Le Farmoplant sono tante e nessuno conosce i rischi di Cesare Martinetti
Le Farmoplant sono tante e nessuno conosce i rischi Il ministro Ruffolo alla Camera sull'incidente di Massa Carrara Le Farmoplant sono tante e nessuno conosce i rischi «Non abbiamo mezzi per i controlli» - «Per la tutela ambientale occorre un patto nazionale» ROMA — «Le situazioni come quella della Farmoplant non sono eccezionali, anzi possono riprodursi, bisogna intensificare la sorveglianza e la conoscenza dell'entità dei rischi. Ma oggi, questa conoscenza non è possibile...». Cosi dice Giorgio Ruffolo, ministro dell'Ambiente, alle 8 di sera nell'aula della Camera discutendo l'incidente («gravissimo*, precisa) di Massa Carrara denunciando insieme il pericolo imminente e diffuso in Italia del rischio chimico per l'ambiente e l'impotenza degli organi di controllo. Di nubi come quella di Massa, forse non tossica, ma sicuramente nociva, se ne possono alzare in Italia in ogni momento molte altre. Una delle prime iniziative di Ruffolo sarà dunque quella di invitare i presidenti di Eni e Montedison ad un incontro per avviare una trattativa nazionale per la tutela dell'ambiente. «La- ristrutturazione dell'industria chimica — ha detto Giorgio Ruffolo — è necessaria non solo per ragioni economiche, ma soprattutto di tutela ambientale. Nel caso della Farmoplant la Montedison è stata certamente carente. E' neces¬ sario un piano chimico nazionale serio. E il piano non può essere soltanto l'accordo tra Eni e Montedison: benissimo l'accordo, ma come per il piano energetico nazionale, anche il piano chimico dovrà stabilire dei vincoli che non potranno essere indicati soltanto dai presidenti dell'Eni e della Montedison*. La situazione a Massa. Ha detto Ruffolo che i ricoverati sono stati complessivamente 17, e di questi nove sono stati dimessi poco dopo. Tutti quanti risultavano intossicati da estere fosforico. Non sono stati accertati inquinamenti di falde acquifere, né dell'aria. Le cause. Al momento non sono ancora state stabilite con certezza. La direzione della Farmoplant non le ha ancora comunicate al governo e si è riservata di farlo entro venerdì. Si tratta comunque di un evento, ha precisato Ruffolo. con «ca- rattensticlie strane». Intatti la produzione nello stabilimento toscano era ferma da sei mesi e tutto è avvenuto in un deposito di stoccaggio La storia degli ultimi mesi di questo stabilimento chimico è un'incredibile altalena di permessi e di revoche, la cronaca di una sovrapposizione di competenze che ha portato alla sostanziale indecisione e. infine, all'incidente che tutte le forze di opposizione intervenute nel dibattito alla Camera ieri sera hanno definito «ampiamente annunciato». Dopo il referendum con il quale in settembre la popolazione di Massa aveva chiesto la chiusura dello stabilimento chimico (che da anni maleodora l'atmosfera della città), il 31 ottobre il sindaco aveva revocato l'autorizzazione alla produzione. Il 18 novembre è stata istituita la commissione tecnica del ministero di indagine sullo stato della sicurezza nello stabilimento. Il 15 dicembre il Tribunale amministrativo regionale della Toscana (Tar) ha revocato l'ordinanza del sindaco, riaprendo di fatto lo stabilimento. Il 3 marzo la commissione ha concluso i suoi lavori e consegnato una relazione in cui si definiva la situazione della Farmoplant di «non imminènte pericolo», ma di sicura «incompatibilità» con la tutela ambientale della zona e della popolazione. Il 4 marzo il Consiglio di Stato ha annullato la decisione del Tar toscano. Il 9 marzo il sindaco ha concesso l'autorizzazione alle prove di produzione nello stabilimento per valutarne la sicurezza. Il 23 aprile il pretore di Massa ha dichiarato illegittima questa decisione del sindaco che si è poi rifiutato di ripresentarla. L'11 luglio il Tar ha annullato la revoca del sindaco all'autorizzazione delle prove di produzione. Tutta questa contraddittoria cronistoria fa capire quanto sia difficile intervenire sulla sicurezza ambientale. D'altra parte l'Italia ha trasformato in legge la direttiva comunitaria detta "Seveso" (che stabilisce standard di rischio per le aziende e piani di sicurezza per la popolazione) soltanto poche settimane fa. con cinque anni di ritardo sugli altri Paesi europei. «Se quella legge fosse già stata operante — ha confessato Rullolo — non ci troveremmo certo in questa situazione». Cesare Martinetti
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