Il festival chiude oggi il concorso con gli ultimi film (un francese, «Eden Miseria», ispirato a Christine Laure dall'opera di Isabelle Eberhardt e un iraniano, «Narkhoda Khorshid» di Nasser Taghvai), domani giornata dedicata alle premiazioni e ai programmi paralleli, si conclude anche la retrospettiva di Cavalcanti. E' curioso che ifilm nuovi di questa mostra siano stati concepiti, in gran parte, per polemica o per affetto, intorno ai temi della famiglia, dei giovani con-famiglia, dei giovani senza-famiglia, dei giovani ex-difamiglia (capofila lo splendido «Distant voices», passando per il giapponese «Kyoshu» e il canadese «Family Viewing»). In «Sama» la condizione femminile in Tunisia è dipinta da Neja Ben Mahmud con tanta asprezza (una ragazza non può neanche studiare, meglio fuggire in Europa) che c'è stata quasi una dìsputa tra donne alla conferenza stampa: «Non è cosi, tu diffami la Tunisia». In «Dzusovi Roman» del cecoslovacco Fero Fonie, una ragazza lascia la famiglia per andare a lavorare in fabbrica, a costo di molte disavventure sentimentali: il film evidentemente non garbava, dava una «cattiva immagine» della Cecoslovacchia, è stato bloccato per cinque anni. In «Schmetterlinge il tedesco Wolfgang Becker maschera la voglia di normalità dietro la storia del ragazzo solitario che forse è un maniaco sessuale e in «Schlaflose Nachte» l'altro tedesco Marcel Glaser cerca di tirare le somme di questa generazione di av venturieri pentiti. La conclusione è amara: come si sta male da soli. Stefano Reggiani
Luoghi citati: Cecoslovacchia, Europa, Inghilterra, Molise, Tunisia
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