Non fu linciaggio tutti a casa
Non fu linciaggio, tutti a casa Foggia, sentenza contro 13 giovani per l'uccisione di un pazzo Non fu linciaggio, tutti a casa FOGGIA — Lo avevano affrontato in un vialetto buio, dietro il cimitero, armati di bastoni e assi di legno, colpito 29 volte e lasciato a terra con il cranio sfondato: ma non volevano ucciderlo. Il gruppetto di ragazzi che la sera del 10 ottobre '87 si accani su Giovanni Iacarùso, l'ex ferroviere di 38 anni di S. Marco La Catula, nel subappennino dauno, detto «Giovanni il pazzo», è tornato a casa. I giudici della Corte d'assise di Foggia hanno infatti accolto ieri le tesi della difesa (omicidio preterintenzionale), infliggendo quattro anni e mezzo a testa a Giovanni Colagrossi, 20 anni; Manfredi Cola santo. 25; Antonio Gallo, 19; Salvatore Santone. 23; Giovanni Patricelli, 20; Giovanni Agostinelli, 20; Giuseppe Tufarolo, 21; Giovanni Ferrara, 23; Gabriele Maddalena, 20; Raffaele Accettura, 22; Germano Cassano, 19; Michele Patricelli, 20 e Matteo Colasanto, 21. Godranno tutti degli arresti domiciliari, concessi dal giudice istruttore già due mesi dopo l'arresto. A ribaltare le richieste della pubblica accusa (il p.m. aveva invocato l'omicidio volontario, con pene comprese tra i 12 e i 18 anni), la personalità della vittima, dipinto da molti testimoni come un rissoso, un antipatico attaccabrighe che la malattia mentale e la separazione dalla moglie avevano reso intrattabile. •Giovanni il pazzo» e la sua 128 blu erano diventati lo spauracchio di bambini e ragazze a S. Marco, Celenza Valfortore e alcuni centri del Molise. Con la sua imponente statura e quella mania di guardare fisso negli occhi, l'ex ferroviere incuteva paura, se non proprio terrore. Era capace di seguire per ore le ragazzine, dicendo loro frasi sconvenienti. Una volta era persino entrato con la forza nell'abitazione di una vicina, per imporle le sue attenzioni. E poi c'erano i gesti di vera irriverenza, come correre nudo per il paese, o andare in chiesa indossando solo la canottiera, le ciabatte e i pantaloncini rossi. Insomma una presenza inquietante, un pericolo per gli abitanti della zona, che avevano anche sottoscritto una petizione per liberarsi del •pazzo.. Ma era stato tutto inutile: Giovanni Iacaruso entrava e usciva dagli istituti psichiatrici, senza smettere di «dare fastidio». Ma tanto può bastare a giustificare un pestaggio? La ragione di questa storia di ordinaria follia l'ha forse Indicata la moglie della vittima, Antonietta Codianni, una donna minuscola stretta nel suo fazzoletto nero, che ha deciso di devolvere i 50 milioni del risarcimento all'assistenza ai malati di mente. E la difesa, pur dalla parte opposta, ha cavalcato la stessa tigre -é la legge 180 la vera imputata di questo processo — hanno detto più volte gli avvocati — una legge con cui lo Stato ha voluto dire: noi ci laviamo le mani dei malati di mente.. Certo Iacaruso era un malato scomodo, se solo tre giorni prima della sua morte il sostituto procuratore della Repubblica di Lucerà, Eugenio Villante, riunendo tutti i procedimenti contro •Giovanni il pazzo» (per ultimo aveva picchiato a Foggia un vigile urbano) stava esaminando la possibilità di farlo rinchiudere per un lungo periodo in un centro specializzato. La sera della spedizione punitiva nel vialetto del cimitero, l'intenzione In qualche modo di farsi giustizia da soli ha prevalso, ma per la difesa e per la corte che ne ha colto le istanze, a uccidere Giovanni non sono state le 29 legnate, ma il bordo del marciapiede su cui è caduto, a. 1.
Luoghi citati: Celenza Valfortore, Foggia, Molise
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