« Vi racconto la mafia sovietica »

« Vi racconto la mafia sovietica » Rivelazioni senza precedenti di un alto ufficiale di polizia a un settimanale « Vi racconto la mafia sovietica » NOSTRO SERVIZIO MOSCA — La parola «mafia» non ha bisogno di traduzione in nessun Paese del mondo, neanche in Unione Sovietica dove esiste un crimine rigorosamente organizzato secondo gli schemi mafiosi più canonici. Quello che si credeva essere un fenomeno tipico del sistema capitalista ha affondato invece le sue radici nel ventre molle del socialismo già dagli Anni 60. L'analisi della sua nascita e delle condizioni che ne hanno permesso lo sviluppo è l'oggetto di un'intervista senza precedenti che il tenente colonnello deila polizia e capo investigatore Aleksandr Gurov ha rilasciato al settimanale Literaturnaja Gazeta. La mafia sovietica non solo esiste, ha la sua rete di protezioni, le sue tariffe, si riunisce In congressi e ha le sue peculiarità che la distinguono da quella occidentale. Una differenza sostanziale con questa, consiste ad esempio nella impossibilità di attraversare liberamente le frontiere: la mafia sovietica è priva dunque di legami trans-nazionali che altrove hanno offerto l'opportunità di costruire veri imperi economici. Inoltre, i mafiosi locali non tentano ancora di legalizzare il proprio capitale reinvestendo il danaro sporco in attività conformi alla legge, ma probabilmente, quando le associazioni in cooperative diventeranno una realtà economica del Paese, la mafia troverà così il modo di riciclare i capitali accumulati illegalmente. La vera struttura mafiosa comincia a manifestarsi, seppure in forma isolata, soltanto negli Anni 60; prima esisteva una criminalità tradizionale che era priva della complicità dell'apparato statale, condizione indispensabile perché si dia il fenomeno mafioso. Negli Anni 60 cominciano inoltre a migliorare le condizioni economiche del Paese e negli Anni 70 la mafia diventa già un fatto sociale. Le varie organizzazioni criminali, e soprattutto quelle legate a «business, decisero allora di unire le proprie forze, e convocarono un congresso (era la metà degli Anni 70) in una città del Caucaso del Nord. I «businessmen» clandestini si accordarono nel pagare il 10 per cento dei loro guadagni alle organizzazioni criminali come tangente in cambio di protezione. Oggi, il crimine organizzato opera in Unione Sovietica su tre livelli: nel primo si trovano i gruppi più semplici che non hanno accesso alla struttura di potere, il cui raggio d'azione comprende alcune zone della provincia russa; il secondo è composto da coloro che mantengono i rapporti con i funzionari corrotti, e il terzo da vari gruppi riuniti in clan, il più forte dei quali comanda gli altri. Ma fino ad ora non esiste una struttura organizzativa statale, Anche in Unione Sovietica esistono zone dove maggior¬ mente si concentrano i nuclei mafiosi, e non solo nelle regioni notoriamente corrotte dell'Asia centrale (gli scandali in Uzbekistan quasi non fanno più notizia) ma soprattutto nelle regioni più ricche della parte Sud europea dell'Urss: nelle città ucraine di Kiev, Leopoli, Odessa, Donetsk e Dnepropetrovsk, cosi come in Moldavia, a Mosca e Leningrado. Con il passare del tempo le tecniche e il raggio d'estorsione si sono raffinate, i capi banda non riscuotono più le tangenti soltanto dai commercianti clandestini ma ora anche dai trafficanti di droga, ladri, venditori notturni di vodka e prostitute. Ogni «prestazione» che l'organizzazione mafiosa offre ha una tariffa stabilita: assoldare un killer per un omicidio costa ad esempio dai 30 ai 100 mila rubli (un rublo vale circa 2000 lire), molto più caro costa invece corrompere un funzionario con un alto incarico. Paola della Fratte

Persone citate: Aleksandr Gurov