La Biennale ieri e oggi di Angelo Dragone

La Biennale ieri e oggi La grande mostra veneziana nel catalogo Fabbri e in un dossier storico curato da Adriano Donaggio La Biennale ieri e oggi OMAGGIO per le nozze d'argento di Umberto I e Margherita, se non fu piuttosto, anche questa motivazione, una felice trovata pubblicitaria, la Biennale d'arte di Venezia nacque il 19 aprile 18S3 da una delibera del Comune, sindaco Riccardo Selvatico. Sospesa durante le due guerre mondiali, coinvolta dalla contestazione nel 1974. la Biennale è giunta quest'anno alla quarantatreesima edizione, riconfermandosi come la più famosa rassegna internazionale d'arte contemporanea. Della mostra, che ha assunto come titolo «Il luogo degli artisti», il catalogo ufficiale (Fabbri Editore. L. 35.000) nelle sue 344 pagine ampiamente illustrate documenta la partecipazione di 265 artisti di 44 Paesi, Italia compresa, con saggi d'una cinquantina di autori. Ma sono almeno un'ottantina le monografie edite per l'occasione sui principali interpreti della grande mostra allestita tra i Giardini di Sant'Elena e le «Corderie» dell'Arsenale. Si va da Jasper Johns, che occupa da solo il padiglione Usa. a Shigeo Toya. il giapponese che rivela un privilegiato rapporto col legno; dall'austriaco Siegfried Anzingher, che si distingue per il segno neoespressionista, a Tony Kragg dal britannico «a solo- plastico. Una particolare attenzione merita però il volumetto in cui Adriano Donaggio ha ripercorso l'intera storia della Biennale veneziana muovendo dal remoto atto di nascita. A questo tema Donaggio ha dedicato l'inserto speciale di ■ ART Dossier, edito da Giunti (Firenze): cinquanta pagine nello stesso formato dell'ultima serie dei cataloghi che, tra storia e cronaca, rievocano le tappe essenziali della rassegna, quasi scandite dal periodico neic look della facciata del padiglione Italia. Ci sono la facciata inaugurale di De Maria e Bezzi (1895) e la successiva di Guido Cirilli del '14, modificata nel '30, cui fece seguito nel 1932 la struttura novecentista di Duilio Torres, ripresa nel '68 da Carlo Scarpa. Ad attirare il pubblico erano naturalmente i «nomi» sui quali di volta in volta le rassegne puntavano, e.con loro, l'eco, non sempre tempestiva, del rinnovamento artistico connesso con gli sviluppi dalle avanguardie. Si privilegiava semmai la prudenza: al punto che, come ricorda Donaggio, nel 1905 si preferi escludere dall'esposizione un quadro di Picasso temendo lo scandalo d'una scioccante novità. Perfino Ardengo Soffici, dopo aver visitato a Parigi lo studio del pittore, aveva scritto a Prezzolini: «Forse è meglio aspettare a farlo vedere in Italia un'altra volta-. Per assicurare spazi più adeguati alle rappresentanze straniere, fin dal 1907 si incominciò, con quello del Belgio, la costruzione dei padiglioni. Nel '14 erano già sette, poi sono via via saliti fino a 27. quanti sono oggi; l'ultimo, del Brasile, è stato realizzato nel '64. Ciascuno in grado di riflettere nel proprio stile la cultura dei rispettivi Paesi: come il padiglione austriaco strutturalmente scandito nel '34 dal progetto di Hoffmann o l'altro, a capanna, disegnato nel '56 da Alvar Aalto per la Finlandia. Nonostante il carattere internazionale della manifestazione, e un certo aggiornamento sul versante tedesco visto attraverso la Secessione monacense, si dovette attendere fino al 1910 per avere delle presenze internazionali di assoluto rilievo: la memorabile sala di Klimt e la personale di Renoir. ma anche le retrospettive di Courbet e di Monticelli. Ensor vi ebbe una sala nel 1914. Dominavano tuttavia ancora a quell'epoca il naturalismo ottocentesco e il simbolismo divisionista dell'ultimo Segantini e di Previati. Soltanto con la nomina a segretario generale di Vittorio Pica, che fin dal 1908 si era occupato degli Impressionisti francesi, la Biennale del primo dopoguerra approdò ad una serie di straordinarie retrospettive: nel '20 Hodler per la Svizzera, e due anni dopo Kokoschka e Kirckner con gli espressionisti tedeschi nel padiglione germanico: sempre nel '20, Van Gogh ospite del padiglione olandese mentre la Francia accoglieva le retrospettive di Paul Signac. di Cézanne. Seurat e Redon. L'Italia nel '22 rese omaggio a Modigliani morto nel '20. mentre la Germania prenazista presentava Marc, Nolde. Klee e gli espressionisti fino a Dix e a Beekmann. Ancora nel '40 Permeke. sia pure isolato, ribadiva il senso delle .vecchie» avanguardie. Merito di Donaggio è di aver fornito non soltanto una sorta di selezione degli avvenimenti, ma di averne spesso proposto una persuasiva chiave di lettura, mostrando come certi caratteri nazionali confluissero nella più vasta e diramata cultura internazionale. A questa si era d'altra parte ricondotta la stessa Biennale, soprattutto negli ultimi suoi sviluppi, attraverso la proposta di temi unitari come Arte e Arti. Arte e tecnica, Arte/Natura, Arte e Alchimia, dotate, ognuna, di singolari capacità di coinvolgimento. Al valore spettacolare delle esposizioni hanno contribuito anche gli allestimenti che Donaggio ha giustamente segnalato in un breve capitolo prima di accennare ancora alla Biennale uscita dalle ultime riforme e ai fenomeni di polemica antitesi che, all'immagine dell'istituziuone veneziana, hanno infine contribuito a dare il più chiaroscurato vigore. Angelo Dragone