La dieta delle spugne schizzinose

La dieta delle spugne schizzinose Studiato al microscopio elettronico il meccanismo della cattura e della selezione del cibo La dieta delle spugne schizzinose SI può assistere in laboratorio a uno strabiliante spettacolo di magia. Basta prendere una spugna marina, magari una Microciona prolifera o una Ophlitospongia serìata. la si spappola ben bene in un mortaio, poi la si filtra attraverso un setaccio o una sottilissima garza. In questo modo le cellule di quell'animale pluricellulare si separano. Ma dopo qualche tempo, ecco la sorpresa: le cellule separate si riawicinano spontaneamente l'una all'altra con movimenti ameboidi, cioè emettendo e ritraendo alternativamente prolungamenti molli, cosi come fanno quei semplici organismi unicellulari che sono le amebe. Riaggregandosi, riformano la spugna originaria. Come la mitica Fenice che risorge dalle ceneri. Sono circa diecimila le ó;jecie di spugne che popolano i fondali marini del mondo da 500 milioni di anni. Sono diffuse dai poli ai tropici, dal livello della bassa marea ai 5500 metri di profondità. Misurano da pochi millimetri a oltre due metri di diametro e hanno le forme più strane. Alcune sono maliose creature coloratissime, come la ariosa Euplectella nota con il nome di «cestello di Venere» che sembra un artistico calice di merletto o come le splendide Axinelle slmili a vistosi candelabri rosso brillante. Un tempo gli uomini di scienza erano convinti che le spugne fossero piante. Ingannava la loro assoluta Immobilità. Ma è una immobilità solo apparente. Nel loro interno c'è qualcosa che si muove a velocità tale che l'occhio umano non riesce nemmeno a percepirlo. E' 11 vorticoso turbinio di finissime ciglia o «flagelli», prolungamenti di speciali cellule che tappezzano la cavità interna del corpo. Queste strane cellule, chiamate «coanociti», si trovano soltanto in alcuni protozoi, i Coanoflagellati. Ciascun coanocito è fatto a forma di pera e porta all'apice un sottile frustino mobile, il flagello per l'appunto, circondato alla base da un collaretto trasparente che sembra un bicchierino. I flagelli numerosissimi, con il loro moto perpetuo aspirano l'acqua dall'esterno come una pompa idraulica e la fanno circola¬ re nel corpo. L'acqua penetra nella spugna attraverso una quantità di «porte d'Ingresso», gli Innumerevoli forellini che perforano la parete esterna. Sono i «pori Inalanti» che, attraverso un canalino. Immettono nella cavità centrale del corpo a forma di sacco. Sebbene manchi un sistema nervoso che 11 governi, questi pori sono stranamente saggi. Se l'acqua è ricca di sostanze nutritive e di ossigeno, si aprono per lasciarla entrare. Ma se l'acqua è inquinata da sostanze nocive, si chiudono. Si può quindi dire che «sentono» l'inquinamento. Dopo aver circolato nel corpo, depositandovi ossigeno e sostanze nutritive e inglobando prodotti di rifiuto, l'acqua sfruttata non se ne esce dai pori da cui è entrata. Questa volta imbocca il portone principale, il cosiddetto «osculo», che corrisponde alla bocca del sacco. Spesso le spugne crescono assieme, l'una attaccata all'altra a formare colonie. Naturalmente l'azione filtrante delle colonie è incomparabilmente maggiore di quella degl individui iso¬ lati. Un esempio. La Suberites domuncula filtra dodici litri di acqua al giorno, mentre alcune grosse spugne coloniali delle Bahamas ne filtrano due litri al minuto, pari a 2800 litri il giorno. Si può ben capire da queste premesse come debba essere stato difficile per gli zoologi dare una collocazione precisa nella scala dei viventi a esseri cosi primitivi e eccezionali al tempo stesso, privi di sistema circolatorio, respiratorio, escretore, riproduttore e persino di cellule nervose. Alla fine, si decise di creare per loro una speciale categoria: il phylum dei Poriferi. Di che cosa si nutrono le spugne? Di organismi microscopici che fanno parte del plancton. E' il microscopio elettronico che ci ha svelato come avviene la cattura del cibo. I coanociti fanno da filtro-trappola. Il loro collaretto a bicchiere non è una struttura unica, ma risulta dall'unione del tanti bastoncini (da 30 a 45) simili ai paletti di uno steccato. Quando lo investe il flusso d'acqua provocato dalla vibrazione dei flagelli, lo steccato fa da filtro, trattie¬ ne le particelle alimentari, che vengono poi distribuite a tutte le cellule del corpo. Si è scoperto di recente che alcune spugne, mangiando residui radioattivi, decuplicano 11 loro volume. E' successo nelle acque californiane, dove gli scienziati atomici hanno trovato spugne giganti del diametro di un metro e venti, mentre le dimensioni normali della specie si aggirano sui dodici centimetri. Le spugne erano impiantate su alcuni fusti contenenti materiale radioattivo, gettati in mare al largo di San Francisco. Evidentemente quei barili non erano a tenuta ermetica. Le spugne da bagno sono oggi in prevalenza sintetiche. Quelle naturali altro non sono che lo scheletro corneo disseccato e candeggiato di specie coloniali, appartenenti ai generi Spongia e Hippospongia. L'uso delle spugne risale molto indietro nel tempo. Nell'antica Grecia la spugna intrisa nel miele costituiva il succhiotto ideale che le mamme mettevano in bocca ai lattanti. Nel Medioevo, la spugna carbonizzata si usava come rimedio principe contro la scrofolosi e altre malattie. Nel XVI secolo veniva usata, per il suo alto contenuto in iodio (fino al 14 per cento del peso secco) come rime¬ dio contro il gozzo. E in Unione Sovietica, quando ancora non vi si importavano i cosmetici dei Paesi occidentali, le donne ricorre¬ vano alla -droga badiaga.. una polvere ricavata dalle spugne, per imbellettarsi le guance. I. Lattes Coifmann 1.2.3: schema dei canali in alcuni tipi di spugne: 4: cellule flagellate; 5.fi: spicole e anfidischi; 7.8: gemmule; 9.10: larve; 11.12.13.14.15.16: vari tipi di spugne; 17: scheletro: 18: cavità gastrale

Persone citate: Lattes Coifmann

Luoghi citati: Bahamas, Grecia, San Francisco, Unione Sovietica