Spagna il girasole sconfigge i tori

Spagna, il girasole sconfigge i tori Nuove colture nei pascoli andalusi in previsione delle prospettive economiche della Cee dal '92 Spagna, il girasole sconfigge i tori Una rivoluzione ecologica si sta compiendo nel sud iberico - Gli animali della corrida devono lasciare le terre fertili per emigrare verso le zone montagnose della «Sierra» - Il caso dell'antico allevamento di don Alvaro Domecq Don Alvaro Domecq y Diez, conosclutissimo allevatore di splendidi tori da corrida, ha dovuto convertire i pascoli più fertili e più belli del suo allevamento in Andalusia, vicino a Jerez de la Frontera, in campi di barbabietole e carote. Qualcosa sta accadendo alla corrida. Qualcosa di nuovo è nell'aria, fuori delle arene sempre più gremite, lontano da Madrid e da Siviglia che hanno appena celebrato l'annuale apoteosi dell'antichissima *Fiesta de Toros». E' solo un segnale: indica però che la corrida sta rischiando di entrare in collisione non con la cultura della «nuova» Spagna, ma con le sue europee strategie economiche e imprenditoriali. Come agli altri suoi colleghi .ganaderos» di antica tradizione, con il corso socialista una nuova legge ha imposto a Alvaro Domecq, contro l'esproprio statale delle terre, la poco gloriosa conversione. Le leggi dell'economia sembrano più severe di quelle culturali, e, contro la tauromachia, dove non ha potuto il rapidissimo processo di trasformazione culturale vissuto in questi ultimi anni dalla Spagna, potrebbe forse un principio che impone il massimo sfruttamento delle risorse naturali in vista del profitto. E che perciò non ammette resistenza di centinaia di ettari di terra piana, ricca d'acqua, non coperta da altro che erba perché il .toro orano» ci possa pascolare in libertà. Da dove il toro sia arrivato in Spagna nessuno lo sa. Si dice però che prima che nel 1700 la corrida moderna fosse inventata, il toro iberico vivesse allo stato brado sulle acquitrinose »marismas» che il fiume Guadalquivir forma sfociando nell'Oceano. L'unico discendente moderno del mitico «urus», il parente più prossimo del toro egizio, ellenico, e poi biblico e cristiano, aveva trovato in quel lembo dì Spagna agli estremi confini europei, in quelle terre paludose ricchissime di sali minerali il più idoneo ambiente naturale. Bonificate, prosciugate, quelle terre a Sud-Ovest di Siviglia dove l'Andalusia «la Bassa, si bagna nell'Atlantico si sono da tempo ricoperte di bassi vigneti, a perdita d'occhio di fronte al mare. E producono, tra sherry (il vino bianco di Jerez) e brandy, mezzo miliardo di bottiglie l'anno esportate in tutto il mondo. Il toro Iberico, dalle *marismas» del Guadalquivir dove non rimane che un piccolo allevamento nascosto, si è dovuto allontanare sui pendii e sulle colline dolci dell'interno. Ma i vecchi continuano a raccontare misteriose fughe dal branco di animali avvistati vicino alle spiagge e al mare. «Los Alburejos» (da «Albur», parola araba che significa incoltivato, selvaggio), la 'fincat dove don Alvaro Domecq alleva tori e cavalli, è situata proprio su quei pendii, tra Jerez e Cadice. Il paese più vicino è la bianca Medina Sldonia, arroccata su una cima che si alza improvvisa. La famiglia dei Domecq, di origine francese, è arrivata a Jerez de la Frontera verso il 1700, e con gli Osborne, 1 Terry, i Gonzales Byass fa parte di quel gruppo di origini cosmopolite oggi totalmente ispanizzato che ha reso famoso nel mondo il ./ino» di Jerez, lo sherry. I loro figli studiano a Dublino, a Edimburgo o negli Stati Uniti, ma anche quando imprendono carriera e affari non abbandonano mai la vera passione familiare: i tori e i cavalli. Come Borja Domecq, nipote di don Alvaro che, in viaggio tra Madrid e Milano durante la settimana, il sabato e la domenica ritorna »ganadero» anche se, per razionalizzare l'organizzazione, chiede al computer I la genealogia del torello che si sta provando per decidere, insieme alla «bravura» che dimostra, se sarà un toro da corrida. Come si alleva oggi un toro da corrida? Come nel caso dei suoi parenti mansueti, i buoi, la selezione degli ani¬ mali da destinare