Parla la donna che sfida Gorbaciov di Emanuele Novazio

Parla la donna che sfida Gorbaciov Nina Andreeva spiega perché scrisse il «manifesto degli ortodossi» Parla la donna che sfida Gorbaciov «Non sono contro la perestrojka, ma tutto dipende dagli accenti» - «Sono per una glasnost che non dimentichi le responsabilità» - «Non si può parlare di Stalin come di un delinquente» - «Non ho mai scrìtto a Ligaciov» DAL NOSTRO INVIATO LENINGRADO — Nina Andreeva. lei lo sa di essere considerata il simbolo dell'altra Russia? Di essere diventata, con la lettera pubblicata da Sovietskaia mossici, il riferimento obbligato dei conservatori? Di non essere più, ormai, una semplice insegnante di chimica e fisica all'istituto tecnologico di Leningrado, ma un emblema: coperto di veleni o grandi attese, come sempre avviene con gli emblemi? Tutto questo, Nina Andreeva lo sa di certo; al punto che, alle richieste ufficiali di un incontro, di un colloquio su quel «manifesto antiperestrojka» pubblicato a marzo da Sovietskaia Rossia. ha sempre risposto no. Al punto che. per non farsi trovare, ha cambiato il telefono. Al punto che, se glielo si chiede davanti all'aula numero 57 del suo istituto, senza essere attesi né annunciati, risponde irritata: •Sono questioni interne al partito, non voglio parlarne con estranei-. Ma perché non provare?, perché non spiegare? perché nascondersi? Nina Andreevna scuote la testa, dice no. e torna a fare esami. E per due ore. la porta dell'aula numero 57 si apre soltanto per fare entrare e uscire ragazze un po' inquiete, vestite d'abiti sobri, da collegio. Per due ore, lei non si affaccia. Continua a inter¬ rogare, seduta al banco insieme con le allieve. Ed è inutile cercare di sapere: dall'interno la porta viene subito richiusa, gli esami non si possono interrompere. «Come sempre, come dappertutto». Finché qualcosa accade; e, finiti gli esami e la mattina, questa cinquantenne vigorosa dal volto ridente, dagli occhi guizzanti e dall'abito austero, sembra accettare di poter uscire dal mistero. Di poter parlare, per la prima volta, di quella sua lettera e di sé. Con ironia garbata, perfino: «Mi hanno telefonato spesso per sapere se esisto davvero o sono un'invemione. Ma io esisto, e la lettera l'ho proprio scritta io». Com'è andata, dunque? E cos'è cambiato da allora, da quando il «manifesto» di Sovietskaia Rossia e la sua difesa di Stalin hanno avuto l'effetto di un'esplosione: ideologica, politica, culturale? Nina Andreeva sfuma, non leva i dubbi di interventi successivi sulla sua lettera. Ma una cosa precisa: -Nella sostanza l'articolo è il mio, tagli e aggiunte sono di scarsa importama. Perché non ho scritto opinioni personali, ma principi leninisti. E li confermo». Anche dopo le censure della Pravda. che ha parlato di una «Piattaforma ideologica» antagonista? Anche dopo quella replica sferzante del quoti¬ diano del pcus: «Ho scritto una seconda lettera alla Pravda, mai pubblicata, e una alla conferenza del partito. Chi doveva sapere come la penso, l'ha saputo». Ma l'intervento su Sovietskaia Rossia? E' nato da due lettere d'intonazione simile, già pubblicate su un quotidiano di Leningrado in risposta ad articoli «progressisti» ; e inviate subito in copia alla Pravda, a Sovietskaia Kultura, alla Literaturnaia Gazeta e a Sovietskaia Rossia. «La Pravda rispose gentilmente, ma disse che non poteva pubblicare data la lunghezza. Lo stesso fece Sovietskaia Kultura». E Sovietskaia Rossia? -Rispose che era interessata a pubblicarle, ma riunite in una sola. Così mi incaricarono di condensarle». E da allora non ha mai avuto contatti con esponenti del partito, a Leningrado o a Mosca, nessuno le ha suggerito niente? -Nessuno mi ha cercato, né prima né durante né dopo. Chi dice che sono l'ideologa dell'apparato sbaglia». E a Ligaciov, ha mandato copia delle lettere? «Non ho mai scrìtto a Ligaciov». Ma la perestrojka? Lei ha scritto che «ci si è spinti troppo avanti sulla strada della democratizzazione-: che risponde a chi l'accusa di essere la «nemica ideologica» del gorbaciovismo? «Dico che non sono contro la pere¬ strojka. Ma dico anche che tutto dipende dagli accenti: sono per le idee che sviluppano il socialismo, e solo per quelle. Dico che non possiamo dimenticare le nostre enormi conquiste, in tutti i campi». Che, dunque, sarebbe meglio tacere o attenuare il discorso sul passato? «Dico che non possiamo deformare la verità: sono per la glasnost, ma per una glasnost che non dimentichi la responsabilità». E Stalin? Difendendo Stalin, ha scritto la Pravda. ci si schiera in favore della conservazione. «Su Stalin il mio articolo non è stato letto attentamente. Il mio pensiero è che non si può dipingere tutto di bianco o di nero: ogni perìodo storico va esaminato alla luce delle circostanze che l'hanno determinato». Non crede alle sue colpe? «Si parla di lui come di un delinquente, ma non si può riabilitare o condannare in modo unilaterale. Col tempo, sarà data una corretta valutazione». E chi pensa il contrario? «Gli storici come Afanasiev si "tuffano nella biancheria sporca", come si dice da noi». Ma perché? Che cosa ha spinto un'insegnante di un quieto istituto tecnico, gir espulsa dal partito per una oscura vicenda di lettere anonime e poi reintegrata con le scuse della commissione di controllo, ad ac¬ cendere una disputa ideologica dalle conseguenze potenzialmente disgreganti, travolgenti? Nina Andreeva non risponde direttamente; preferisce far cenno ai consensi raccolti dopo il suo intervento: arrivano ancora telegrammi, e soprattutto lettere, dice; centinaia e centinaia, da tutta l'Urss e dai Paesi dell'Est europeo. Preferisce, dunque, suggerire la risposta: c'era bisogno di quella scossa, serviva dar voce e volto a una parte consistente del Paese, animare la sua «maggioranza silenziosa». Perché cosi è stato: al di là delle ipotesi sui «suggerimenti» e sugli «aiuti» avuti dalla professoressa Andreeva, al di là delle «presenze misteriose» e interessate intorno a lei, quella lettera sui limiti e il senso della perestrojka ha diviso il Paese; ma soprattutto ha posto, per la prima volta in pubblico, il problema della «diga», dell'argine al rinnovamento, del freno a Gorbaciov. Ha dato consistenza a ipotesi sparse e mai affermate a voce alta, prima. Le ha fatte affiorare, con il vigore dell'«aZternatiwi». Per questo, forse, Nina Andreeva preferiva non incontrare giornalisti: per non infrangere la più preziosa delle complicità, il silenzio. Emanuele Novazio

Luoghi citati: Leningrado, Mosca, Russia, Urss