Giocando a dadi con Dio

Giocando a dadi con Dio SU NUOVE COSMOGONIE SI SCONTRANO SCIENZA E RELIGIONE Giocando a dadi con Dio Sette anni fa Hawking presentò la sua dottrina e nessuno sospettò che volesse dare scacco matto al Creatore - Ma le sentinelle della teolo hanno imparato a usare le armi del nemico e «*cso impossibile un «ateismo scientifico» - Feyerabend e la seconda condanna di Galileo - Tra i due campi avversi si sta creando un terreno d'incontro ROMA — Accartocciato sulla sua sedia a rotelle con un sorriso faticoso e bizzarro come un paradosso cosmologico, Stephen Hawking incontra il grande pubblico americano dalle copertine di settimanali a grande tiratura come Newsweek, mentri: il suo libro, A brief history oi Time, to introduce alla popolarità. Se Hawking fosse solo un grande fisico, le sue idee, non avrebbero suscitato un interesse cosi vasto. Ma l'avversario che si è se Ito non e soltanu ' rompicapi su cu si danna l teorici da EU. Stein in z unificare la teorìa genera i delle relatività e la meccanica luantistica le leggi del macro r elei microcosmo. Hawking è qualcosa di più: in un certo senso, è lo sfidante di Dio. Sette anni fa, quando propose la sua cosmologia ad un convegno organizzato dai gesuiti in Vaticano, nessuno sembrò sospettare che quell'affiliato alla Pontificia accademia delle Si lenze intendesse dare scacco matto al Creatore. Eppure la sua voce sintetica costruita dalla macchina che gli permette di parlare, una voce che sembro giungere da lontananze siderali, stava mettendo in dubbio un concetto pacifico come l'alba o il tramonto, scolpito per immagini nella prima riga della Bibbia, dove è scrìtto che «in principio Dio creò il cielo e la terra»; il concetto che in un preciso istante, lo si chiami Creazione o Big Bang, l'universo abbia avuto inizio dal nulla, per effetto del Caso o di un ente supremo. Il cosmo di Hawking nasce invece da «qualcosa» che preesiste, un vacuum soggetto ad una norma che determina le modalità del Big Bang. E' «completamente autonomo* e sottratto a qualsiasi «influenza esterna» che lo oriaini misteriosamente: obbedisce solo alla sua Legge. Il suo tempo e il suo spazio non hanno confini: non c'è un inizio né una fine. In un universo pensato cosi, conclude Hawking, l'idea stessa di inizio dal nulla è incongrua: non c'è più posto per un Creatore. L'impresa di scoprire la Legge che ha prodotto il Big Bang e continua a governare l'universo è titanica come lo sforzo di Hawking di non lasciarsi annichilire dal morbo di Gehrig, la malattia mortale che gli ha devastato i centri motori. Titanica è comunque la metafora :on la quale il fisico britannico rappresenta il suo viaggio oltre il Big Bang: «Capire la mente di Dio». Misurarsi con il Demiurgo è una suggestione ricorrente nel lavoro dei grandi teorici. Tre secoli fa il predecessore di Hav'king alla cattedra lucasif di matematica a C~ .Jge, Newton, e i suoi coi. amporanei ritenevano di «pensare i pensieri di Dio dopo di lui». Einstein. i spesso la divulgazione scier. tifica paragona Hawkin,. era convinto che l'imponderabile della fisica quantistica fosse un'incongruità: «Non credo che Dio giochi a dadi col mondo». Hawking adesso ritiene di poter varcare la soglia mai superata che conduce al cospetto della Causa Prima: e oltre quella figlia, lo forza a dire con (, miche circospezione il pre'itore di A brief history of Timo, non ci sarebbe alcun Creatore biblico, e «forse» neppure Dio. Vendicare l'impotenza della Ragione davanti al mistero dell'orìgine e licenziare Dio sembra la tendenza ricorrente di una parte della | scienza contemporanea, in I particolare della biologia molecolare, della cibernetica e, da ultimo, della cosmologia. Ma gli atti di un convegno ecumenico organizzato dall'Osservatorio vaticano su Scienza, Filosofia e Teologia nel settembre scorso basterebbero a disilludere chi ritenesse che la partita sia sul punto di chiudersi. Dai tempi di Galileo le sentinelle della Dottrina dislocate al confine con la Scienza hanno imparato ad affinare le loro armi. E ad usare quelle del nemico. Déboli e forti Per negare in partenza la possibilità stessa di fondare un ateismo «scientifico* la teologia attinge da tutto quel filone che in Italia prende il nome di «pensiero debole» e dai suoi ascendenti, a cominciare dalla linguistica di Wittgenstein. Scienza e religione sarebbero due «giochi linguistici» diversi, nessuno dei quali potrebbe uniformare sotto la propria norma tutti i significati, tutta l'esperienza umana: ogni teorìa scientifica, ogni modello di interpretazione della realtà, è «soggettivo», quindi in qualche misura arbitrario, e chi pretende di fondare un pensiero forte, totalizzante, fotografia esatta della verità assoluta, compie una mistificazione. Queste convergenze talvolta fanno sì che la teologia, cioè una metafisica, e il pensiero debole, anti-metafisico, si trovino su un fronte comune. Quattro anni fa, nel convegno di Cracovia che ha ammesso l'errore compiuto da •funzionari della Chiesa» nei confronti di Galileo, un famoso epistemologo, Paul Feyerabend, si scagliò contro «la tirannia della verità» esercitata dalla Scienza. Confrontando Galileo con il cardinal Bellarmino. Feyerabend