Da Hancock a Dave Pike il jazz è grande ad Aosta

Da Hancock a Dave Pike il jazz è grande ad Aosta Tre giorni di musica per una forte rassegna che promette Miles Davis il 23 luglio Da Hancock a Dave Pike il jazz è grande ad Aosta I concerti si sono svolti all'Arena: c'erano anche Gianni Basso, Giovanni Tommaso, Gerry Mulligan, Tony Williams DAL NOSTRO INVIATO AOSTA — Ieri sera, in scena Herbie Hancock (con Michael Brecker) e Giovanni Tommaso, si è conclusa con un arrivederci la prima parte della rassegna: il prossimo appuntamento è per sabato 23 con Miles Davis in persona. Aosta fa le cose alla grande e quest'anno il suo festival espone un cartellone — organizzato con l'Aics — che mette in primo piano il jazz internazionale (con i big americani ma anche con tanti italiani). Il festival si era iniziato venerdì sera (all'Arena) sotto un cielo plumbeo e con un'arietta sferzante. Il jazz era caldo con la «AT band» di Gianni Basso. Di impostazione mainstream l'orchestra astigiana ha portato il bel tempo e arroventato l'ambiente con un ampio repertorio dove il sapiente spazio arrangiato si alternava ai brillanti exploit dei solisti (si segnalano in particolare la tromba di Giampaolo Casati, i sassofoni di Basso, di Chiara, di Albano, e l'eccellente •ritmica, formata dal trio Pozza. Milanese, Pillot). Dopo la big band italiana, un quintetto americano e che quintetto. E' quello diretto da Tony Williams con Wallace Roney alla tromba. E' jazz d'assalto. Moderno ma non troppo, qualche cosa che sta in equilibrio tra l'hard-bop dei vecchi .Messenger» e la tentazione di tracciare l'indefinibile tipico delle nuove generazioni. I brani e i momenti variano di tendenza. Ne ascoltiamo di quelli costituiti da pochi accordi ma anche altri che sono più complessi e articolati nelle armonie. Il repertorio è vario e non dà sosta all'ascoltatore né agli esecutori. Williams dirige il gruppo con autorità. Sovente il brano in programma è introdotto da un lungo intervento di batteria dove Tony esprime con grinta e velocità pugilistiche una musicalità che è anche fatta di potenza. Potere e non rumore. Energia e non aggressività. Una storia africana nella quale spettacolo e rito si confondono e raccontano la medesima storia. Tony Williams, che da oltre vent'anni è il drummer numero uno del mondo (con alle spalle un esercito di celebri imitatori), esprime più di qualsiasi altro suo collega l'essenza di un jazz contem- poraneo appena uscito dalla crisi delle contaminazioni (la «fusion») e ora avviato a un recupero delle •radici.. E' lui (con Roy Haynes ed Elvin Jones) che ha portato avanti (dagli Anni Sessanta in poi) la lezione dei Clarke e dei Blakey per ottenere sul suo strumento quella fluidità di fraseggio che traduce in melodia un contesto per definizione ritmico. Dopo una lunga parentesi condotta sul filo del rock, Tony ritorna sulla scena del jazz e con stile. Eccellenti i partners: dall'emergente trombettista Roney (Marsalis e Blanchard è meglio che lo tengano d'occhio), al pianista Miller. Gerry Mulligan, sabato sera. Capelli lunghi e barba bianchi, elegantissimo nello smoking, Mulligans dirige una solida big band che in questa lunga estate lo segue da un festival all'altro. Solista forse sopravvalutato nel passato, Gerry Mulligan vive di gloria retrospettiva certamente ma i suoi concerti sono comunque un momento prezioso per chiunque ama il jazz. Un certo tipo di jazz, quel jazz fatto con classe, con perizia professionale, un jazz da perfezionisti senza essere arido. Un eccellente spettacolo dove professionalità e cultura fanno di Gerry Mulligan un autorevole protagonista. Assolutamente geniale il vibrafonista Dave Pike che in quartetto ha dato il cambio ai diciotto solisti di Mulligan. Quella di Pike è musica diretta, immediata. Improvvisatore naturale, fecondo, un torrente di idee che si inseguono — e che si agganciano, proposta dopo proposta — Dave Pike ha eseguito una serie di brani standard tratti dal più classico repertorio: «It Coult Happns To You», poi un blues di Miles Davis, poi «Lover Man., poi «I'il Remember Aprii, eccetera, rivisti secondo un'interpretazione che è sempre vigile ma lirica, densa di abbandoni lirici. Ammiratore di un Milton Jackson e maestro di un Bobby Hutcherson, Pike non teme il confronto con i più celebri colleghi. Ci si chiede come mai un solista di tanta classe non condivida la notorietà ottenuta da altri big sovente meno interessanti di lui. Una domanda senza risposta perché Dave Pike è un poeta che non ha orecchio in fatto di businness: -I like to play, man. that's all!.. Dopo Aosta il grande jazz si sposta a Torino. Questa sera alla Pellerina c'è Wynton Marsalis. E' considerato il più interessante trombettista di questi anni. Come Williams arriva da esperienze molto avanzate ma ora sta indirizzando la mira verso un jazz più tradizionale. E' l'idolo dei giovani che ha convinto proprio lutti- Franco Mondini Dave Pike nella seconda serata con grande successo

Luoghi citati: Aosta, Torino