Dogmi e volti di Maria di Francesco Vincitorio

Dogmi e volti di Maria UN IMMENSO PATRIMONIO D'ARTE PER LA MADONNA Dogmi e volti di Maria Dal Concilio di Efeso che la riconobbe madre di Dio la sua immagine è andata mutando nei secoli - Il lungo percorso iconografico documentato nelle mostre indette per l'Anno Mariano - Da quella romana inaugurata dal Papa a «Tota pulchra» a Palermo, dedicata all'arte moderna PALERMO — Con vari titoli, numerose mostre hanno punteggiato l'Anno Mariano, promulgato da Giovanni Pao- ■ 10 II. Per esempio, nella Biblioteca Apostolica Vaticana è ancora in corso una splendida rassegna di •Libri d'ore» quasi tutti miniati ed una di numismatica, dedicata a Maria. Nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma, tempio mariano per eccellenza, per alcune settimane, sono state esposte 5 delle più antiche icone della Vergine, conservate nella città. A Cesena, alla Pinacoteca Comunale, dipinti di iconografia mariana della diocesi, datati dal XIV al XVIII secolo. Ultima, questa palermitana, intitolata 'Tota Pulchra*, inaugurata pochi giorni fa dal cardinale Pappalardo e dal sindaco Orlandi). La sede, 11 restaurato Albergo delle Povere, pregevole edificio settecentesco, che ci si augura ospiti al più presto la Galleria Comunale d'Arte Contemporanea. E proprio arte contemporanea contiene questa esposizione, costituendo in tal modo anche un termine cronologico alla serie di mostre mariane. Come una sorta di conclusione, che sollecita consuntivi e riflessioni. In primo luogo il senso e le ragioni di queste iniziative e, infine, la possibilità di una ispirazione mariana nell'arte attuale. Naturalmente, bisogna incominciare dalla grande rassegna 'Imago Mariae-, da alcune settimane e fino al 2 ottobre, nei saloni di Palazzo Venezia a Roma. Organizzata dalla Pontificia Commissione per l'Arte Sacra e dal ministero per i Beni Culturali, inaugurata dal Papa stesso, è il fulcro di un progetto che mira — anche per quanto riguarda le arti visive — ad una nuova, approfondita lettura della spiritualità mariana. Ci sono circa 150 opere d'arte, appunto di soggetto mariano, di ogni tipo e tecnica — dalia pittura e scultura all'oreficeria, agli avori, ai tessuti — dal IV sec. allWO. Come sottolinea mons. Amato, nella introduzione al catalogo edito dalla Mondadori-De Luca, questi lavori sono soltanto alcuni esempi dell'immenso patrimonio d'arte che ha per tema la Madonna. E, più che altro, intendono evidenziare le l'ariazioni iconografiche che, durante i secoli, hanno accompagnato il suo culto. Ossia, dalle primitive immagini di orante a quelle di Regina mediatrice, di protettrice, d'Immacolata, fino alla Divina Pastora, nata da un'apparizione ad un frate spagnolo del 700. Poiché le testimonianze delle origini del culto mariano si trovano solo nelle catacombe, la mostra inizia — salvo un paio di sarcofagi paleocristiani — dagli sviluppi seguiti ai Concilio di Efeso del 431. Quando, non sema contrasti, Maria venne proclamata Madre di Dio. Un evento che ebbe conseguenze importantissime. Generando, come si sa, eresie, scismi e dispute fino ai nostri giorni. Basti ricordare che il dogma dell'Immacolata fu proclamato solo nel 1854 da Pio IX e quello dell'Assunzione da Pio XII nel 1950. Tutto ciò con profonde influenze anche nell'iconografia. Influenze complesse e teologicamente sottili, un intrico in cui è facile smarrirsi. Specie se si perde di vista quel filo che dall'umile sposa di Nazareth conduce, attraverso percorsi non lineari, alla Madonna Regina che intercede. Associata (l'ha ribadito il Concilio Vaticano II) all'ope¬ ra salvifica di Cristo, quale sua prima collaboratrice. Un'immagine che, per ragioni politiche, in Occidente subi, fin dal V secolo, un processo d'identificazione con la Chiesa di Roma e il suo primato. Ovviamente, è impossibile, in