Tokyo-Seul sfida all'appalto

Tokyo-Seul, sfida all'appalto Confronto per aggiudicarsi le grandi commesse di ricostruzione Tokyo-Seul, sfida all'appalto Iran e Iraq stanno avviando imponenti lavori per rimettere in piedi industrie e infrastrutture - Favoriti sembrano i sudcoreani che non hanno mai abbandonato la zona DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Pur non coinvolti nelle ostilità, due Paesi stanno guardando più di altri con speranza e ansia alle prospettive di pace tra Iran e Iraq: Giappone e Corea del Sud. Entrambi si preparano a giocare la parte del leone negli imponenti lavori di ricostruzione industriale e di opere pubbliche che si renderanno necessari nelle due nazioni. E sui loro territori tormentati dal lungo conflitto si svolgerà un'altra sfida, incruenta questa volta, ma altrettanto importante, tra la grande potenza economica che è il Giappone e la crescente, aggressiva Corea del Sud, che lo sta insidiando in molti campi con uno sviluppo impetuoso e capacità industrialiSecondo l'istituto giapponese per le economie del Medio Oriente, a pane fatta ci sarà un'immensa torta da spartire per le compagnie di progettazione e costruzione al fine di rimettere in piedi le infrastrutture e le industrie dei due Paesi. Stando a calcoli prudenziali, ci si aspettano richieste di nuovi impianti dall'Iran per 50 miliardi e 200 milioni di dollari; dall'Iraq per 103 miliardi e 300 milioni Per le riparazioni dei vecchi impianti industriali dan¬ neggiati nel corso del conflitto, si calcolano ordini per 38 miliardi e 300 milioni di dollari da parte dell'Iran, e per 16 miliardi e 300 milioni da parte dell'Iraq. I favoriti sembrano i sudcoreani, che hanno dalla loro una grande carta: quella di essere sempre rimasti sul posto. Malgrado la guerra, i grandi costruttori coreani hanno continuato a tenere gli uffici in entrambi i Paesi mantenendovi anche i lavoratori ingaggiati. Fortemente dipendenti dal Medio Oriente per la loro espansione, i coreani hanno tenuto duro ovunque, in molti casi proseguendo i lavori come se nulla fosse. I giapponesi, invece, hanno in vari casi, specie in Iran nel 1984, ritirato i loro tecnici e ingegneri, abbandonando i progetti in fase di realizzazione dopo alcuni raid aerei iracheni Secondo gli analisti, le compagnie giapponesi potranno aggiudicarsi tra il 10 e il 20 per cento della pioggia di ordini che si prevedono da entrambe le parti ove si arrivasse effettivamente alla pace: una quota ben inferiore a quella del 50 per cento detenuta prima dello scoppio del conflitto, quando le imprese del Sol Levante contavano per il 50 per cento sui mercati dei due Paesi Tokyo potrà contare soprattutto sui lavori di riparazione delle imprese danneggiate, le quali erano appunto in gran parte state costruite da giapponesi. La concorrenza coreana è più che mai agguerrita non solo nei confronti della grande potenza asiatica, ma anche verso i Paesi europei. In questo, Seul è favorita dall'aver potuto tenere in tutte le fasi del conflitto, favorita dalla sua scarsa incidenza sulla politica intemazionale, un basso profilo verso i due belligeranti: i suoi rapporti con entrambi sono sempre stati eccellenti, senza i traumi e le tensioni sui quali si son dovuti muovere i Paesi europei. A questo sfondo politico generale si aggiunge per i coreani un altro fattore. Con un mercato interno relativamente piccolo, e una capacità potenziale in eccesso non appena termineranno i lavori per le Olimpiadi, l'industria delle costruzioni è più che mal spinta a trovare nuovi sbocchi all'estero. Negli ultimi mesi i costruttori hanno fatto, per ora senza esito, cauti approcci verso la Cina, con la quale Seul sta aprendo un cospicuo commercio malgrado la mancanza di rela¬ zioni diplomatiche. «Le prospettive-di pace fra Iran e Iraq — ha dichiarato un portavoce dell'associazione del settore — sono arrivate come una goccia d'acqua in un deserto: Oltre che sfavoriti in partenza per le ragioni suddette, i giapponesi sembrano tuttavia essere anche molto cauti verso i lavori di ricostruzione, non volendo correre troppi rischi, sia in relazione ai finanziamenti sia per le perdite subite. La Mitsui sta ancora cercando di ritirarsi da un progetto di impianto petrolchimico per tre miliardi e mezzo di dollari a Bandar Khomeini, bloccato per mancanza di fondi. Prima di muoversi, le imprese cercheranno di avere assicurazioni dal governo di Tokyo che ci saranno finanziamenti nell'ambito degli aiuti all'estero. A parte la lotta per la ricostruzione, Corea e Giappone si stanno preparando ad affrontarsi anche sul plano delle esportazioni nei due Paesi, che avranno anche immediato bisogno di beni di consumo. Un campo in cui la Corea sta crescendo molto, con prodotti a basso costo e buona qualità anche se non portano il marchio Made in Japan. Fernando Mozzetti

Persone citate: Bandar Khomeini, Fernando Mozzetti