ri-condannò il primo come precursore della tendenza «totalitaria e deumanizzante dell'oggettivismo scientifico», e lodò il secondo per essersi battuto per la propria verità «con minor disprezzo dell'opinione altrui e modi più benevoli». Ma nella critica dell'idolatria degli -esperti- il filosofo americano sembrò spingersi molto più avanti di quei settori della teologia moderna che guardano ccn attenzione crescente alle «questioni di confine* poste in particolare dalla cosmogonia e dalla fisica quantistica. Questo nuovo dialogo è reso possibile innanzitutto dalla definitiva rinuncia ad un'interpretazione letterale delle Scritture. Nell'affermazione «Dio creò il cielo e la terra» oggi la dottrina privilegia le implicazioni morali su quelle scientifiche, e la possibilità di pensare un universo sema un tempo finito non le è preclusa per principio. Alcuni incidenti di percorso (nel 1951 Pio XII intravide nella tesi del Big Bang la conferma della biblica «Creazione dal nulla»; rendono comunque la teologia del dialogo molto guardinga. Per uno dei suoi teorici, il cattolico Eman Me Mullin, si tratta di esaminare le «consonanze» tra sapere teologico e sapere scientifico, evitando però di dedurne «implicazioni». Questa marcia di avvicinamento va definendo un terreno di incontro e di scontro. Il gesuita Giovanni Blandino, cattedra di filosofia della conoscenza all'università Lateranense, lo circoscrive a due questioni fondamentali: l'esistenza di Dio e la spiritualità dell'Io. I problemi posti sono infiniti ma ruotano intorno a tre nuclei: il Caso, la Legge e la Causa. Un Caso «cieco» e «assoluto» nella biologia molecolare di Jacques Monod e nel cosiddetto neo-darwinismo è .l'origine dell'universo, di tutte le novità, di tutte le creazioni». Un Caso in apparenza capriccioso e imprevedibile si affaccia nei microcosmi della meccanica quantistica, seppure entro un limite, regalando a identici neutroni isolati dal nucleo atomico vite di durata inspiegabilmente diversa, senza alcuna ragione sufficiente. E la cosmologia quantistica spiega il Big Bang come un evento del tutto casuale, e neppure esclude l'esistenza di altri universi, uno solo dei quali, il nostro, per avventura strutturato con le quattro dimensioni che ci permettono di esistere. Ma allora che Dio è un dio che gioca a dadi col mondo? Che Signore è, se il determinismo della sua Legge non governa sempre la materia che ha creato? La roulette Quando non si rassicura col sospetto che «Caso» è solo ti nome che diamo alia nostra ignoranza, la teologia risolve questi paradossi in vari modi. Tutti comunque tendono ad opporre al dìo della roulette la tesi che la roulette è truccata da Dio. dato che le costanti e le regolarità nelle strutture dell'universo indicherebbero che le leggi non sono casuali, ma programmate per costruire i inventi (se le leggi fossero casuali, la probabilità di esseri viventi sarebbe minuscolai: il Caso non sarebbe in grado di deviare il Progetto, o sarebbe compreso in esso. Da qui la fondazione di una teologia naturale che studia l'uniformità del cosmo antropico, o «fine tuned», cioè ben accordato con l'Uomo (come ha dimostrato una recente disputa tra Montalenti e Blandino, teatro l'Accademia dei Lincei, almeno una parte del pensiero scientifico guarda con grande scetticismo a queste tesi, considerandole prive di legittimità). A questo tentativo di restaurazione del «pensiero forte* partecipa una corrente filosofica, chiamata anche «oggettualismo*, che intende riformulare la categoria di causa a partire dalla fisica. Altre teologie scorgono nel Caso l'attività creatrice di Dio, oppure la libertà attribuita da Dio anche alla realtà più umile. Se ne potrebbe concludere che poiché Dio può identificarsi ora con il Caso ora con la Legge, ora con il Progetto che li riassume, il match tra teologia e Scienza non ha senso alcuno, perché l'Essere Supremo ha sempre una via d'uscita. Ma scegliere luna o l'altra non sembra indifferente: in altre parole, ci si può chiedere se l'influenza della Scienza non cambi la percezione di Dio. La Process-teolojry sorta a ■ cavallo tra gli Anni Settanta e Ottanta d'un tratto sembra indicare la possibilità die l'egemonia del sapere scientifico modifichi l'antico volto di Yahweh. Il Dio della Process-philosophy di Alfred North Whitehead e in seguito della Process-teology di Charles Birch e John Cobb fa i conti con la verità probabilistica, elusiva, asimmetrica della meccanica quantistica e con la sovranità del caso nella biologia molecolare. Egli non è l'unica Causa che influenza gli eventi: per quanto «fonte di novità e di ordine» non é onnipotente. La sua Creazione è un lungo, incompleto processo nel quale interagisce col mondo e dialoga con l'uomo. Spesso la teologia lo correla al Dio di Teilhard de Chardin, immanente in un mondr incompleto, e lo definisce: un D'.o della persuasione piuttosto che dell'obbligo. In qualche modo, un Dio meno remoto: ma provvisorio come quel sapere scientifico che ha concorso a modellarlo. Guido Rampo Idi Cambridge. Stephen Hawking (immobilizzato sulla sedia a rotelle dal «morbo di Loti Gehrig») fu lezione (Foto Grazia Neri)

Luoghi citati: Cracovia, Italia, Roma