Alemi: l'inchiesta scontenterà tutti

Alemi: l'inchiesta scontenterà tutti Alemi: l'inchiesta scontenterà tutti Già nell'86 il magistrato aveva confessato a un cronista di «sentirsi solo» - «Non sono né comunista né democristiano; le mie simpatie vanno piuttosto al pri» NAPOLI — Quarantaquattro anni ben portati, modi pacati ed un'abituale riservatezza. Carlo Alemi,-moglie e due Agli, ha sempre protetto il suo «privato» confessando un'unica passione che esula dal ruolo del magistrato, quella per il Napoli di Maradona. A chi lo ha accusato di essere un giudice «di parte», ha replicato in questi giorni marcati dalle polemiche sul «caso Cirillo» con una ammissione: «Non sono -né comunista né democristiano, se c'è un partito al quale va la mia simpatia è quello repubblicano». Di lui amici e nemici riconoscono la serietà professionale che dagli esordi come pretore del lavoro lo ha accompagnato nell'incarico all'ufficio istruzione del tribunale di Napoli assunto dieci anni fa. Sul suo tavolo, a partire dalla fine degli Anni 70, sono approdate alcune delle inchieste più scottanti, i misteri e le sanguinose imprese della camorra, gli «anni di piombo» del terrorismo. Sua è l'istruttoria sull'omicidio dell'avvocato Giulio Battimeli!, assassinato sulle scale di casa per volere di «don» Raffaele Cutolo, da Alemi rinviato a giudizio e poi condannato all'ergastolo come mandante del delitto. Uno dei tanti episodi della guerra tra clan nella quale, agli inizi degli An¬ ni 80, s'intrecciano le gesta della nascente colonna napoletana delle Brigate rosse. E l'impegno che ha segnato la carriera del magistrato è proprio quello legato al rapimento del consigliere regionale Ciro Cirillo, sequestrato dalle Br il 27 aprile dell'81 e liberato il 23 luglio successivo. Nell'ordinanza di rinvio a giudizio depositata da Alemi il 31 gennaio dell'85, compaiono fatti e personaggi che fecero di Napoli terreno di conquista per terroristi e «soci» della grande criminalità. Da quell'inchiesta fu stralciata la parte relativa alle trattative per il rilascio di Cirillo, alle responsabilità dei servizi segreti e al falso documento pubblicato dall'Unità, divenuti oggetto della «istruttoria-bis» conclusasi la settimana scorsa ed ora al centro di aspre accuse. Alemi, dipanando le trame della colonna napoletana delle Br che aveva ideato il sequestro Cirillo, si occupò anche dell'uccisione del capo della squadra mobile Antonio Ammattirò, avvenuta il 15 luglio dell'82, dell'assalto alla caserma Pica di Santa Maria CapuaVetere. Ma per sei anni il giudice Carlo Alemi ha continuato ad indagare sulle trattative per la liberazione di Cirillo, la parte più spinosa di quell'inchiesta. E che la ricerca della verità apparisse difficile, Alemi lo confessò a un cronista nell'86: «Le conclusioni scontenteranno tutti. Questa era e rimane una di quelle inchieste scomode dove il magistrato si trova in pratica solo». Una considerazione che in quel periodo lo spinse a minacciare le dimissioni, poi rientrate per il diretto intervento del capo dell'ufficio istruzione Achille Farina. Quando l'istruttoria si avviava alla fine, Alemi, nel gennaio scorso, ha dovuto affrontare un'altra vicenda scomoda: il suo nome comparve tra 1 «giudici collaudatoli» ai quali il commissario per la ricostruzione aveva affidato i controlli sulle opere del dopo-terremoto. Una presenza, quella dei magistrati, da alcuni ritenuta «non compatibile» con il loro ruolo istituzionale e contrastata da settori del Csm. Adesso, al ritorno dalle ferie, il magistrato troverà ad attenderlo un'altra inchiesta importante alla quale sta lavorando da mesi: lo scoppio negli impianti Agip di Napoli (cinque morti e 250 feriti) avvenuto nel dicembre dell'86. Mariella Cirillo

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