Azienda ai sindacati; sentirò la base di Francesco Cevasco
Azienda ai sindacati; sentirò la base Per la prima volta in Italia è un'impresa a chiedere il referendum sull'integrativo Azienda ai sindacati; sentirò la base «Non avevamo altra scelta, il Consiglio di fabbrica è inaffidabile», dicono alla Sisas di Limito (Milano) - Le segreterie regionali dei chimici: «Un attacco allo Statuto dei lavoratori» - 1 400 dipendenti invitati ad astenersi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MILANO — -Referendum! Referendum.'*. Questa volta, la prima nella storia delle relazioni industriali («Non ci sono precedenti a memoria di sindacalista*. dicono alla Cisl lombarda), il grido sale alto non da un sindacato che vuole consultare la base, ma da un'azienda che si rivolge direttamente ai dipendenti perché considera il Consiglio di fabbrica .inaffidabile*. Succede cosi che, insieme con la busta paga, la direzione aziendale della Sisas di Limito (una fabbrica chimica appena fuori dal Comune di Milano), manda ai 400 operai e impiegati dello stabilimento (gli altri 300 sono sotto contratto con ditte appaltatrici) la scheda per partecipare a un referendum. In ballo c'è il contratto integrativo aziendale per i tre anni 1° luglio 1988-30 giugno 1991. Il computer della Sisas ha compilato una tabellina (protocollo 121) in cui sotto le caselline -accetto* o -respingo* sono elencate in dettaglio le proposte di aumento salariale. Da un massimo di 198 mila lire (scaglionate in tre anni) per il primo livello alle 99 mila del decimo. Istruzioni per l'uso: -Barrare la casella relativa alla risposta che si desidera dare: potrete restituire questa proposta alla portineria Nord oppure a un capo reparto, capo officina, capo ufficio o a un dirigente*. Il questionario va completato con nome, cognome e firma (leggibile). C'è tempo per votare fino all'8 luglio. E poi? •Erogheremo gli aumenti — risponde Massimo Ragazzini, direttore del personale alla Sisas — se una maggioranza qualificata dei dipendenti avrà accettato la nostra proposta». Per determinare se la maggioranza sarà qualificata o no risulterà decisiva la percentuale dei votanti. Il Consiglio di fabbrica e la Pule (Federazione unitaria lavoratori chimici) regionale hanno subito aperto la campagna per l'astensione. Dice Dario Cescut, segretario regionale della FilceaCgil: -Molti lavoratori hanno già accettato il nostro invito a non rispondere. Qualcuno ha consegnato la scheda in bianco al Consiglio di fabbrica, qualcuno l'ha bruciata*. Fausto Sartori, segretario della Cisl milanese è ancora più duro: -E' un vistoso attacco a tutto il sindacato e allo statuto dei lavoratori. Insomma, siamo davanti a un'iniziativa antisindacale*. E ieri sera la faccenda è finita in mano a un avvocato che ha avuto l'incarico di studiare e presentare una denuncia al pretore contro la Sisas proprio per attività antisindacale. La replica dell'azienda non è meno decisa: «Visto l'atteggiamento del Consiglio di fabbrica non avevamo altra scelta che rivolgerci direttamente ai dipendenti*. E in un comunicato al personale la direzione aziendale parla di «interlocutori cosi disinvolti da calpestare impegni liberamente assunti*, di un - Consiglio di fabbrica che ha dimostrato più volte la sua inaffidabilità, unico elemento costante del suo comportamento*, di -grave mancanza di responsabilità*. Parole grosse, dottor Ragazzini. -Ma con una spiegazione che parte da lontano — replica 11 dirigente della Sisas — e che va ben al di là del problema referendum*. -E' una storia complessa, una bega che comincia nel 1983 e che oggi è parcheggiata a palazzo di giustizia dove si prevede — salvo accordi tra azienda e sindacato, ma l'aria che tira non è delle più favorevoli — che girerà tra un'aula e l'altra per altri cinque, sei anni. Ma che cosa è successo nel 1983? E' stato .disdettato, dal Consiglio di fabbrica (-unilateralmente e senza giustificazione*, dice la Sisas; -perché erano cambiate esigenze produttive e strutturali*, replica la Fulc) un accordo importante. Prevedeva che anche in caso di scioperi certe attività non venissero bloccate data la delicatezza degli impianti produttivi il cui arresto totale potrebbe provocare danni o situazioni di pericolo. Sul concetto continuano ad essere tutti d'accordo, azienda e sindacato. Su come vada inteso praticamente (quante persone servono ad assicurare anche in caso di scioperi le condizioni di assoluta sicurezza per la fabbrica e gli impianti) c'è sempre contenzioso. n Consiglio di fabbrica accusa l'azienda di convocare («/e comandate*) più personale del necessario in modo da mandare avanti anche la produzione. La direzione sostiene di limitarsi al minimo indispensabile per garantire la sicurezza ed evitare danni agli impianti. In quest'atmosfera giovedì scorso uno sciopero (legato alla vertenza integrativa aziendale) prima programmato, poi ritirato è stato alla fine riconfermato perché il Consiglio di fabbrica aveva ricevuto un'ordinanza dalla pretura di Milano (conseguente a un esposto presentato dalla Sisas) in cui si ingiungeva di -astenersi dal compiere atti che impediscano il regolare svolgimento delle comandate per la conduzione e manutenzione in esercizio ai minimi tecnici o a riciclo degli impianti non assoggettabili a fermata*. Ieri la produzione è ripresa, oggi pausa d'attesa; e il domani? E' dentro la simbolica urna del referendum. Francesco Cevasco
Persone citate: Fausto Sartori, Massimo Ragazzini, Ragazzini
Luoghi citati: Comune Di Milano, Italia, Milano
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