Per gli spot sugli alcolici il pericolo è «esagerare»

Per gli spot sugli alcolici il pericolo è «esagerare» Milano, regole severe dell'istituto di autodisciplina Per gli spot sugli alcolici il pericolo è «esagerare» Vietati riferimenti anche indiretti ai minori - Sconsigliate pubblicità che spingano a bere gli astemi DAL NOSTRO INVIATO MILANO — L'alcol uccide e, tuttavia, certa pubblicità invoglia al consumo, soprattutto di superalcolici. L'Istituto di autodisciplina pubblicitaria, nell'incontro di studi organizzato presso l'Università Cattolica di Milano, non poteva sottrarsi alla discussione di un tema cosi importante, dopo quello di bambini e adolescenti, oggetti e soggetti ormai di troppe campagne pubblicitarie e figli adottivi di -mamma Tv- (sia pubblica sia privata). A sottolineare quella che è ormai definita anche in Italia 'Una piaga sociale-, con messaggi che fanno leva su motivazioni soggettive, è intervenuto il prof. Fernando Dogana, membro del Giuri di autodisciplina (organo che assolve o condanna la pubblicità sul territorio nazionale) e associato di psicologia all'Università Cattolica. La sua prima mossa potrebbe sembrare difensiva: «In 22 anni di esistema del Codice che si sono dati i pubblicitari (manca ancor oggi una legge, ndr), il con¬ trollo esercitato e le sentenze emesse hanno, sema dubbio, avuto una notevole influenza: da allora, molto è cambiato. In meglio». Anche perché gli operatori si sentono con gli occhi puntati addosso: esistono già tre progetti di legge, uno vuole vietare la pubblicità degli alcolici, l'altro pone alcune limitazioni di fasce oraria all'andata in onda, il terzo chiede che sull'etichetta di ogni bottiglia sia scritto un avvertimento sui danni dall'abuso. La preoccupazione è inevitabile e la posizione di maggioranza sarebbe: «Meglio rinunciare, meditatamente, a qualcosa oggi, piuttosto che essere costretti a perdere molto, se non tutto, domani-. Perciò è lo stesso buon senso che invita alla prudenza nel contenuto delle nuove campagne pubblicitarie cercando di non impigliarsi nelle maglie dell'art. 22 del Codice di autodisciplina, molto preciso nell'evitare, ad esempio, di incoraggiare un uso eccessivo: di rappresentare situazioni di «attaccamento morboso al prodotto-: di fare riferimento, anche indi¬ retto, ai minori; di associare l'uso dell'alcol alla guida di auto; di far ritenere che bere dia lucidità mentale o efficienza fisica o che non bere comporti una condizione di inferiorità fisica, psicologica e sociale. Eppure gli investimenti nella pubblicità di bevande alcoliche sono in forte aumento e a questo corrisponde una diminuzione nei consumi. In Italia, riguarda soprattuto il vino e, in misura inferiore, i superalcolici, mentre è più che raddoppiata la quantità di birra bevuta: gli italiani, si sa, sono ottimisti e anche un po' creduloni e Renzo Arbore con il suo «Chi beve birra campa cent'anni- ha aperto la strada al successo di questa bevanda, anche se i 23.1 litri a testa consumati nell'86 non reggono il confronto con i 40.4 litri dei francesi e restano un'inezia di fronte ai 146.6 dei tedeschi. Ma che cosa spinge all'uso di bevande alcoliche? Spiega il prof. Dogana: «Motivazioni soggettive sulle quali fanno leva le campagne pubblicitarie. Cè chi punta sull'aumento delle energie psicofisiche, sulla ritrovata sicurezza in se stessi e chi ritiene che "bere forte" sia segno di virilità: chi non conosce le sfide all'ultimo bicchiere sulla capacità di tolleranza all'alcol per dare una prova di mascolinità? E per i giovani bere un whisky è come un rito di iniziazione alla vita adulta-. Poi c'è la lusinga del benessere con appartamenti di lusso, belle donne in abiti da sera, uomini in marsina, incontri di alta società, tutti volti sorridenti che trasudano ricchezza e salute, dopo una partita di golf come dopo una festa. Tutto questo sollecita all'imitazione, all'acquisto, al consumo e, anche all'abuso, -visto che l'alcol ha l'effetto di creare dipendenza-. Ma è inaccettabile che un whisky si proponga come «un amico sempre pronto ad aiutarvi. Tra un problema e l'altro... in ufficio come in casa... meglio rilassarsi per ritrovare concentrazioni ed energie». E la sentenza di condanna del Giuri è subito scattata. Simonetta Conti

Persone citate: Dogana, Fernando Dogana, Renzo Arbore, Simonetta Conti

Luoghi citati: Italia, Milano