L'«uomo nero» che spaventava Stalin
L'«uomo nero» che spaventava Stalin Il dittatore georgiano e Beria di fronte alla Morte: una pièce (applaudita) a Mosca L'«uomo nero» che spaventava Stalin NOSTRO SERVIZIO MOSCA — Stalin è un ommo piccolo che trascina a fatica i suoi grossi stivali neri. Un Beria impaurito si presenta nella sua iconografia solita, occhialini rotondi e piccoli baffi alla Hitler. Ma i caratteri di entrambi, cosi come vengono presentati nel lavoro teatrale di Viktor Korkia, vengono colti nelle loro pieghe intimiste che ne mettono in luce gli aspetti più meschini, lontani dalla statura eroica, seppure sinistra attribuita loro per decenni • L'uomo nero, o povero Soso Giugashinli- — il vero cognome di Stalin — per la regia di Evghenij Slavutin. è figlio diretto della perestrojka: per la prima volta si scherza e si ride su una delle pagine più tragiche della storia sovietica. -L'uomo nero- è una paratragedia, una farsa una parodia dei testi classici ritagliata sul confronto delle due personalità di Beria e di Stalin a pochi istanti dalla morte. Il tocco grottesco scherza con gli anni del terrore stalinista, fa il verso alle immagini ricorrenti dei simboli del potere del periodo buio di Stalin, dove quattro personaggi vestili di un impermeabile e con un cappello calcato fino alle orecchie — l'immagine stereotipa dei suoi sgherri — presenziano costantemente la scena, persino durante l'intervallo tra 1 due atti. Un Beria afflitto dai malanni dell'età, terrorizzato da un mal di cuore che potrebbe strapparlo alla vita, fa da contrappunto ad uno Stalin mitomane che dialoga idealmente con Ivan il Terribile In un immaginario filo diretto che accomuna i due «grandi padri, della patria russo-sovietica. Sia Beria sia Stalin si trovano ad affrontare la mor- te (il' fantomatico «uomo nero» che compare alla fine della .tragedia» per il suo scioglimento tragico) senza eroismo, impauriti tanto dal trapasso quanto da ciò che rimarrà dopo la loro scomparsa: non bastano le promesse di monumenti marmorei, di funerali di massa, ognuno teme per sé e per il destino futuro della patria. Ma la chiave di lettura della pièce è proprio questa: lo stalinismo e il mito che si è imposto anche dopo la sua molte, sono gli scogli più difficili da superare, lo strascico del dopo-morte di Stalin rappresenta ancora una minaccia, ora, dopo trent'anni e nel pieno della perestrojka storica. E' lo stesso Stalin-protagonista risorto dopo la morte scenica che mette in guardia contro il pericolo della nascita del mito. Benché il testo sia farcito di citazioni (dal «Boris Godunov» di Puskin, fino al «Don Giovanni» e all'«Amleto») lo spettacolo ha avuto sul pubblico sovietico un forte impatto. Riuscire a fare dell'ironia su capitoli sanguinosi della storia come fu lo stalinismo, sul quale peraltro sì comincia a far luce pienamente soltanto adesso, è un'operazione dolorosa che presuppone un distacco storico notevo¬ le, indispensabile per superare le resistenze psicologiche e ideologiche ancora molto radicate. La platea ride di gusto di fronte alle caricature dei due personaggi e alle allegorie di contorno, non di meno si elettrizza per le battute sulla perestrojka che pure non mancano. In generale ci si burla dei luoghi comuni, degli slogan e degli atteggiamenti stereotipi del potere che incombono sul popolo sovietico sin dalla nascita. L'atteggiamento di rigore e il pregiudizio del tabù che hanno gravato per decenni sul delicato argomento dello stalinismo cominciano a poco a poco a cedere sotto i colpi di uno spirito critico che si fa avanti anche attraverso l'ironia. Tra gli applausi scroscianti alla fine dello spettacolo una donna si è alzata per gridare al giovani attori: . Grazie-, p, d. f. Stalin visto da Levine (Copyright N.Y. Review of Books. tipa e per l'Italia .La Stampa.)
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