America le rughe dell'Impero

America, le rughe dell'Impero Lfex segretario alla Difesa James Schlesinger giudica le nuove teorie sul declino degli Stati Uniti America, le rughe dell'Impero «La posizione dominante degli Usa nel dopoguerra era innaturale e insostenibile» - «Altri Paesi sono stati più laboriosi di noi» - «Ciò nonostante, siamo la potenza mondiale di punta e lo resteremo» E' in corso in America un acceso dibattito sul -declino» degli Stati Uniti: sull'onda di libri come .La nascita e il declino delle grandi potenze» di Paul Kennedy o «Dietro l'egemonia americana, di David P. Calleo, si moltiplicano le prese di posizione. Sui temi del «tramonto. dell'Impero americano pubblichiamo gli interventi dell'ex segretario alla Difesa dell'Amministrazione Nixon. James R. Schlesinger. del senatore democratico Daniel P. Moynihan, uno dei più noti intellettuali americani, e di Furio Colombo. Nell'ultimo anno, la domanda • L'America è in declino?' è diventata quasi una mania. In pane, questa idea e stata stimolata dal libro di Paul Kennedy The Risc and Fall of the Great Poivers (Nascita e declino delle grandi potenze). Ma l'interesse è mosso da qualcosa di più di un dotto lavoro. E' mosso dalla preoccupazione per l'immenso deficit federale degli anni recenti e. di conseguenza, per l'immensa crescita del debito nazionale. Riflette apprensioni per il deficit nella bilancia commerciale, la necessità di prendere a prestito all'estero somme sbalorditive e l'imponente scivolare degli Stati Uniti da grande Paese creditore a massimo debitore del mondo. Il dibattito sul declino è alimentato anche dall'idea clie la nostra competitività si sia ridotta e che si rimanga indietro rispetto ad altre nazioni nell'innovazione e nell'aumento di produttività. Intervengono poi altri fattori come la tanto sbandierata perdita di posti di lavoro, il declino della base produttiva e il perseverare del deficit commerciale di fronte al netto t;alo del dollaro nella quotazione dei cambi. Tutto ciò si contrappone ai bei giorni del dopoguerra, quando l'America dominava assoluta. Dopo la seconda guerra mondiale avevamo il 50 per cento del prodotto lordo di tutta la terra, per esempio. Oggi gli Stati Uniti sono scivolati al 25 per cento del prodotto mondiale. A quei tempi avevamo il monopolio delle armi nucleari e. per un lungo periodo, una sostanziale preponderanza nelle forze strategiche. In anni recenti, invece, il presidente Reagan si è regolarmente detto convinto che in ogni significativa categoria di potenza militare gli Stati Uniti sono inferiori al loro principale avversario. Per una nazione ancora al vertice del mondo, è un giudizio piuttosto fosco. Anche dando per scontata la ben nota propensione americana all'esagerazione, io penso che questa valutazione sia sproporzionata rispetto ai fatti. Il primo punto da tenere a mente è che la posizione dominante dell'America dopo la guerra era una posizione innaturale. Rifletteva la sostanziale distruzione della Germania e del Giappone, la devastazione dell'Europa — compresa la Russia europea — il caos in Cina e l'impoverimento della Gran Bretagna. Quando in quei Paesi la produzione industriale venne rimessa in piedi e prospero, fu inevitabile il decli¬ no della nostra posizione relativa. Quella posizione era insostenibile. Non solo. Noi poi abbiamo fatto il possibile per non sostenerla. Abbiamo fatto ogni sforzo per aiutare la ricostruzione delle economie degli alleati danneggiati, degli antichi nemici e dei Paesi sottosviluppati. Abbiamo anche cercato di estendere l'aiuto all'Unione Sovietica e ai suoi satelliti, ma siamo stati respinti in questa manovra da Stalin, probabilmente con grande rimpianto dei suoi successori al Cremlino. Non è molto logico provare nostalgia per un'epoca che abbiamo cercato accanitamente di chiudere. Inoltre, se altri dovevano mettersi alla pari con noi in termini di prodotto lordo e di livello di vita, sarebbe stato strano che noi mantenessimo un primato tecnologico di dimensioni rilevanti. Eppure il pendolo dell'umore della società americana qualche volta ci porta a rimpiangere quei giorni di immenso vantaggio materiale e a sentirci storditi all'Idea del nostro declino. Per dirla tutta, quel relativo declino, che in parte era desiderabile e inevitabile, nell'ultimo quarto di secolo è andato molto più in là di quanto ci sarebbe piaciuto, riflesso di una sorta di indifferenza da parte