I mille tesori della danza spagnola al Rignon

I mille tesori della danza spagnola al Rignon Rigoroso professionismo ed empito passionale del Ballet Nacional de Espana alla rassegna torinese I mille tesori della danza spagnola al Rignon TORINO — La Spagna è stata argutamente definita la «caverna di Ali Babà» delia danza, una grotta dai mille tesori sempre saccheggiata ma pur sempre infinitamente ricca di un folklore costantemente vivificato da sorgenti che si perdono nella notte dei tempi. L'autentica purezza della danza gitana che dalle rive dell'Indo al Sacromonte di Granada ha espresso attraverso i secoli con icastica gestualità e struggente aura sonora l'identità dell'anima iberica, atavicamente incline ad una musicalità istintiva in perfetto equilibrio fra virtuosismo tecnico ed evocazione sentimentale, è tornata a vivere sabato sul palcoscenico del parco Rignon con il Ballet Nacional de Espafla. Complesso fra i più dotati per spiccata teatralità, vasto repertorio e numero di esecutori, con l'inestimabile pregio di possedere un solido nucleo di ballerini maschi, ha affascinato il foltissimo pubblico con lo smalto lucente dei variopinti costumi soprattutto col suo rigoroso professionismo. L'esordio dell'intera Compagnia è avvenuto con Fandango, moderna versione coreografica di José Antonio, su musiche di Padre Soler e Claudio Prieto. dell'antico ballo iberico di origine araba già in auge nel XVIII Secolo. Tanto popolare che anche Gluck nel balletto Don Juan e Mozart nel finale del 3" atto de Le Nozze di Figaro lo inserirono nelle loro opere. Fandango è sembrato emanare direttamente dai frenetici impulsi naturali dei corpi: ballo di corteggiamento non saltato, ma battuto a terra con tacco e punta, precisa e determinante scansione ritmica a travolgenti volteggi. Prodezze che hanno sottolineato la forza, il controllo muscolare, la fiera arroganza dei maschi, e la raffinata flessuosità delle ballerine, attivissime ed espressive anche nel morbido vibrato delle braccia. Superbe sui tacchi di fuoco, e magistrali nel fondere in armoniosa compenetrazione le convulse evoluzioni figurali degli stili classico e folklorico. le avvenenti soliste Aida Gomez, Maribel Gallardo e Adoración Carpio hanno evocato tutte le sfumature dell'eros femminile: tenere. seducenti, maliziose. La Spagna di Ravel è stata visualizzata dallo splendido assolo coreografato da José Granerò sulla Alborada del Gracioso. magica atmosfera sonora tratta dai cinque brani di Miroirs. occasione per il ritratto psicologico di un uomo in preda ad un irrefrenabile empito passionale. Ne è stato acclamato interprete il primo ballerino e direttore della Compagnia José Antonio, che ha impresso al personaggio densità e dimensione eccezionali. Nessuna concessione' al plateale, ma un ardore cupo e austero di drammatica violenza, con avvitamenti nell'aria, scatti allusivi, mani vibrate come lame di coltello per pochi attimi di perfezione assoluta. Un torrente di lava che ha comunicato all'uditorio incandescente tensione emotiva, sfociata in una calorosissima ovazione. L'intera Compagnia si è poi prodotta nel celeberrimo Bolero, il secondo omaggio a Ravel. Ma la rivisitazione coreografica di José Granerò non ci è parsa esaltante. La rigorosa architettura musicale, che con impercettibile crescendo ripete otto volte un tema e controtema con ritmo e velocità costanti ma con la lenta amplificazione del livello sonoro e della massa orchestrale progressivamente impegnata, è stata qui frantumata in coloristiche cellule coreografiche che hanno ricusato l'unitario e severo enunciato matematico del contrappunto in favore di più dispersive frenesie descrittive, con entrate e uscite di gruppi e solisti (anche da improponibili specchi pseudo-liberty) non sempre in sintonia con il postulato concettuale raveliano. Comunque l'indiscussa bravura di tutti gli interpre¬ ti e degli eccellenti primi ballerini Juan Mata e Merche Esmeralda hanno magnetizzato la platea entusiasta, Del secondo tempo dello spettacolo dedicato al Flamenco si è potuto vedere soltanto Caracoles di Martin Vargas: un crepitio di tacchi sotto il volo delle gonne a balze dal vaporoso strascico delle sivigliane e granadine, ed il festoso sventolio di scialli policromi come stendardi araldici, gaia evocazione di goyesche fanciulle con ventaglio che sembravano uscite da una calle di Cordova. Un ardore danzato in perfetto accordo con i chitarristi sul palco, prima che un torrenziale nubifragio obbligasse alla fuga anche i più eroici spettatori. Gianni Secondo Una danzatrice al Rignon

Luoghi citati: Spagna, Torino