Lagos, nave italiana caricherà le scorie di Tito Sansa

Lagos, nave italiana caricherà le scorie Il ministero degli Esteri ha assicurato l'intervento di una ditta privata Lagos, nave italiana caricherà le scorie Nigeriani scettici sul recupero: solo ieri a Roma è stato chiesto il visto per due tecnici dell'Ambiente - Stanno bene ma sono giù di morale i marinai italiani sequestrati: «Dovete dare più notizie sulla nostra situazione» DAL NOSTRO INVIATO LAGOS — E' ormai mezzo mese (dal 10 giugno) che i 24 ufficiali e marinai italiani della motonave Piave del Lloyd Triestino sequestrata in banchina nell'isola di Tin Can a Lagos, sono prigionieri a bordo. Sono (come dire?) •piuttosto seccati». Si sentono abbandonati dal governo italiano il quale non dimostra di avere eccessiva fretta per ottenere la loro liberazione. Due settimane fa, quando bloccarono la Piave, violando le norme di diritto internazionale, le autorità nigeriane furono chiare chiedendo una cosa sola: che l'Italia, da loro erroneamente ritenuta corresponsabile dell'invio di scorie velenose a Koko, venisse al più presto a riprendersi 1 rifiuti. Ma Roma ha preso tempo (il governo era impegnato a Toronto) e soltanto ieri ha ottenuto dalle aziende inquinatrici l'impegno a mandare una nave che ritiri le scorie, senza per altro dire ai nigeriani quando avverrà l'operazione. Martedì e mercoledì esperti inglesi e americani vestiti come astronauti già si trovavano a Koko per esaminare i residui tossici. Di italiani non se ne sono visti, con disappunto dei nigeriani. Soltanto ieri il governo di Roma (informano i nigeriani) ha chiesto i visti per due tecnici del ministero dell'Ambiente. I nulla osta sono stati concessi alle 15,50 ora italiana, troppo tardi per fare le valigie, ottenere i visti e correre a Fiumicino per salire sull'aereo dell'Alitalia in partenza per Lagos alle 16,55. I due partiranno pertanto solo domenica, arriveranno a Lagos nella notte e se tutto andrà bene potranno raggiungere Koko. di¬ stante 500 chilometri, lunedi per mettersi all'opera. Il loro compito è quello di definire la pericolosità dei rifiuti e di indicare il tipo di nave adatta a caricarli per il trasporto in Italia. Quanto tempo ci vorrà? Rimarrà la Piave in ostaggio o ai nigeriani basterà la garanzia del governo italiano per rilasciarla? Per non scoraggiarlo, non ho raccontato questi particolari cronologici e tecnici al comandante Lucio Laudano, ieri a mezzogiorno quando sono tornato sulla nave offlimits per tutti, in primo luogo per i giornalisti. Ne sanno qualcosa due troupes della televisione italiana, quelle dei colleghi Pino Scaccia del Tgl e Stefano Marcelli del Tg2, i cui componenti sono stati bloccati dalle guardie armate. Sono stati sequestrati i passaporti e sono stati minacciati di arresto, le manette erano già pronte. Ne sanno qualcosa anche le due reginette di bellezza su¬ damericane sorprese a fotografare il monumento al defunto presidente Tatawa Balewa. I poliziotti hanno spaccato le loro macchine e le due ragazze sono state schiaffeggiate e arrestate. In dialetto triestino, che è la lingua di bordo nonostante i molti liguri e campani, il comandante Laudano dice: 'Come vede stiamo tutti bene, la salute è ottima. Il brutto per noi non è l'essere prigionieri, ma di non avere informazionU. Sembra calmo, sorride dagli occhi azzurri, ma dice che 'dentro mi bolle'. Se non fosse per una signora dell'ambasciata, la capo cancelliere Elda Gori, che va a visitarli due volte al giorno ed è quasi una madrina, non avrebbero contatti con l'Italia. Da parte del governo, da parte dei segretari degli Esteri, neppure un telegramma di solidarietà e di incoraggiamento. Le comunicazioni radio — è noto — sono vietate quando una na¬ ve è in porto. Per cui non c'è che il telex, con il quale i marinai rassicurano le famiglie e queste a loro volta mandano notizie; per esempio un marinalo di Torre del Greco che non vuol essere citato ha saputo ieri che i ragazzi sono stati promossi. Ma non se ne rallegra, perché «mi hanno lasciato solo e non ci dicono nulla'. La vita a bordo non è più serena come una settimana fa, per quanto il comandante si sforzi per tener su il morale dei «prigionieri., li fa lavorare e poi distrarre nelle ore Ubere. Le 18 videocassette nella dotazione di bordo sono viste e riviste (ci sono anche film noti come Platoon, Missing, Emanucllc 5), un'altra decina è stata fornita dall'ambasciata. Per le vettovaglie 1 nigeriani sono molto collaborativi e assicurano puntualmente i rifornimenti di verdura fresca e di pane (80 pagnotte al giorno) con tanto di garanzia del ministero della Sanità, ieri sono arrivati i viveri per 3600 naira, circa 900 mila lire. Gli unici rifornimenti che mancano sono quello dell'acqua (ma c'è un impianto per la sterilizzazione e una lampada a raggi ultravioletti) e del carburante. •Nella speranza di partire — racconta il capitano — ho ordinato mercoledì 150 tonnellate di nafta. Ma finora non mi sono state consegnate: Ansiosi di conoscere il loro futuro. Laudano e altri tre capitani con cui presi l'aperitivo nella cabina del comandante sul ponte 4 (i liguri Bascherinl. Nesta e Gentile) vogliono sapere tutto di Koko, quanti sono i fusti, in quali condizioni sono, se ritengo possibile il loro immediato trasporto, se li ritengo veramente nocivi. Sanno che il loro destino è legato a quello dei veleni. 'Sono nocivi?' vogliono sapere. Non lo so proprio, non me ne intendo. La mia impressione è che da parte ni- geriana si sia forse esagerato facendo accorrere frotte di giornalisti. L'altro giorno ho trovato ad annusare tra i rifiuti e a prendere appunti perfino due inviati della Tass, Yuri Rodionov e Serghei Koulik. Fatto sta che il proprietario del terreno definito radioattivo, Sunday Nana, di 65 anni, con quattro mogli e 22 figli («credo dodici femmine e dieci maschi, ma non ricordo bene') sembra infatti godere di ottima salute benché viva a meno di 20 metri dalla montagna di scorie fin dal settembre dell'anno scorso. Azzardo a dire, d'altro canto, che, cosi come i fusti sono stati trasportati laggiù senza conseguenze per gli equipaggi di cinque navi, dovrebbe essere possibile ritrasportarli in Italia. Gli ufficiali della Piave sembrano confortati. A questo punto Laudano rivolge una preghiera a nome di tutto l'equipaggio: «La me deve far un pìazer — dice —, che il direttore de La Stampa intervenga presso la Rai affinché nel notiziario quotidiano per l'Africa alle 19 ora italiana, vengano date notizie anche sulla nostra situazione. Visto che ufficialmente l'Italia non ci dice nulla, che almeno ci informi attraverso i notiziari radio. Saremo in ascolto ansiosi, la radio è per noi vitale, come il tubo dell'aria per un palombaro'. 'A non rivederci qui a bordo', mi salutano gli ufficiali. E il comandante, forse esagerando un po': 'Aspettiamo soltanto che ci diano la luce verde per scattare. Sarà questione di cinque minuti'. Ma quando arriveranno questi cinque minuti? Lo sanno soltanto i governi di Roma e di Lagos. Tito Sansa