«Correte, ho incatenato mia figlia»

«Correte, ho incatenato mia figlia» Infermiere torinese arrestato, nessuno voleva ricoverare la ragazza malata di mente «Correte, ho incatenato mia figlia» TORINO — Irene ha 16 anni e soffre di disturbi mentali, spesso ha brutte crisi. Dice il padre: -Vede spiriti e crede che tutti ce l'abbiano con lei-. Allora la dolcezza infantile sparisce e lei si fa aggressiva, anche violenta. Ieri mattina la polizia l'ha trovata in casa legata con due metri di catena, dal polso alla gamba d'un massiccio tavolo. -Che altro posso fare? Nessuno la ricovera in un istituto-, ha detto il padre. Poche ore dopo la catena l'ha avuta ai polsi: • Sequestro di persona-, -aggravato- dal fatto che vittima è la figlia, per il codice penale l'arresto è obbligatorio. E lui: «Almeno servisse per curare Irene-. Quella di Irene è un'altra storia di malattia mentale e di famiglie che troppo duro ne sentono 11 peso. Finché saltano i nervi. Ed è stato proprio lui, Leone Di Conza. 45 anni, infermiere nella clinica privata San Camillo di Torino, a far scoppiare senza volerlo il caso che l'ha portato in prigione. Erano le 11.30 di ieri. Prima di uscire dal suo alloggio al primo piano di una casa abbastanza elegante a pochi passi dal Valentino e dalla zona di Italia '61, Di Conza ha telefonato al Centro di salute mentale del suo quartiere. Aveva la voce affannosa: -Basta. Vengo li e vi riempio tutti di botte. Non so più che fare, ho dovuto legare Irene-, Poi, a quanto pare, altre minacce, con la voce sempre più disperata. Al centro dell'Usi si sono preoccupati, hanno avvertito il 113. E' accorsa una volante del commissariato, medico e psicologa hanno raccontato la telefonata, anche quella faccenda di -Irene legata-. Gli agenti si sono precipitati a casa dell'infermiere. Hanno suonato. -Chi è?-. E loro: -Polizia, un normale controllo-. Ha aperto Leonardo, il fratello di Irene, 18 anni fra una settimana, studente: « Venite pure.. Era vero. Irene era nel tinello, una catena dal polso alla gamba del pesantissimo tavolo, sistemato accanto al suo letto. Per tranciare il metallo sono venuti 1 vigili del fuoco. E lei — begli occhi verdazzurro un po' cerchiati, un fisico che la fa più adulta — ha confermato: «Afe l'ha messa mio padre-. Mentre su c'erano gli agenti è arrivata la mamma, Concetta Fella, 41 anni, casalinga, con i sacchetti della spesa nelle mani. E' salita adagio, come chi sa che è di nuovo successo qualcosa, di sicuro il solito trambusto che da qualche anno si ripete. Dopo neppure mezz'ora, posteggiata l'auto, è venuto avanti Leone Di Conza, la valigetta come quelle dei medici nella mano destra, gli occhi cerchiati da segni scuri. Neppure lui s'è stupito nel vedere agenti in divisa e in borghese fermi all'ingresso. -Li ha chiamati lei?-, ha chiesto. E quasi subito, nello sfogo, ha raccontato. -E' una vita che dura da anni-, ha detto amaro Leone Di Conza. Ancora non sapeva che quella sera stessa sarebbe finito in carcere. -Invece di mettere me sul gior¬ nale — diceva — preoccupatevi di queste situazioni-. Poi s'è lasciato andare: «/rene vede degli spiriti, ha manie di persecuzione. Il male è cominciato attorno ai dodici anni. Ha finito le medie, nella scuola qui davanti, credo che la promozione gliel'abbiano regalata, aveva già dei problemi...-. Comincia nell'85. come risulta all'Usi, una trafila d'interventi, dapprima affidati al servizio di neuropsichiatria infantile. C'è anche una relazione al Tribunale dei minori: non si considera adeguato per il recupero della ragazzina l'ambiente familiare. Poi c'è un ricovero all'ospedale Regina Margherita, quello infantile, poi un periodo presso una zia. quindi la sistemazione in una casa alloggio e. ancora, una comunità sulle colline del Cuneese. Ma non funziona. Nell'86 Irene torna a casa, si alternano educatrici, meMarco Neirotti (Continua a pagina 2 in sesta colonna)

Persone citate: Concetta Fella, Di Conza, Leone Di Conza, Neirotti

Luoghi citati: Italia, Torino