Armi per 50 mila miliardi Finito un business nel Golfo di Gianni Bisio

Armi per 50 mila miliardi Finito un business nel Golfo Bruciato un quarto dell'intera produzione mondiale Armi per 50 mila miliardi Finito un business nel Golfo Brasilia, Santiago e Pechino tra i «miracolati» della lunga guerra Quaranta miliardi di dollari, ossia circa 50 mila miliardi di lire, in otto anni di guerra: è la spesa globale sostenuta da Iran e Iraq per importare armi durante il periodo delle ostilità, quindi senza tenere conto di quanto era stato investito, prima delibo, per la preparazione dei due eserciti. Lo rende noto la rivista britannica Jane 's Defence Weekly su informazioni del Sipri, l'Istituto intemazionale di ricerche sulla pace, di Stoccolma, e dell'Aedo, l'Agenzia Usa per il controllo sulle armi e il disarmo. Con macabra ironia il periodico afferma che "l'ultima vittima della guerra del Golfo è l'industria internazionale delle armi», privata, con la pace, di due grandi acquirenti: solo nell'84, Baghdad e Teheran (Incapaci fino ad oggi di un'autoproduzione sufficiente di armi) hanno rappresentato un quarto degli acquisti mondiali di materiale bellico e circa il 55 per cento dell'import di tutto il Medio Oriente. Nel 1986 Baghdad è stato il primo acquirente in assoluto di armamenti, con 7,7 miliardi di dollari (9600 miliardi di lire), mentre Teheran si è piazzato al terzo posto, con 2,2 (2750 miliardi). Oggi, con il crollo dei prezzi del petrolio e la riduzione dell'estrazione, i due Paesi del Golfo hanno grossi conti in rosso con l'estero: quasi 50 miliardi di dollari di debiti l'Iraq, circa 5 l'Iran. Secondo il rapporto 1987 del Sipri, sono stati 53 i Paesi fornitori di armi, e 27 ne hanno cedute ad entrambi i belligeranti senza fare discriminazioni: anche se Usa e Inghilterra (per l'Iran) e Urss e Francia (per l'Iraq) sono rimasti importanti fornitori per varie vie (Iran gate e triangolazioni comprese), le diverse restrizioni all'export, imposte dall'Onu per far cessare il conflitto, hanno finito per favorire produttori «nuovi» come Brasile, Cile, Sud Africa, Cina, Corea del Nord ed Israele. Nello stesso tempo, mentre molte industrie europee (ad esempio la francese Luchaire, la svedese Bofors o l'italiana Tirrena) sono diventate protagoniste di veri o presunti scandali internazionali, molti Paesi si sono lanciati sul nuovo business, riconvertendo la propria industria sulla produzione bellica (Brasile e Cile). Altri, tradizionali intermediari nei traffici complessi, come la Svizzera o Singapore, hanno alzato i prezzi alle stelle sfruttando la situazione e giocando sulle più strane triangolazioni. Sempre secondo la Jane 's, lo scorso anno l'Iraq ha ricevuto armi da 9 Paesi, l'Iran da almeno 33. Un esempio è emblematico deU'«affare Golfo»: il Brasile, la cui industria bellica ha poco più di dieci anni, ha oggi 350 imprese del settore con 100 mila addetti e le esportazioni di armi (in genere materiale a bassa tecnologia) avrebbero eguagliato quelle di caffè, raggiungendo nell'86 i due miliardi di dollari, circa duemilacinquecento miliardi di lire, in massima parte per vendite all'Iraq. Discorso non diverso per il Cile, dove l'industria bellica, nata dal rifiuto degli americani di cedere equipaggiamenti militari al regime dittatoriale,, è diventata fornitrice dell'Iraq. L'Argentina ha invece venduto carri armati per 1,7 miliardi di dollari all'Iran. U Sud Africa non ha fatto discriminazioni: i suol cannoni G5 da 155 mm (40 km di portata) hanno equipaggiato nel Golfo entrambi gli eserciti: solo a fronte di un contratto da 400 milioni di dollari (500 miliardi di lire) con Baghdad, con la clausola dell'esclusiva, sono cessate le forniture a Teheran. Anche la Cina ha sfruttato l'affare, se è vero, come sostiene il Janp's, che l'export dei primi tre anni di guerra a Iran (munizioni, artiglierie, missili antiaerei e antinave) e Iraq (carri e aerei) è stato maggiore dell'export totale dei precedenti 25 anni Si stima che Pechino, insieme con la Corea del Nord, dopo l'85 abbia provveduto al 70 per cento delle necessità belliche iraniane. Ma armi per miliardi di dollari sono arrivate anche da Siria e Libia, dal Vietnam (che ha saccheggiato i depositi Usa di pezzi di ricambio per l'Iran), dall'Austria (200 obici Noricum GHN-45 da 155 via Giordania), dalla Svezia (esplosivo, missili Rbs-70 e le 50 imbarcazioni veloci Boghammar dei pasdaran), dalla Francia (missili Exocet e 450 mila proiettili da 155 mm in 3 anni). Un flusso di morte che ora dovrebbe diminuire, anche se nessuno si illude che cessi del tutto. Gianni Bisio

Persone citate: Inghilterra