Che bell'ospite il pavone e non è vero che disturba di Sandro Doglio

Che bell'ospite il pavone e non è vero che disturba Che bell'ospite il pavone e non è vero che disturba DALL'ALTO del tetto del fienile di Vito, che ha scelto arbitrariamente come sua residenza notturna, «Pannella» lancia il suo grido, in cui ai suoni bassi e sonori — tromboni? contrabbassi? — si succedono note stridule acutissime, come violini suonati maldestramente. .Pannella» è il nome del nostro pavone. Canta, ci hanno spiegato, per richiamare la sua femmina (anzi le femmine, perché sembra non si accontenti di una. ma ne pretenda tre o quattro almeno: glie le stiamo cercando). Canta giorno e notte, e persin lassù sul tetto, di tanto in tanto fa la ruota, spettacolo sempre meraviglioso, affascinante. Da quando abbiamo il pavone, le nostre notti sono più corte; quando torniamo a casa la sera lui ci saluta con il suo stridìo: quando nella stradina passa un'auto, un cane randagio, qualcuno a piedi, lui sembra quasi dare l'allarme e fare la guardia. Dicono che il pavone sia meglio delle oche, per sorvegliare una casa. L'idea di avere un pavone nella casa di campagna ci sorrideva da tempo. Ma ci avevano messi in guardia: -E' troppo rumoroso, insopportabile (ed è quasi vero). Vive spesso sui tetti e manda all'aria le tegole (anche questo e vero). Ci saranno lotte terribili con i cani», e questo non è vero: il pavone sembra essersi imposto: i cani — che pure non lasciano uscire dal pollaio una gallina o un anatroccolo senza saltargli addosso e tentare di spiumarli — si tengono alla larga da lui. fanno finta di non vederlo anche quando viene fin sulla porta di casa, trascinando la sua stupenda coda. Qualcuno nella valle si è trovalo con una nidiata ab- bondante di pavoncella e ci ha portato un maschio e una femmina: «Voi che amate gli animali...». Cosi abbiamo finalmente la coppia di pavoni. Ann, che sa di politica quel che legge sui giornali o vede alla televisione, dopo due giorni che avevamo il pavone ha deciso di chiamarlo Pannella, perché dice che si mette in mostra come Marco. Il pavone è persin riuscito a prendere a Oscar — il nostro gigantesco ocone, fino a ieri dominatore con il suo «qua-qua». oggi quasi ridotto a comparsa nel nostro piccolo zoo — il ruolo di re indiscusso del pollaio. Per logica conseguenza, la femmina del pavone è stata chiamata «Cicciolina»: è bruttina in confronto al suo maschio; non ha penne splendenti o corone di piume, non fa la ruota, ma ha fama di essere un potentissimo richiamo sessuale, quasi un simbolo di ciò che riesce a scatenare nell'irruente suo compagno di vita. Le galline del nostro pollaio — la cui attività sessuale è intensissima per via di un gallo un po' mandrillo, ma rapidissima, quasi sopportata con noia se non con paura — sembra la guardino esterrefatte, forse ammirate per la quantità di inchini, salamelecchi, danze rituali, rincorse e balletti che riesce a provocare nel suo maschio. Da qualche parte avevamo lètto che al primo anno di vita i pavoni sono infecondi: hanno prole — diceva il libro — soltanto dal se¬ condo anno in poi. Evidentemente ogni regola ha le sue eccezioni, perché la nostra pavoncella ha invece deposto qua e là. disordinatamente, cinque o sei uova, poi ha deciso di covarne uno solo, e per una trentina di giorni se ne è stata acquattata sotto un nocciolo, le ali distese a terra a coprire un nido molto rustico, dal quale finalmente è spuntato un pulcino, piccolo piccolo, quasi identico a un normale pulcino di gallina o di tacchina. Se l'è portato trionfante a spasso per un po', amorosamente zampettandogli al fianco, mentre il pavone maschio guardava con apparente indifferenza la scena. Ma un giorno ahimè il pavoncino è scomparso, crediamo lo abbia rapito una gazza (sono belle, simpatiche, ma crudeli: rubano uova e pulcini), o forse un qualche altro