Neri fantasmi nel Luogo degli artisti di Angelo Dragone

Neri fantasmi nel Luogo degli artisti Neri fantasmi nel Luogo degli artisti VENEZIA — JVon stupisce che dopo la contraddittoria gestione delle ultime Biennali, il nuovo direttore Carandente abbia sentito il bisogno di un ritorno a più salde tradizioni: ne ha fatto «il luogo degli artisti» per i quali ha anche ripristinato i premi; ha restituito il padiglione centrale agli italiani e aU'-ambiente- degli stranieri-ospiti della Penisola. Inoltre, ha invitato a Venezia una ventina di bei nomi che consentono di sondare le piò robuste e attuali linee di tendenza; l'astrattismo (Burri, Santo-naso, Accardi Dorazio) e le nuove iconologie (Cucchi, Paladino, Chia, Clemente), i media alternativi (Kounellis, Mochetti, Marisa Metz. Baruchello), come il rapporto tra Figurativo e Natura (Morlotti, Guccione, Samari, Ruggero Savinio). Con l'aggiunta infine di tre scultori, transfughi della pittura, anch'essi alla ricerca di una tridimensionalità che, nei casi più recenti, ha fatto premio sulla sterilità di tante rivisitazioni e inutili citazionismi. Importante è semmai .vivere la propria pittura», come dice Leon Gischia, francese, da tempo veneziano di elezione e quasi stregato dai vecchi muri che • hanno bevuto secoli di pittura». Twombly, d'altra parte, nei suoi grafismi, con scritte che a tutta prima paiono un po' goffe, reca un messaggio di rara intensità poetica mentre nella coloratissima Fontana dei serpenti di Niki de Saint-Phalle, da qualcuno vista come l'immagine di un ambiente squisitamente italiano (forse in virtù di un musivo impegno di vetri di Murano) vi è piuttosto il retaggio insieme di Gaudi e Dali. Allo stesso modo il boemo Markus Rupertz,.a Cortona,, attinge da tvh arcaico móndo mediterraneo, più che ellenistico, facendo di Tltan il discendente d'un antico Poseidon. ; Più fine e puntuale è l'interpretazione anamorfica offerta da Dibbets movendo dai pavimenti del Duomo di Spoleto, mentre a Sol Lewitt si deve un intero ambiente che realizzato sul posto con una preziosa pittura parietale che sa già di un'Umbria antica trova poi riscontro nelle forme plastiche non immemori del famoso muro di un assente: Pino Castagna. E' toccato infine a d'Almeida, di trovare in terra italiana le radici di una pittura che, tra gestualità e colore, stempera un paesaggio di fragili trame luminose. Ed è, questo, il punto più vicino al tema -Natura e Miro» da Roberto Tassi celebrato nel presentare figure e paesaggi ai limiti di un naturalismo già caro a Francesco Arcangeli Primo è qui Morlotti che nel nudo come nel paesaggio ha amato la natura forse più dolorosamente di ogni altro, fino al disfacimento della forma serbando intatta la potenza del colore. Guccione non ha esitato invece a risalire al 1983 per esporre, inedito per l'Italia, l'Ultimo mare immerso in una estatica luce antica e pur segnata da un'ombra misteriosa come il «desiderio di morte» evocato dallo spirito di Thomas Mann. ■ E' un senso, questo della morte, che ritorna in tutta la Biennale dentro e fuori il padiglione italiano. Retaggio antico, ma dettato da un'angoscia attuale. Lo rivela Sarnari nel vago profilo umano ridisegnato nel frangersi dell'onda del suo mare; e cosi lo ripete la malinconica bellezza del mondo di Ruggero Savinio. Ma c'è soprattutto nella fuga della notte che è il nero dell'intera sala di Burri: nero non astratto, ma segretamente vivo, nel suo spirito catartico schegge di vita ancora nell'astrattismo attuale di Santomaso che continua il dialogo con Venezia e le sue pietre Il senso di quell'incombente angoscia ritorna ancora negli -epicentri* dell'arte individuati da Bonito Oliva E se con Ghia sembra serpeggiare negli spettacolari encausti, la morte è esplicitamente evocata dietro ogni opera di Clemente Ma che altro significano, a fronte del solare ottone di Cucchi, i suoi ferri verniciati in nero vanamente esorcizzati dal turgore di un'immensa goccia color miele? E' tuttavia nella sala di Paladino, segnata dai sei metri di un rovo di spine che forma il monogramma dell'autore, che 'assume più complessi rotori, d'una coralità antica e una rara persistenza nella memoria del visitatore. Vi contribuiscono le otto stèA di pietra vicentina al pari dell'arcana luce emanata da misteriosi segni luminosi degli scatolati elementi in rame die a piena altezza corrono lungo le pareti, dove si alternano ai bronzi con teste e protomi di uomini o di animali, tra la continua tangibilità materica e la carica emblematica die vi assumono, con le tre sfere, anche oggetti d'uso: la bacinella come il cappello da sciamano, l'urna di unguenti e soprattutto l'erma dai due coni sovrapposti, dove tre piccole teste, di un giovane, di un vecchio e di un morto, da sempre sembrano segnare, con il tempo, il destino dell'uo- Angelo Dragone

Luoghi citati: Cortona, Italia, Umbria, Venezia