Craxi incontra Ghino di Tacco di Stefano Reggiani
Il paradiso di Orfeo è un'isola nel Baltico A Locamo il delicato «Macao» di Hopfenstein Il paradiso di Orfeo è un'isola nel Baltico I sovietici raccontano Cristo - Un eccellente «Distant Voices» DAL NOSTRO INVIATO LOCARNO — Dopo un disastro aereo, due persone, uno studioso svizzero e il pilota, vengono sospinti dalle onde verso un'isola sconosciuta, abitata da cinesi. Due ipdigeni servizievoli, è il caso di dirlo, come angeli custodi, si mettono ai loro ordini e li ospitano in casa propria. E' l'isola di Macao, lussureggiante di verde: come mai si trova nel Mar Baltico? E come mai le telefonate dall'isola risuonano a vuoto? Il pilota ha la risposta: sono morti e Macao è l'aldilà, così estraneo e insieme amichevole. Lo studioso sa perché Macao (era partito pensando a quell'isola), sa il perché di tanti nomi teneramente segreti (li dava al corpo della sua donna visto come il mondo). Ma potrà l'amore farlo tornare da quell'isola o potrà la donna amata raggiungerlo in quel luogo di gentilezze distanti? E' quasi il contrario del mito d'Orfeo ed Euridice che si snoda nel film svizzero Macao di Clcmens Klopfenstein, nato nel '44 a Sutz, sul lago di Bienne. Il film è spesso sul punto di soccombere alla sua buona idea, ma sa riprendersi con una malinconia autentica, con speciale delicatezza. Sembra quasi un racconto del realismo magico degli Anni Trenta e vorrà pur dire qualcosa se un autore relativamente giovane vi si accosta e lo reinventa. Ambizioso, degno di particolare attenzione, il sovietico Gost, L'ospite; di Alexandre Kaidanovski. Proprio mentre infuriano le polemiche anticipate sul Cristo di Scorsese, ecco come fare un film durissimo su Cristo e la sua umanità dietro il velo della cifra arcana. Tratto da due racconti di Borges, il film segue un intellettuale nel soggiorno in un castello simbolicamente in rovina: per intrattenere ed educare la servitù (ma con la serva è già andato a letto), l'ospite legge il Vangelo. Chiede un servo: «E si salveranno gli autori della croceftssione?». «Si», risponde liberalmente e cristianamente l'intellettuale. Al colmo di una crisi mistica i servi lo crocifiggono. Il film autorizza tutte le letture: dall'ironia sanguinosa verso gli intellettuali capziosi (li sentiamo discutere nel prologo se sia più importante nell'economia della salvezza il sacrificio di Cristo o di Giuda), alla rivolta dei semplici contro i sofismi della religione. Si discute sé Kaidanovski sia un grande manierista, troppo debitore di Tarkovski, o se abbia già raggiunto un suo stile. Noi propendiamo per la prima soluzione, ma c'è in aria odor di premio. Intanto, è passato sugli schermi del festival Distant Voices, Stili Lives, il commovente, bellissimo film di Terence Davies già visto a Cannes, i ricordi di famiglia come una vecchia raccolta di cartoline sonore. Considerato che Davies fu una scoperta di Locamo (il superbo Trilogia, non premiato), sarebbe forse ora di sancire con un premio vistoso la presenza di questo autore appartato, che fa film cosi personali, meglio, per fatto personale. Venerdì Giornata d'amicizia col cinema italiano: film di Bertolucci e Avati, opere di montaggio sulla commedia italiana (Luca Verdone) e sui documentari Luce (Gian Vittorio Baldi). Stefano Reggiani
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