Da una colazione nel deserto il sogno del Grande Maghreb di Igor Man

Da una colazione nel deserto il sogno del Grande Maghreb I capi nordafricani s'incontrano per la prima volta dall'indipendenza Da una colazione nel deserto il sogno del Grande Maghreb (Anche Gheddafi ha messo da parte i toni aspri per discutere dell'unità) Le novità vengono in coda al vertice di Algeri. E sono novità inimmaginabili soltanto due anni fa. Venerdì IO giugno, a Zcralda, dov'è la residenza ufficiale del presidente algerino Chadli Bcnjadid. 6 stata posta la prima pietra di quella «costruzione* geopolitica ed economica chiamata il Grande Maghreb. Sotto la tenda, quasi in riva al mare, Chadli ha tenuto a colazione Gheddafi, re Hassan del Marocco, il generale Zine Ben Ali, presidente della Tunisia, e il maurilano Ould Dava Ospite d'onore, un monarca attento e capace: re Fahd d'Arabia Saudita l'uomo che ha giuocato un ruolo forse determinante nel riavvicinamento fra Algeri e Rabat, avvenuto con la ripresa dei rapporti diplomatici il 16 di maggio, dopo dodici anni di /■aspra incomprensione». Non e stato quello di Zeralda un vero e proprio vertice maghrer>ino come ha enfatizzato qualche giornale della regione, epperò a ben vedere quel dcjeuner sur le sable e un accadimento lutto sommato storico. E' la prima volta dall'indipendenza che i cinque capi di Stato del Maghreb si incontrano e parlano: per gettare le basi di quell'unità regionale sempre sognata e mai realizzata. Risultato concreto dell'incontro, la creazione di "una commissione che dovrà studiare modi e tempi per realizzare il Grande Maghreb araho*; prima riunione il 13 lu¬ glio, ad Algeri. Non è stato facile per Chadli e per Ben Ali convincere Gheddafi a venire a Zcralda Durante tutto il vertice di Algeri, il colonnello aveva magistralmente recitato uno show dei suoi: accusando questo o quel «fratello» d'essere * complice degli imperialisti americani», calzando un guanto bianco sulla destra per non contaminarsi ove fosse stato costretto a stringere la mano a re Hassan, colpevole, ai suoi occhi, di aver stretto quella di Shimon Peres a Ifran, or è tre anni. Alla fine Gheddafi, che in verità è un patito delle unioni, e che certamente avrà apprezzato la condanna degli americani pronunciata dal vertice, ha ceduto. Si e presentato a Zcralda in tuta bianca da pilota ricca di zip, ai piedi un paio di candidi mocassini di coppale creati dal suo calzolaio romano, e con sulle labbra il più disarmante dei sorrisi. Dopo aver salutato, nell'ordine, Chadli e re Fahd, ha mosso qualche passo verso Hassan II, con le braccia spalancate. Abbracciando Gheddafi. il sovrano maroc¬ chino ha sorriso: «inch'Allah, comincia una nuova storia.'». Al Maghreb vuol dire il Ponente: con questo termine al tempo della conquista islamica si comprendevano le province nordafricane dell'impero che nasceva nel segno di Allah; ancora oggi, con Al Maghreb, ci si riferisce all'immensa regione che va dalla Tunisia alla Mauritania, inglobando l'infuocata sabbia del Sahara occidentale. Negli Anni 30 e, poi, negli Anni 50. il sentimento (o la coscienza) di comuni vincoli culturali, storici, linguistici e religiosi, sollecitò gli uomini dell'opposizione anticoloniale algerina, marocchina e tunisina a postulare l'idea dell'unità del Maghreb. Il concetto politico-culturale del Grande Maghreb, di schietta matrice anticolonialc, si sbriciola, tuttavia una volta acquisita l'indipendenza Mentre la Tunisia e il Marocco prendono le distanze dal panarabismo nasseriano. operando scelte occidentali. l'Algeria e, a partire dal 1964, la Libia, si schierano con Nasser. In fatto è la deposizione incruenta di Burghiba, il 7 novembre dell'87, a sbloccare la situazione. Burghiba era geloso fino all'ossessione dell'autonomia tunisina, odiava visceralmente Gheddafi. Ben Ali e il primo ministro Bakkush, invece, giuocano subito una carta che si rivelerà vincente: il «progetto di integrazione graduale», basato sul trattato del 1983 «che includa la Libia e soprattutto non escluda il Marocco». Per l'Italia la marcia, ovviamente lunga e non facile verso il Grande Maghreb, verso la sua integrazione economica è senz'altro un fatto positivo. Quanto accadrà dal 13 luglio in poi. dovrebbe, infatti, portare ad un riequilibrio della politica della Jamahiria. allentando le tensioni fra l'indistruttibile colonnello e l'Occidente. I rapporti politici tra Roma e Tripoli sono migliorati negli ultimi quattro mesi, quelli economici segnano il passo. Ed ora che il colonnello ha dato un nuovo look al suo Paese con un effettiva liberalizzazione economica e politica (in attesa della annunciata Costituzione «liberale»), la Libia toma ad essere «un piatto allettante». Ma, ammonisce qualcuno, «bisognerà vedere chi Gheddafi inviterà a tavola». Siamo sempre al primo posto nell'interscambio, tuttavia sentiamo oramai sul collo il fiato della concorrenza tedesca e giapponese. Igor Man