Mozart e la Camargue

Mozart e la Camargue Dalle arie gitane ai Festival della costa marinara Mozart e la Camargue Messa in do minore non lontano dalla cattedrale della Grande Motte LA GRANDE MOTTE — Quando Darius Milhaud scrisse un'opera su Orfeo ambientandola nella Camargue (Les malheurs d'Orpnée) sembrava che in quella regione della Francia meridionale non potesse esserci altra musica all'infuori di quella dei gitani. Ora però le cose stanno molto diversamente: la Camargue e le altre regioni litorali sono diventate nella stagione estiva un immenso contenitore di musica. I Festivals sono ovunque e si va da quelli celebri come Avignone, Aix-en-Provence e Montpellier a quelli che si svolgono nei castelli realizzando un efficace contrappunto di strutture architettoniche antiche e moderne. Un esempio singolare di questo contrappunto di immagini lo abbiamo avuto in questi giorni tra la Grande Motte ed il castello di Castries. La prima è una località balneare modernissima costellata di edifici di forma piramidale, una classica amnifestazione di quel gusto neo-babilonese che ha attecchito benissimo in Francia, la seconda, a pochi chilometri di distanza, un grandioso castello dell'epoca di Luigi XHI. Nel sontuoso cortile rinascimentale del castello di Castries, a pochi chilometri dalle piramidi della Grande Motte, si fa musica davanti a un pubblico che affolla gradinate e giardini. L'orchestra di Perpignan ed il coro della regione Languedoc-Rousstllon, sotto la direzione precisa e sensibile di Daniel Tosi, eseguono la Messa in Do minore K. 139 di Mozart. Nel 1768, all'età di soli 12 anni, Mozart compose questa Messa che fu solennemente eseguita a Vienna e rappresenta una delle prove più straordinarie della sua precocità SI sente che aveva già un mestiere impeccabile, conosceva egregiamente la musica da chiesa austriaca e sapeva districarsi benissimo tra i luoghi comuni imposti da quello stile. Certo si tratta di luoghi comuni; come definire altrimenti il battito dei timpani e 11 risuonare della tromba nel Crucifixus? Tanti compositori prima di lui avevano sfruttato quel procedimento sonoro che sembra mimare la brutalità e lo strazio dei chiodi che penetrano nella carne appendendo il Cristo alla croce, ma l'immaginazione sonora del Mozart dodicenne impugna quei ferri vecchi della retorica musicale con una sorta di fiducia immacolata nel potere descrittivo e drammatico della musica. Il bambino che compone questa musica non è solo giudizioso e sapiente: l'Intuito e l'emozione sono sempre in agguato e cosi l'inizio del Credo si dipana, nella parte corale, su un movimento ostinato degli archi dalla forma circolare. L'intuizione ha fatto si che Mozart comprendesse come quella del movimento rotante sia l'immagine più appropriata per rappresentare musicalmente il concetto di preghiera. Certo prima di lui lo avevano già fatto molti musicisti ed altri avrebbero continuato a farlo, fino alla Stravinskji della Sin/onta di Salmi, ma qui è proprio la forza dell'intuizione a dettare quella scrittura cosi perentoria ed efficace ed altrettanto sicuro è in questo componimento l'affacciarsi dell'emozione. All'inizio delMonus Dei si ode un dialogo tra il trombone ed il violoncello che pare l'esposizione di un dilemma destinato a dissolversi in Immagini di dolcezza. Sono le voci che poco alla volta riusciranno a modulare fino ai doni della speranza, descritte qui in tutta la timidezza e la titubanza che precedono il grande volo. Al di là però dell'alternanza di convenzione e originalità si percepisce nettamente la rara fluidità di questa musica che sa concatenare mirabilmente un episodio all'altro, una segreta e superiore coerenza che come una linfa vitale penetra in ogni fibra del componimento conferendogli una amabilità e una dolcezza delle più rare. Enzo Restagno

Luoghi citati: Avignone, Castries, Francia, Vienna