alla riproduzione, maschi e femmine, è il momento essenziale. Ma le analogie con l'allevamento del bestiame da macello finiscono qui. Il .toro brano» non conosce stalle o batterie, né ormoni o tecniche di inseminazione artificiale. Vive all'aperto, negli spazi ariosi e incontaminati delle •ganadertas», sulle vaste praterie appena recintate dove la sola presenza umana è quella dei »vaqueros» a cavallo, e dalle quali la legge sullo sfruttamento dei terreni coltivabili lo sta progressivamente allontanando. Sul libro della •ganaderfa», anima e memoria dell'allevamento, l'allevatore annota attraverso gli anni tutte le informazioni sulle femmine e sui tori, compreso naturalmente il risultato che ciascun toro dà durante la corrida. Un risultato quasi sempre imprevedibile, che l'allenatore non può altro che cercare di intuire dai dettagli di «nobfesa», di combattività e di forza, che maschi e femmine rivelano durante le 'faenas de tieniti», le speciali prove a cui sono sottoposti, in aperta campagna (1 maschi), nella piccola arena dell'allevamento (le femmine). Ma alla corrida il toro arriva (è un divieto custodito dalla legge) senza aver mai visto una muleta, il rosso *engatlo- del torero. I grandi toreri, il gitano Rafael de Paula, l'andaluso Paco. Ojeda, il promettente Fernando Cepeda, scendono spesso circondati da ragazzini spericolati che sperano di emularli nelle piccole arene degli allevamenti, per le • tientas» che selezioneranno le vitelle destinate all'acco- piamento. Si allenano, con il ttraje corto» campagnolo al posto del vestito di lustrini da corrida, cercano una difficile confidenza con l'animale che, adulto, con 1 suoi quattro anni e «cinquecento chili di orgoglio e di bellezza», affronteranno nell'arena. Ma qui, sotto i cieli aperti degli allevamenti, la corrida incombe come da lontano. Qui, come dice lucidamente don Alvaro Domecq, «si preparano animali per la guerra». .Prototipo del cavaliere di antica stirpe campestre», don Alvaro, oggi settantenne, è stato fino al 1950 un'eccezionale figura del *rejoneo», l'aristocratica corrida a cavallo. Amico fraterno dei grandi toreri del passato, di Juan Belmonte e Manolete in particolare, don Alvaro vive in fondo il misterioso, di primo acchito paradossale amore che lega il mganadero» al toro: anni di difficili selezioni, di meticolose, sapienti cure piene di affetto rispettoso per vederlo infine morire nell'arena. Sul toro iberico, con la sua più che cinquantennale esperienza, ha scritto un libro, *El Toro Bravo». Di alcuni dei suoi to¬ ri, i migliori, quelli che hanno fatto grandi in Spagna i colori del suo allevamento, conserva ricordi vivi, precisi. Al nome e in ricordo di alcuni, come Casimiro, Venterò, Abrtleno, Barbanegra o Buenasuertè, ha anche dedicato poetiche Iscrizioni in maiolica, sui muri bianchi del cortile dell'allevamento. Terra fertile, di antichi latifondi, l'Andalusia «La Bassa» è intimamente legata al toro. Lo è la sua cultura, la memoria, il linguaggio e gli usi della gente innamorata della terra punteggiata dalle macchie nere dei tori. E' anzi probabile che proprio l'allevamento del selvaggio «toro bravo» sia quel che ha permesso la conservazione di un esemplare equilibrio naturale, delle distese di prati viola e gialli di iris selvatici e ginestre, dei cieli puliti, degli odori e ritmi antichi della terra con cui l'uomo ha finora saputo vivere in armonia. Oggi, come un tempo dalle «marismas» del Guadalquivir, il toro è cacciato dalle terre fertili e piane in direzione delle montagne della •sterra», dove le femmine sono state le prime ad acclimatarsi forzosamente. Il loro posto, in vista delle nuove prospettive comunitarie che si apriranno nel '92, è preso da coltivazioni intensive di girasoli, barbabietole, carote, con l'arrivo inevitabile di fertilizzanti e preparati chimici. E nella guerra al «toro bravo», per uno strano paradosso culturale, i loro migliori alleati sono i moderni nemici della tauromachia, i verdi, ambientalisti, ecologici difensori della Natura. Anna Rabino U f Una fase di prova sull'aggressività della mucca. Se sarà «feroce» potrà accoppiarsi con il toro