«In Etiopia ci avete abbandonati» di Cesare Martinetti

«In Etiopia ci avete abbandonati» Il racconto dei due tecnici della «Salini» sequestrati dai guerriglieri anti-Menghistu «In Etiopia ci avete abbandonati» Barone, molto dimagrito: «Il governo per otto mesi non ha fatto nulla» - Bellini: «Abbiamo preso la malaria» - Ancora in ostaggio Micelli - E l'Eprp minaccia: se il progetto italiano continua non ci saranno più ostaggi, ma morti ROMA — Elisa Barone ha tre anni, un vestito a righe bianche e verdi, un fiocchetto azzurro. Alle 3 e un quarto schiaccia il suo dito contro i vetri della sala d'aspetto. La mamma le fa vedere quel piccolo aereo bianco e azzurro che sta atterrando sulla pista di Ciampino. Oltre quel vetro, lungo quel ditino, c'è il suo papà che toma dopo nove mesi di prigionia nei tucul dei guerriglieri etiopi. Un ritomo tempestoso e polemico: 'Abbiamo vissuto nove mesi in condizioni tragiche. Non sapevamo nulla, ci siamo sentiti abbandonati», U governo ha fatto tutto quello che poteva? -Nei primi otto mesi no». Salvatore Barone è partito che pesava 82 chili. A vederlo scendere adesso dalla scaletta del «Falcon» del 31° stormo appare come un ragazzino, magro, scuro, debole. Vicino a lui c'è Paolo Bellini, biondo, emiliano, forse più allegro di Barone, ma anche lui smarrito e incerto quando abbraccia Francesco e Loretta, i fratelli che sono venuti a prenderlo per riportarlo a casa. La lunga avventura dei due tecnici italiani rapiti il 16 novembre vicino al lago Tana, è finita. Ma il braccio di ferro tra il governo italiano e l'Eprp (partito rivoluzionario del popolo etiopico) continua. Un altro ostaggio italiano, Giuseppe Micelli, è nelle mani dei guerriglieri. Fino a ieri non si sapeva che fine aveva fatto. Barone e Bellini hanno portato sue notizie, senza averlo visto: «Ci hanno detto che sta bene. E noi paradossalmente abbiamo cominciato a sperare quando abbia- mo saputo che c'era un altro italiano prigioniero». Micelli 10 hanno rapito a Tana Beles 11 27 giugno. Gli etiopi, prima di lasciarli liberi, hanno chiesto ai due se volevano mandargli qualcosa. Bellini non aveva niente. Barone gli ha fatto avere un rasoio da barba e una zanzariera. E' Salvatore Barone, calabrese, il più polemico: 'Il nostro governo, prima di mandare persone innocenti a lavorare all'estero, dovrebbe accertare bene le condizioni di sicurezza». Qualcosa da rimproverare al governo? 'Non accusiamo nessuno, momentaneamente. Ma poco per volta le responsabilità verranno a galla». Dietro Barone c'è il sottosegretario agli Esteri Gilberto Bonalumi che ha condotto gli ultimi dieci giorni di trattativa per la loro liberazione. Ascolta con una smorfia le sue parole mentre un funzionario vorrebbe tagliare corto e dice ai giornalisti: 'Sono stanchi, lasciateli andare a casa». Ma Salvatore Barone resiste anche alla moglie Anna che se lo vuole portare via: 'Quelli che ci hanno rapito non sono terroristi, ma guerriglieri che combattono contro Menghistu per la liberazione del loro popolo. Non cercano pubblicità, ma vogliono l'abbandono del progetto del Tana Beles che viene realizzato in territorio di guerra. Quando siamo venuti via ci hanno detto: "Se il progetto continua, non ci saranno più ostaggi italiani, ma morti italiani"». Nel Tana Beles, in quel cono di terra etiope fra il Tigrai e l'Eritrea, ditte italiane stanno lavorando da anni in vari progetti di cooperazione con il regime di Menghistu. Uno di questi prevede spostamenti ('rassettlement») di popolazioni nella zona. Contro questa politica di «deportazioni» combattono i guerriglieri anti-Menghistu. Ed è il progetto che è stato bloccato il 21 luglio con una risoluzione della commissione Esteri della Camera. Va avanti invece la parte che riguarda il Beles, che non prevede trasmigrazioni di popolazioni, ma soltanto aiuti sanitari, umanitari e progetti di auto-sviluppo delle popolazioni locali. La risoluzione della Camera parla anche di aiuti all'Eritrea. E' questa la contropartita politica che il governo italiano ha dato ai guerriglieri etiopici per la liberazione di Barone e Bellini? H sottosegretario Bonalumi dice che non di una contropartita si è trattato, ma di 'tanti gesti», come le dichiarazioni del governo italiano, il dibattito di questi giorni sulla politica di cooperazione, il lungo dialogo con il governo sudanese che ha favorito la trattativa ottenendo per sé in cambio nuovi aiuti, anche per le inondazioni di questi giorni che hanno 'prostrato», ha detto il sottosegretario agli Esteri, i tre quarti della capitale Khartum. 'La cooperazione rimane uno degli strumenti della nostra politica estera — ha aggiunto Bonalumi —. Sarà portata avanti rispettando la difficile situazione del Corno d'Africa dove a povertà e miseria si sovrappongono varie guerre locali». Ma il nuovo ostaggio italiano, Giuseppe Micelli, certo sarà tenuto prigioniero fin quando l'Eprp non avrà la certezza che la risoluzione della commissione Esteri si tradurrà in atti concreti. Pronto a polemizzare con il governo, all'aeroporto di Ciampino c'era ieri anche il missino Mirko Tremaglia: 'Al regime di Menghistu sono stati spediti in questi anni dall'Italia circa mille miliardi e molti di questi sono stati spesi in armamenti». Come sono stati questi nove mesi? Racconta Paolo Bellini: 'Non ci hanno mai legato, né minacciato. Siamo sempre stati in capanne o tucul, fuori dai villaggi. Con noi c'erano altri tre prigionieri etiopi». Malattie? 'Io ho preso per tre volte la malaria negli ultimi quattro mesi. Barone ce l'ha avuta addosso per quasi un mese: lo vedevo in quello stato e ho temuto il peggio. Ci davano tutto quello che potevano, ma anche loro vivono in condizioni diffìcili». Conforti? 'Nessuno. Ci siamo sentiti davvero abbandonati. Non avevamo notizie, solo una radio scassata. Di notte, qualche volta, riuscivamo ad ascoltare Rai Stereonotte». n 5 agosto, la svolta. Un ufficiale dei guerrìglieri dice a Barone e Bellini in un inglese stentato: 'Congratulatìons, is possible you are free». Auguri, forse siete liberi. Quattro giorni di marcia in mezzo al fango. Barone, il più debole, lo hanno fatto salire su un mulo. Poi, finalmente, la consegna ai militari sudanesi: 'Solo allora ci siamo sentiti liberi». Cesare Martinetti Roraa. Paolo Bellini (a sinistra, tra il fratello e la sorella) e Salvatore Barone con la moglie e la figlia, appena atterrati a Ciampino

Luoghi citati: Ciampino, Eritrea, Etiopia, Italia, Roma