Gli 8 anni di guerra tra città e fabbrica di Omero Marraccini

Gli 8 anni di guerra tra città e fabbrica Gli 8 anni di guerra tra città e fabbrica Dopo il primo incidente (luglio '80) i primi comitati di lotta - Il referendum ha deciso la chiusura, ma c'è il problema occupazionale MASSA CARRARA — Un gran botto. Uno schianto da lacerare i timpani, seguito da un ruggito furioso. Fiamme altissime e ancora uno scoppio che ha fatto tremare le case dalla Valle del Frigido al mare. Sordo e potentissimo, come quei tuoni d'estate che si inseguono lungo le vette delle Apuane. Cosi ieri, alle 16,17, con lo scoppio del serbatoio contenente 50 mila litri di una miscela di cicloesanone e rogor (un fitofarmaco di grande potenza che molti Paesi del mondo fra cui gli Usa rifiutano perché ritenuto dannoso all'uomo), si è riproposta per gli abitanti di Massa e per le migliaia di villeggianti che popolano la Versilia e l'Apuania la realtà insidiosa dello stabilimento Farmoplant (gruppo Montedison), che ormai da otto anni è messo in discussione dall'opinione pubblica che lo rifiuta per i pericoli di inquinamento che rappresenta. Ieri mattina, 17 luglio, si è infatti drammaticamente riproposto, in proporzioni ben maggiori, ciò che accadde 8 anni fa, il 17 agosto 1980, quando per un guasto all'impianto un'altra nube tossica oscurò il cielo di Massa e della Versilia provocando il panico e la fuga della gente fino alle porte di Viareggio. Da allora si iniziò per gli abitanti di Massa la guerra contro la -fabbrica maledetta» inaugurata nel 1975, considerata un -modello di sicurezza» per le tecnologie avanzate applicate. Ma qualcosa non funzionava a dovere già da allora: gli sca¬ richi industriali misero in allarme le Usi e si cominciò a parlare di -inquinamento delle falde acquifere» di cui la zona è ricchissima. Fu necessario chiudere alcuni pozzi. Cominciò a prendere corpo un sempre più vasto movimento di opinione, soprattutto attraverso comitati di base e associazioni come Medicina Democratica. La spinta maggiore, decisiva, venne con la costituzione del Comitato cittadini di Massa e Carrara che si battè per ottenere la chiusura della Farmoplant, le cui licenze venivano rilasciate di tre mesi in tre mesi dal sindaco. In seguito alla nube dell'80 si tenne al ministero dell'Industria una riunione che si concluse con un accordo che consentiva la ripresa della produzione nell'azienda, ma poneva anche i presupposti per indire un referendum popolare. Il voto popolare dell'ottobre scorso fu chiaro: l'80% dei massesi si pronunciò per la chiusura immediata della fabbrica. Il sindaco non rinnovò i permessi alla Farmoplant, che serrò i cancelli minacciando il licenziamento dei 400 dipendenti. La «vertenza» assunse toni molto aspri: da una parte i dipendenti Farmoplant che difendevano il posto di lavoro; dall'altra le categorie interessate a difendere l'ambiente e soprattutto gli interessati alle attività turistiche. Il Tar della Toscana autorizzò l'azienda a riprendere la produzione, ma il Consiglio di Stato nell'aprile scorso confermò la decisione del Comune di non rinnovare la licenza all'azienda. Nel frattempo il ministro Ruffolo ha nominato una commissione presieduta dal prefetto Fausto Meloni che ha sentenziato: -L'attività della Farmoplant è compatibile con il territorio ma non con la salute dei cittadini». Tutto finito a questo punto? No. Perché intanto la Lega ambiente ha presentato un ricorso alla magistratura ordinaria. Perché nel frattempo è cresciuta nella popolazione l'avversità per la fabbrica: una bomba è scoppiata lo scorso mese davanti ai cancelli ed ignoti nei giorni scorsi hanno sparato oltre la recinzione. Due episodi emblematici dell'aria che tira da queste parti. Omero Marraccini

Persone citate: Fausto Meloni, Ruffolo

Luoghi citati: Massa, Toscana, Usa, Viareggio