Da cafoni a briganti di Francesco Rosso
Da cafoni a briganti «Indietro Savoia» di Salvatore Scarpino Da cafoni a briganti DELL'ATTIVITÀ' dei briganti nel Meridione c'è da riempire un'intera biblioteca, tanti sono gli studiosi che si sono interessati a quel fenomeno, a incominciare da notissimi meridionali o -meridionalisti» come Giustino Fortunato, Benedetto Croce, F. S. Nitti. L'argomento continua ad interessare, anche per l'alone di romanticismo che avvolge tuttora -l'epopea del brigante». Fra Diavolo compreso. L'ultimo saggio, -Indietro Savoia», viene da un autore calabrese. Salvatore Scarpino, di Cosenza. Proprio la Calabria fu la regione dei primi, più agguerriti ed irriducibili gruppi di briganti organizzati, inventori dei sequestri di persona. Da li, il fenomeno si diffuse in altre regioni, specie in Basilicata e nella Murgia pugliese, e per una cinquantina d'anni insanguinò tutto il Meridione. Ma, fatto singolare, mentre nella Basilicata e nelle Puglie il brigantaggio scomparve definitivamente, vigoreggiò nel Napoletano, in Calabria ed in Sicilia. Quali le cause di quel fenomeno? Tutti, o quasi, le indicano nella cieca repressione -piemontese» dopo l'Unità ed i Plebisciti, e forse è un modo un po' distorto di scaricare soltanto sui -piemontesi» (ma c'erano anche lombardi, veneti, toscani) le colpe di quei sanguinosi scontri. E' possibile che nell'intero Mezzogiorno sia nata improvvisa la rabbia per la deposizione del re borbonico e l'arrivo dei polentoni, incapaci di comprendere la reale situazione del Sud? Il brigantaggio fu un fenomeno inevitabile per lo scontro di due mentalità opposte, come dice Scarpino, ma anche per l'eredità secolare lasciata dai Borboni. L'autore scrive che i -piemontesi» credettero di andare alla conquista del Bel Regno ricco di industrie e dall'agricoltura molto progredita; sapevano cioè solo quanto apprendevano i diplomatici ospiti nelle regge di Napoli e di Caserta, ignorando il profondo Sud. / telai di San Leucio, presso Caserta, le ferriere nella Serra calabrese erano un po' lo specchietto per le allodole. Se ne avvidero quando scoprirono il latifondo ed i cafoni quasi servi della gleba affamati e miseri che, approfittando dell'improvviso vuotò di potere, si buttarono sulla terra, convinti di potersela prendere. Quando si resero conto che dovevano tornare allo stato primitivo, divennero briganti. Intorno, fiorì la leggenda creata da scrittori e fantasiosi testimoni. Anche nella guerra coi briganti accorsero molti personaggi che pensavano di servire la giusta causa battendosi per il detronizzato Borbone, contro il Piemonte invasore. A questo punto vien da domandarsi se davvero l'Unità d'Italia fu una necessità storica. Debellato il brigantaggio ottocentesco, e lo rileva anche Scarpino, è sorto il ceppo della malavita organizzata; leggi camorra, mafia, 'ndrangheta. Gli antichi mali hanno lasciato cicatrici che difficilmente scompariranno. Scritto con stile agile, dando il giusto peso ai briganti ed alle brigantesse in una storia che parla quasi esclusivamente di loro, Salvatore Scarpino ha scritto un libro che alla documentazione storica unisce il fascino dell'avventura, e si legge come un romanzo picaresco. Francesco Rosso Salvatore Scarpino, «Indietro Savoia», Camunia, 176 pagine, 28.000 lire.
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