animale salito dalla valle. Alla prossima covata, forse la primavera prossima, cercheremo di dar riparo anche ai figli di .Pannella» e «Cicciolina», magari mettendoli per qualche settimana in gabbia, come siamo obbligati a fare con pulcini anatroccoli e ochette, proprio per difenderli dalle crudeli gazze. Una volta il pavone si mangiava. Era considerato un piatto prelibato. In certe vecchie illustrazioni di banchetti lo si vede trionfante su giganteschi piatti di portata, ricoperto dalle sue splendide lunghissime piume; e i libri di cucina dei secoli scorsi ne danno ricette elaboratissime e — apparentemente — molto gustose. Originario dell'isola di Ceylon, forse anche di Giava, viveva nelle foreste vergini equatoriali: sembra sia stato portato in Europa da Alessandro Magno, ed è stato in auge — ornamento e cibo pregiato — fino all'avvento del tacchino. Va da sé che non sapremo mai che gusto ha il pavone, perché è certo che non mangeremo né .Pannella» né «Cicciolina», come non tireremo il collo per metterli in forno a nessuno dei loro eventuali figli. Certi animali ci riesce difficile vederli come possibile cibo: l'oca «Oscar» è di questi, e cosi lo erano la coppia di pecore che avevamo preso ancora agnellini, dopo aver visto una transumanza di ovini che passava nei prati sotto casa e il pastore ce li aveva offerti per un pranzo di Pasqua. ..Oscar» l'abbiamo ancora: le pecore — che ci hanno inondati di figli — le ab¬ biamo regalate a un amico che aveva il problema di tener raso un immenso prato su una collina vicina a Torino. Come tosatrice non c'è niente di meglio che una pecora. L'imbarazzo maggiore che ci provocano i pavoni — adesso che ci siamo più o meno abituati al canto sgraziato diurno e notturno del maschio, e (speriamo) con noi si sono abituati i vicini — è il chiamarli o il presentarli agli amici e ai curiosi che li vogliono vedere. «Questo è Pannella; lei si chiama Cicciolina». Abbiamo infatti la brutta abitudine di dare ai nostri compagni del pollaio — per simpatia, vaghe ricordanze, movenze, o semplicemente per il suono simpatico 0 perché di moda — nomi o cognomi di personaggi illustri oppure di persone che conosciamo. Abbiamo avuto un galletto — piccolo, ma fiero e impettito — che chiamavamo «Amintore». Il maschio dell'ultima nidiata di oche — con un buffo ciuffo sulla testa — l'altro giorno lo abbiamo chiamato «Achille». «Gianni» è stato a lungo il nostro più bel fagiano, nato da una dozzina di uova trovate in un campo e covate da una gallinella americana. «Cesare» era il nome del robusto poney che trainava con incredibile energia, anche su strade in salita e dal fondo dissestato, un bellissimo calesse. Il primo colombo che abbiamo avuto l'abbiamo chiamato «Emilio». A scegliere i nomi è sem¬ Qualcuno dice che fa la guardia meglio di un cane ma il vero divertimento è seguirlo nelle sue scorribande nel cortile e quando canta per le sue femmine pre Ann. con molta arguzia e con quel pizzico di anticonformismo che le viene dall'essere straniera. Conoscendo gente, leggendo o guardando la tv. ogni tanto dice: «Ecco un bel nome per quel pollo che va a rubare il grano fin nel sacco». Oppure: «Quello sarebbe il nome giusto per quel tacchino che non fa che ingrassare... Adesso sta cercando il nostro animale più difficile da capire per dargli nome .Ciriaco». Sandro Doglio pre Ann. con molta arguzia e con quel pizzico di anticonformismo che le viene dall'essere straniera. Conoscendo gente, leggendo o guardando la tv. ogni tanto dice: «Ecco un bel nome per quel pollo che va a rubare il grano fin nel sacco». Oppure: «Quello sarebbe il nome giusto per quel tacchino che non fa che ingrassare... Adesso sta cercando il nostro animale più difficile da capire per dargli nome .Ciriaco». Sandro Doglio

Persone citate: Alessandro Magno, Pannella, Sandro Doglio

Luoghi citati: Europa, Torino, Vito