nostra — una mancanza di diligenza e una mancanza di disciplina. Altri Paesi sono stati più laboriosi di noi. Il tasso di crescita dei loro investimenti e delle loro innovazioni è stato più impressionante del nostro. Forse avremmo dovuto fare meglio, ma non abbiamo poi fatto cosi male. Per una nazione con il 5 per cento della popolazione mondiale, il 25 per cento del prodotto mondiale non sembra tanto poco. Quanto all'equilibrio militare, sarebbe stato impossibile sostenere il vantaggio che gli Stati Uniti avevano all'inizio degli Anni 60. Ma gli Stati Uniti hanno delle capacità militari davvero impressionanti anche se in alcune categorie posso¬ no essere inferiori al sovietici. I sovietici lo capiscono benissimo — senz'altro meglio di noi. I nordvietnamiti erano forse pronti a saggiare le capacità militari degli Stati Uniti, ma la loro sfida era più politica che militare — più una guerriglia che una guerra ortodossa — e comunque erano ai margini degli Interessi americani. I sovietici vorranno certamente evitare l'esempio vietnamita e qualunque verifica delle nostre capacità militari. Ciò che vediamo è la fotografia di un declino relativo, inevitabile data la nostra posizione innaturale e insostenibile alla fine della seconda guerra mondiale. Questo declino è andato avanti per un lungo periodo, sebbene solo di recente noi siamo stati costretti a vederlo. Questo declino relativo probabilmente continuerà, ma a velocità molto ridotta. Gli Stati Uniti non sono più una potenza dominante sul piano economico né sul plano militare. Non possono più ottenere più o meno tut¬ to quello che vogliono, come accadeva nel dopoguerra. I nostri desideri non sono più legge. Inoltre, questo declino è forse stato accelerato dalle nostre follie: la smobilitazione delle forze armate dopo la seconda guerra mondiale, la lunga tragedia vietnamita, l'indulgenza verso noi stessi e la mancanza di disciplina in materia economica soprattutto negli ultimi anni. Ciò nonostante, gli Stati Uniti sono la potenza mondiale di punta e tale rimarranno. In categorie diverse da quella militare, i nostri vantaggi nei confronti del principale avversario, l'Unione Sovietica, rimangono immensi. Quanto alla potenza militare, abbiamo forse sopravvalutato i sovietici — un riflesso del clima psicologico degli ultimi Anni 70 e dei primi Anni 80, con tutte le chiacchiere sulla « finestra di vulnerabilità» e sulla «insta bile correlazione delle forse- Gli 8tati Uniti hanno la forza economica per offrire ai loro cittadini un livello di vita alto e crescente. La loro capacità di innovazione rimane molto più grande di quanto non dica il giudizio corrente. La loro competitività sta migliorando. Se si comporteranno in modo accorto, avranno la forza militare per aiutare a tenere un ordine mondiale ragionevolmente stabile. Gli Stati Uniti possono non essere più un colosso a cavallo del mondo, ma saremo sempre cosi potenti che sarà difficile ignorare i nostri desideri. Questo è realmente tutto ciò che ci serve — e tutto ciò che possiamo ragionevolmente chiedere. In questa luce, il recente batticuore e i continui ed esagerati •Dolori del giovane Werther- mi colpiscono perché sono grossolanamente esageratL Nonostante il generale declino di autorevolezza in America, l'autorevolezza di Adam Smith ultimamente è cresciuta,forse a sorpresa. Nel 1777, dopo la battaglia di Saratoga, un conoscente fermò Smith per strada, a Edimburgo: -Dottor Smith, dottor Smith, ha sentito la terribili notizie che arrivano dal Nord America?-. • No — rispose Adam Smith —. Che cosa è sucesso?- • Burgoyne è stato costretto ad arrendersi con tutte le sue forze. E' la rovina del Paese.- • Ci sono molte rovine in una nazione- rispose Smith con molto acume, anche se con poca partecipazione. Qualche volta noi. guardando indicatori marginali di declino, dimentichiamo quanto questa nazione sia potente Faremo senz'altro degli errori — ma quegli errori non metteranno seriamente in perìcolo questa Repubblica. Purtroppo però possono nuocere ad altri Paesi — più piccoli, più deboli e dipendenti da noL Per questa ragione dobbiamo essere particolarmente prudenti. 'Dovremo compensare il margine di potere perduto con più grandi capacità e più grande saggezza. Ma non c'è ragione di guardare al futuro con cattivi presagi. James IL Schlesinger Copyright <iThe New York Times» e per l'Italia «La Stampa» di fi " 0W« M, i * * ■ gag fessi ;/ ^fS^SSHS