un breve scritto come questo, dire, sia pure in sintesi, come si sono riflessi nella imago Mariae questi fatti. E, forse, persino in che modo la mostra li documenta. Tanto più che, per aver scelto opere soprattutto esteticamente altissime e in sostanza devozionali — sioni/icafit'O. al riguardo, aver posto quasi all'inizio la Madonna dei Pellegrini del Caravaggio — l'aspetto scientifico-storico è passato un po'in secondo piano. TuttaiHa, armandosi di pazienza, direi che quel filo è individuabile. Magari con l'aiuto dei capitoli introdutti¬ vi e delle schede del catalogo, scritte da specialisti. Davvero un prezioso contributo per osservare, fruttuosamente, tanti capolavori qui presenti. Fra i quali, anche per dare unidea della ricchezza della mostra, vorrei citarne alcuni. E cioè, oltre all'intero settore Ispecie per i periodi iniziali) delle cosiddette -arti minori,., l'inedita statua della Vergine dell'Antelami. il gruppo ligneo medievale della Deposizione di Tivoli, la Madonna dell'Angelico della Vaticana, quella del Perdono di Donatello, la Pala Barbango di Giovanni Bellini. In Madonna di Tiziano della Fondazione Magnani, la Adorazione dei Magi de! Parmigiamno di Taggia, la Adorazione dei pastori del Rubens di Fermo e la solenne Immacolata del Tiepolo. Sono, come ho detto, solo alcuni dei capolavori qui esposti e in essi e in tutte le altre opere il visitatore potrà rintracciare quei trapassi a cui accennavo. Confrontando — per fare altri esempi particolarmente eloquenti — la ieratica Madonna bizantina in marmo del Museo di Messina con l'umanità della Mater Dolorosa dopo il 1000. la cordiale tenerezza delle immagini del Correggio e del Barocci con la compostezza controriformistica della Madonna Bargellini di Ludovico Carrocci, la Visitazione rococò del Pittoni con la famosa Madonna del Barabino, avvistata dalla Regina Mary, ta per la propria camera. Quest'ultima Madonna, detta dell'Ulivo, è un po' il centro dell'ultimo capitolo della mostra e cioè quello dedicato all'800. Un secolo — per quanto riguarda l'arte sacra — molto critico. Mutata 10 statuto dell'artista (il Bambino l'aveva fatta per /'£sposizione di Belle Arti di Ve nezia del 1887) ed esauritosi il postulato del Concilio Niceno 11 (quello che nel 787, dopo l'iconoclastia, stabiliva che l'invenzione e la creazione non spettava ai pittori, bensì alla Chiesa) per l'arte sacra era iniziato un lungo periodo di decadenza. Una crisi profondissima che si prolungherà fino ai nostri giorni. E che forse sta alla base della rinuncia — per non correre rischi — a quella appendice d'arte contemporanea, che era prevista come naturale completamento della mostra romana. Un rischio che invece hanno affrontato gli organizzatori di -Tota Pulchra- a Palermo: ma fu affrontato, tempo fa. anche alla Biblioteca Laurenziana a Firenze e al Centro S. Fedele a Milano, dove ebbero luogo mostre analoghe, come omaggio a Maria. Con risultati, tutto sommato, non deludenti. Certo a Palermo, molte preseme sono incongrue, come ad esempio Sassu, Fiume e Caruso che insistono su iconografie ripetitive e quindi sterili. Ma ci sono anche artisti che, con nuovi linguaggi, riescono ad esprimere una spiritualità che non è poi lontana da quella degli artisti antichi Mi riferisco, ad esempio, a Strazza, Notori. Boille. Claudio D'Angelo Artisti con i quali, a mio parere, si potrebbe effettivamente dar corso a quelle sperimentazioni a cui fa cenno Sandra Orienti in uno scritto del catalogo palermitano. E. cioè, committeme che riguardino spazi sacri rinnoi>ati. nei quali confluiscono, armoniosamente, progetto architettonico e opere d'arte. Obiettivo indubbiamente oggi non facile da raggiungere. Ma forse varrebbe la pena tentare. Francesco Vincitorio Benedetto Antelami. Madonna con il bambino, nella chiesa di S. Bernardo Fontevivo (particolare)